Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
sab 27 apr. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
LID - 21 febbraio 1974
L'obiettivo di Fanfani

SOMMARIO: Nella pagina che "IL MONDO" offre settimanalmente alla Lega Italiana per l'Istituzione del Divorzio (LID), si commenta la decisione del segretario della DC Amintore Fanfani di sostenere completamente il referendum per l'abrogazione del divorzio promosso da gruppi clericali con l'appoggio determinante della Chiesa cattolica. Amintore Fanfani sta perseguendo due obiettivi: "drammatizzazione della situazione sociale ed economica del paese per creare un clima di 'unità nazionale' che consenta o di evitare il referendum o - al peggio - di trasformarlo in una crociata contro il caos, 'il comunismo', il disordine e la miseria".

(IL MONDO, 21 febbraio 1974)

("Il mondo apre una pagina, durante tutta la campagna del referendum, alla Lega Italiana per il Divorzio, intendendo così evitare per quanto possibile che si impedisca alla LID di continuare la sua battaglia. Siamo lieti di farlo, anche se le opinioni e i giudizi della LID non sempre coincidono con quelli del "Il Mondo".)

In Vaticano, come a Palazzo Sturzo durante la riunione della Direzione DC, tutti sembrano ora sereni dinanzi alla prospettiva del referendum. Vi sono forse nuovi sondaggi demoscopici, una volta di più segreti, che rovesciano le previsioni d'una catastrofe clericale e antidivorzista? Un nuovo 18 aprile è dunque alle porte, dal quale ogni corrente del partito di regime potrà trarre maggior profitto e potere? Papa Paolo non crede più che la legge sul divorzio assassini la famiglia?

"Non resterà che da pagare missini e liberali; per il resto il gioco è fatto", affermava nei giorni scorsi con elegante cinismo di moda fra i giovani minutanti benelliani uno degli addetti ai contatti con la segreteria DC nelle burrascose settimane di gennaio.

"Pagare" perché, in quale prospettiva?

La strategia clericale, di regime sul referendum è ormai decisa, precisata, e già nella fase di attuazione. Si muove su due direttrici: accentuazione del "disimpegno" vaticano e della CEI, drammatizzazione della situazione sociale ed economica del paese per creare un clima di "unità nazionale" che consenta o di evitare il referendum o - al peggio - di trasformarlo in una crociata contro il caos, "il comunismo", il disordine e la miseria, nel tentativo di inchiodare al voto contro il divorzio almeno quel 47% di elettori che due anni fa votarono per la DC ed il MSI, e di far aumentare nello schieramento avverso al tentazione della scheda bianca o dell'astensione. Il Papa aveva sperato, in autunno, che fosse la DC a sacrificarsi sull'altare del potere della Chiesa, accollandosi la responsabilità di "tradire" i sacri principi, accettando un compromesso vantaggioso contro la legge Fortuna per evitare il referendum. Ma il nuovo segretario della DC si rivelò invece irremovibile, arrivando anche ad una rottura con m

onsignor Benelli, con cui da quindici anno aveva formato un tandem indissolubile. Il referendum era stato imposto dalla CEI (ed a questo, se ve ne fosse stato bisogno, dal Papa) che aveva proclamato il diritto-dovere dei cittadini cattolici di fare il referendum, rispose Fanfani. Accettare di "trattare" in queste condizioni significava regalare milioni di voti al movimento sociale o ad un secondo partito cattolico, a destra, e un'arma terribile, nella DC, ad Andreotti; costringendo lui, oltre tutto, ad una operazione ipotecata nel suo significato dal PCI e del tutto omogenea alla strategia degli altri suoi avversari interni, le sinistre morotea e forzanovista. Ma il Pontefice sembrava non tollerare nemmeno l'ipotesi di intervenire direttamente sulla CEI per farle accettare un compromesso che evitasse il referendum: era straziato davvero, ma non se la sentiva di imporre un diktat ai vescovi che egli aveva spronato alla crociata fra il 1965 ed il 1970. Anche il Presidente del Consiglio Rumor, cui si cercò di f

ar assumere una iniziativa di mediazione, fu tassativo del diniego, e con una motivazione fondata: già il 9 luglio del 1970 egli si era dimesso all'improvviso dal governo che presiedeva, per impedire l'approvazione definitiva, nei giorni successivi, della legge divorzista. Era stato, insomma, l'unico dc, finora, che contro il divorzio avesse sacrificato qualcosa.

Fanfani, ormai, è candidato a divenire anche ufficialmente il secondo "uomo della provvidenza", dopo Mussolini. Lo ha forse sempre sperato, ma ora comprende che è possibile volerlo. Se riesce, in qualsiasi modo, a salvare dalla catastrofe "questa" Chiesa, che tre anni fa era certa di avere nel referendum il consenso di oltre i due terzi del paese, il gioco è fatto. Accettando la sua linea, il Vaticano non può non garantirgli anche la neutralizzazione di Andreotti. Checché faccia, ormai, egli non sarà più un traditore dei principi ma un salvatore della Chiesa e della DC. Egli ha ben chiare due cose: che solo la massima drammatizzazione, il ricatto più temerario e irresponsabile rispetto alle sorti del paese, potrà di nuovo indurre o costringere il partito comunista a riproporre o accettare una nuova soluzione "Carettoni" o il suo equivalente; che se si riesce a trasformare il referendum da uno scontro sul divorzio e sulla laicità ad uno fra il caos, la sovversione, "il comunismo", la miseria, la fine di ogni

tradizionale equilibrio di regime e l'"ordine", la situazione può ancora rovesciarsi.

Al Teatro Adriano, il 20 gennaio, fu affermato che, se necessario, il potere avrebbe di nuovo fatto ricorso alle bombe e alle stragi, di persone e di istituzioni, per impedire il referendum. Dopo pochi giorni, solo per un miracolo non esplosero bombe su un treno gremito, nei dintorni di Pescara. E' poi subito cominciata la sequela degli allarmi, del "golpe" domenicale, contro l'unità sindacale e lo sciopero generale, contro i pericoli "fascisti". Esplodono (e si lasciano esplodere finalmente) a decine, gli scandali. Dal petrolio alla giustizia, dalle "piste nere", in attesa, di nuovo, di quelle "rosse".

Insomma, il piano c'è. Per far passare, all'ultimo momento, in Parlamento, non fosse che a 24 ore dalla consultazione (la legge lo consente), una riforma-bidone della legge Fortuna, impedire il referendum, confermare il concordato, varare un mini-compromesso storico, una nuova "conciliazione". A questo punto basterebbero, pochi miliardi per i gruppi parlamentari missini e liberale, per evitare veri ostruzionismi. Pensiamo che questo sia eccessivo perfino per la maggioranza dei paleo-fascisti della destra nazionale. Ma in questo calcolo si dà soprattutto per venduta la pelle delle masse democratiche e popolari e dei loro partiti, e per assassinati leghe e movimenti per i diritti civili, radicali o extraparlamentari. Forse è ancora un po' presto.

 
Argomenti correlati:
lid
fanfani amintore
referendum
stampa questo documento invia questa pagina per mail