Pier Paolo PasoliniSOMMARIO: Dopo aver stroncato il libro di Andrea Valcarenghi "Underground a pugno chiuso" quale esempio di "più pura sottocultura", Pasolini afferma che la prefazione di Marco Pannella al libro (ARCHIVIO PARTITO RADICALE testo n. 159) è "finalmente il testo di un manifesto politico del radicalismo".
("Il Tempo" del 4/11/1973)
...Ciò che questo libro, attraverso il suo linguaggio, rivela, è dunque una spaventosa miseria culturale. Esso è formalmente il prodotto della più pura sottocultura. Il nostro Valcarenghi non solo non ha mai "pensato" a ciò che è la piccola borghesia contro cui si rivolta, ma non ha mai veramente "pensato" neanche che cos'è la contestazione. Tutte le sue opinioni sono automatiche, scivolano su una realtà priva di ogni resistenza. E pensare che in questo povero libro degradato c'è un momento altissimo, quasi solenne: "MI viene in mente Pinelli nel '67, quando partecipai ad una riunione al ponte della Ghisolfa con i "provos".
Andando via mi disse: "Questi ragazzi devono leggere, sennò fra un paio d'anni, passata la moda, non li vediamo più".
Come esemplare (che finalmente, parlando, si è manifestato) di tale moda, Valcarenghi, insieme ai caratteri della propria cultura, rivela anche i caratteri della propria psicologia. Egli, come appunto un antico italiano, è di animo molto buono. E' un cucciolo che, strappato per caso il guinzaglio, se ne è andato randagio per il mondo (ossia tra Milano e Roma) ansioso di fare le feste a nuovi padroni. La sua sostanziale umiltà rende assolutamente meccanico ogni suo atteggiamento teppistico. La sua rivolta è puramente mimetica. E, questo è il punto, egli è troppo buono per saper irridere. Egli scherza, sorride, ride, ma è assolutamente incapace di irridere. Se lo fa, lo fa organizzativamente, collettivamente. Egli è un buon figlio, e ama molto i genitori aboliti, obbediente e leale (spesso infatti si ricorda con malcelato affetto della sua famiglia vera). Forse per questa sua bontà e semplicità (la sua spaventosa volgarità di linguaggio è sociale, non personale), egli si è accattivato la stima e l'amicizia di
Marco Pannella, che ha scritto la prefazione a questo libro.
La prefazione di Marco Pannella, dieci pagine, è finalmente il testo di un manifesto politico del radicalismo. E' un avvenimento nella cultura italiana di questi anni. Non si può non conoscerlo. La definizione che vi si dà dei rivoluzionari della nonviolenza, del potere, della sinistra tradizionale e della nuova sinistra ("basta con questa sinistra grande solo nei funerali, nelle commemorazioni, nelle proteste, nelle celebrazioni; tutta roba, anche questa, "nera"), sul fascismo, e soprattutto, in modo sublime, sull'antifascismo (("ma chi sono poi questi fascisti contro i quali da vent'anni vi costituite... in unione sacra, in tetro e imbelle esercito della salvezza?", "...dove sono mai i fascisti se non al potere e al governo? Sono i Moro, i Fanfani, i Rumor, i Colombo, i Pastore, i Gronchi, i Segni e - perché no? - i Tanassi, i Cariglia, e magari i Saragat, i La Malfa"; "sotto la bandiera antifascista, si prosegue una tragica operazione di digressione"; "in tutta questa vostra storia antifascista non so dov
e sia il guasto maggiore; se nel recupero... d'una cultura violenta, antilaica... per cui l'avversario deve essere ucciso o esorcizzato come il demonio...; o se nell'indiretto, immenso servizio pratico che rendete allo Stato d'oggi ed ai suoi padroni, scaricando sui loro sicari... la forza... dell'antifascismo vero..."; "il fascismo è cosa più grave, seria e importante, "con cui non di rado abbiamo un rapporto d'intimità". Il registro parenetico, o d'intervento, che, per forza di cose, il libro di cui mi sono occupato, ha imposto al mio referto critico, mi spinge ora inevitabilmente a concludere con una esortazione al lettore a non lasciarsi sfuggire queste pagine di Pannella, che son le uniche finora.