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Pannella Marco - 26 gennaio 1974
Viva il »Sette novembre !

Si è aperta ieri sera, a Roma, la II Assemblea Nazionale del Movimento 7 novembre. A due anni dalla sua fondazione s'impongono scelte nuove e adeguate, e una più chiara assunzione di responsabilità sia ecclesiali che politiche. Le reticenze e le ambiguità sulle grandi scelte civili e morali, sul compromesso storico, sulle iniziative del PR. Pubblichiamo l'attacco che, stamane, il gruppo dirigente fa attraverso il »Bollettino ai suoi contestatori. Perché »viva il 7N. Una dichiarazione di don Mocciaro.

Marco Pannella

SOMMARIO: Polemico articolo contro gli atteggiamenti del gruppo ecclesiale "7 novembre" che, nel momento in cui apre la sua II Assemblea Nazionale "ha tenuto a smentire ogni possibilità stessa di adesione del movimento alla lotta anticoncordataria del partito radicale". Sembra debba spettare al solo partito radicale, da dieci anni, il compito di "contrastare strategia e pratiche politiche di violenza delle istituzioni...fatte sulla testa delle 'masse cattoliche, comuniste e socialiste'". Nacque così la battaglia per il divorzio, nel corso della quale i radicali non incontrarono, tra i preti italiani, "nemmeno le eccezioni che sono solite confermare le regole". Lo stesso accadde per l'aborto: solo grazie alle iniziative di questi "liberi pensatori" la chiesa ha potuto riscoprire le tragedie dei poveri e dei credenti. Non è possibile che possano nascere "comunità" nuove e "nuova chiesa" senza il "dialogo" e il confronto su queste realtà. Altrimenti, "ci si ribella contro una visione volgare, proterva, della fe

de" e si accetta una visione ugualmente proterva del "potere". L'esecutivo del "7 Novembre" afferma che non vuole aderire alla campagna radicale contro il Concordato, per dedicarsi ad un momento di "riflessione e di "approfondimento": ciò significa volersi "ritagliare", da chierici, un "tempo" separato e distante dalle lotte reali, dalla vita della gente...Ma forse, l'unica "comunità" di "preghiera", anche se laica, formatasi oggi in Italia è il Partito radicale...

(LIBERAZIONE, 26 gennaio 1974)

Viva il 7 novembre, diciamo. Cerchiamo di spiegarci meglio, e chiaramente. Ci si accusi pure di voler strumentalizzare il »7 novembre , e i credenti »critici , o »per il socialismo , e le comunità di base; strumentalizzarli per il Partito Radicale.

Ma la realtà è un'altra, pressoché opposta.

Grava, da dieci anni almeno, sul Partito Radicale, una sorta di maledizione per chi sia, come noi siamo, »liberati dalle varie etiche del sacrificio, della ricerca della santità, dalla tentazione di costuirli in esempio, dal desiderio e dalla superbia di una programmata testimonianza »d'amore e di »povertà .

C'è una situazione - e mi si consenta di scriverlo almeno ora che non appartengo più a questa formazione politica - per la quale il PR »deve avere il non ambito onore, l'obbligo d'esser costantemente teso, fino allo spasimo, con tutti i suoi militanti, ogni giorno, ogni notte, ogni mese, ininterrottamente da anni, non solo a contrastare strategia e pratiche politiche di violenza delle istituzioni, di compromessi politici fatti sulla testa delle »masse cattoliche, comuniste e socialiste , dei cittadini e dei credenti, fondate su schemi di potenza, di spartizione di potere, di zone di influenza, di ceti sociali, per la »conquista o »la difesa del potere, ma a trarre le conseguenze necessarie delle prese di coscienza di quali siano, e quante, le vie dell'infelicità e della miseria, per i »poveri di oggi.

Così nacque la battaglia per il divorzio, cioè l'attenzione ed il dialogo, in Italia, sulla realtà storica dell'amore, della coppia, della famiglia, della loro crisi, dell'indissolubilità »di classe , garantita alla Sacra Rota ed ai »preti , ai ricchi e ai potenti, dai carabinieri, dai magistrati, dai ricatti e dalla forza del danaro.

Una battaglia nella quale non trovammo per almeno otto anni, fra i preti italiani, nemmeno le eccezioni che sono solite confermare le regole. Una battaglia che laicizzò, rese potenti le orride verità del clericalismo, delle istituzioni, dell'alleanza storica fra Pietro e Cesare, dell'oppressione delle coscienze dei credenti e dei non-credenti, della fede, fosse essa quella nella nostra rivoluzione o nel vostro regno, e dell'una e dell'altro congiunto.

Così, da solo, il Partito radicale dovette attaccarsi ai problemi ed alla tragedia, veramente biblica, dell'aborto di classe, clandestino e di massa, che s'incarna ogni giorno non nel verbo delle morali, ma nello strazio delle donne, delle famiglie, delle persone, delle masse. E solo, su questa onda, di nuovo, la chiesa trionfante, mondana, le istituzioni culturali ed ideologiche, partiti storici della sinistra, s'accorsero e s'accorgono del problema della tragedia dei poveri, dei miseri, della vita e della morte che con il discorso sull'aborto necessariamente torna finalmente alla luce. Così si subiscono linciaggi, si perde (finalmente, i preti del »7 novembre , almeno loro dovrebbero capire che questo può essere anche un obiettivo) rispetto umano e sociale, e politico.

E chi, e cosa, ancora, candidavano il Partito radicale, oggi vivo - in gran parte - proprio per l'ondata di credenti che l'ha da qualche anno sollevato e raccolto, animato e reso più forte, a lanciare il sasso della libera e responsabile sessualità, della conquista della moralità e della felicità attraverso la conoscenza ed il dialogo, su questo momento centrale dell'esistenza e, probabilmente, almeno per ora, dell'amore? Secoli, millenni di confessioni; secoli, decenni di tragedia e di morte diffusi soprattutto nell'istituzione chiesa ed a partire da essa, di oppressione sociale e morale attraverso la repressione sessuale, dovevano proprio da questi »liberi pensatori , o da questi »ragazzi , da questi »diversi , tradursi in coscienza, in responsabilità, in pratica di vita, in iniziativa politica, in scontro sociale?

Ma si pensa, davvero, che possano nascere »comunità , nuove, si possa »fare chiesa, nuova chiesa, senza la chiarezza, la ricerca vissuta, il confronto, il dialogo, la esperienza, lo scontro, l'attacco su questo aspetto fondamentale della storia di tutti, ma in primo luogo della storia dei »preti e dei paesi nei quali essi sono stati prodotti, allevati per essere torturatori e guardiani del potere, tenuti e ricattati come vittime? O che si possa, quanto meno, andare »verso il socialismo , accettando, con la mediazioni di nuove »chiese , laiche, quel che si rifiuta finalmente dalla chiesa ed alla chiesa?

Si colpisce, ci si ribella contro una visione volgare, proterva della »fede , e si finisce con accettarne una pari della »politica , della »lotta di classe : è questa la testimonianza di verità, questa la liberazione che si compie, e la nuova fraternità e la conquista dell'amore come modo di vivere anche la propria dimensione sociale, di fraternità o di ricostruire la propria immagine di sacerdote?

L'esecutivo uscente del »7 novembre ha tenuto a smentire ogni possibilità stessa di adesione del movimento alla lotta anticoncordataria del partito radicale. Le motivazioni date sono reticenti o incomprensibili. La »posizione anticoncordataria , è sempre ribadita e confermata, affissa: ma se deve divenire »movimento , lotta concreta, non va mai bene. Anche D'Avack, e lo stesso cardinale Ottaviani, sul piano teologico della doppia verità, hanno avuto occasione di ricordare che solo circostanze storiche e tattiche giustificano »i concordati . La »doppia verità della realpolitik si congiunge con quella della controriforma: la matrice culturale, storica, sociale non è d'altra parte necessariamente diversa.

L'Assemblea del »7 novembre discuterà, naturalmente di queste cose. Dobbiamo a »Com (e, mentre a mio avviso »Liberazione vede ormai affacciarsi l'ora della sua fine, non stanchiamoci di ripetere a compagni e amici, innanzitutto a quelli, come me non credenti, di leggere e sostenere questo settimanale: c/c 1/62750) una informazione ed un dibattito ricchi ed appassionati. Gli interventi sull'Assemblea del »7 novembre di Marco Bisceglie, Pietro Brugnoli, Fernado Cavadini, Filippo Gentiloni, Grazia Marengo, Rosario Mocciaro, Pergiorgio Rauzi, Pietro Trupia lo provano. La centralità dell'iniziativa e dell'esistenza del Partito radicale ne risulta evidente, sia che la si proclami, come Cavadini, estranea, sia che, come altri laici. la si faccia propria.

I compagni della II Assemblea Nazionale del »7 novembre devono dirci se intendono semplicemente trasferire nel perimetro della »politika le indegnità che hanno rifiutato nella »religione , i tatticismi, le »strategie smentite nei comportamenti di ogni ora, la delega ai vertici ed ai custodi della verità (di classe, questa volta) per stabilire i tempi ed i modi e le opportunità delle liberazioni della persona e dei popoli, »reificando le loro sofferenze e riducendole a patrimonio da amministrare dall'alto, a forza e giustificazione della funzione dei burocrati, come ieri degli alti dignitari ecclesiastici.

Abbiamo letto, spesso, nei documenti del 7 novembre, anche in quella proposta di discussione, dal linguaggio fumoso e contorto, che il Consiglio Nazionale ha proposto ieri, che il momento della riflessione e dell'approfondimento è necessario. O si tratta di una considerazione banale e scontata, o non siamo d'accordo su quel che comporta questo continuo riferimento. Esistono un »potere ed una »ricchezza ben più pericolosi, violenti, intimi, definitivi di quelli del danaro e delle istituzioni: il »potere e »la ricchezza del sapere della conoscenza, che è alla base storica di ogni chiesa confessionale e temporale, che crea i »chierici , i depositari, cioè, della verità, del bene, del giusto. Assegnarsi sontuosamente, nella vita, costantemente, il »tempo della riflessione e dell'approfondimento, mentre il »tempo degli altri, dei più, è quello della miseria che s'aggrava, dello sfruttamento che riduce a cosa, a morti, è un metodo che denunciamo come sostanzialmente di classe, da »ricchi . Non partecipare al

le lotte, nelle loro particolarità, nei loro limiti, storicamente in corso, presuppone una concezione della »conoscenza che i compagni del 7 novembre, essi per primi, dovrebbero rifiutare. La vera »conoscenza non è dunque nell'amore, ma nello »studio ? Non l'attenzione del dialogo, non nella compresenza di ciascuno con l'altro, e con tutti, non nella costanza delle attenzioni e delle opere, ma nella teologia o, nell'ideologia, o nell'»analisi ? Il divorzio fra vita pubblica e vita privata, fra politica e amore ci sembra si sia insinuata profondamente nel »7 novembre .

Vorrei consentirmi, per un attimo, un pensiero superbo, la buona coscienza a buon mercato di troppi: anche se leggo e rifletto sulla parola di padre Brugnoli, una delle poche nelle quali ritrovo echi e tensioni indimenticati di credenti come Emanuel Mounier o Marc Sanglier, ho quasi l'impressione che una sola »chiesa , nel suo senso, si sia forse in parte realizzata, in Italia, in questi, anni, una sola comunità, (non di »quartiere ) di ricerca e di »preghiera - anche se »laica ; è il Partito radicale. Che non lo voleva, che non lo vuole, cui non interessa. Forse proprio per questo? Qualche volta, dinanzi alle manifestazioni che prendevano corpo, qua e là, dove tempio e piazza sembravano identificarsi, mi sono detto che non molto diverse erano da quelle che nella lontana Bretagna la comunità di Boquen vedeva formarsi attorno a sé.

Cavadini dice di aver scoperto quanto di liberazione e di responsabilità, e non di confusione, di integralismo di strumentalizzazione nasce da un impegno politico liberamente scelto e consapevolmente praticato. Ci auguriamo che egli stesso, ma in primo luogo l'Assemblea Nazionale, ne tragga le conseguenze necessarie.

Nel prossimo numero di Liberazione riferiremo per esteso andamento e conclusioni. Intanto ci sembra giusto dare il massimo spazio a coloro dai quali dissentiamo, pubblicando l'intervento polemico del Bollettino contro amici, fratelli del 7N con i quali, ci sentiamo più vicini e... compagni.

Viva il 7 novembre, scriviamo. Cosa significa?

Che non vogliamo che il 7 Novembre »sopravviva , muoia, come pure rischia.

Ma viva.

 
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