SOMMARIO: In occasione del referendum sul divorzio indetto da gruppi clericali, la LID replica alle sette slogans su cui si basa la campagna degli antidivorzisti.
(LID, Supplemento a LIBERAZIONE n. 9, 28 marzo 1974)
La compagna contro il divorzio viene combattuta dagli antidivorzisti e dai clericali non soltanto con le armi del peggiore terrorismo ideologico di marca sanfedistica, ma anche con il ricorso ad una serie di argomenti e di slogans che costituiscono altrettante menzogne e falsità, ripetuti in maniera martellante durante la campagna del referendum. Al terrorismo ideologico e sanfedistico dobbiamo rispondere con la forze della ragione. Alle menzogne dobbiamo rispondere con la forza della verità.
1 - Il divorzio non è la causa ma un necessario rimedio alla crisi della famiglia
Le previsioni catastrofiche degli antidivorzisti secondo le quali l'istituzione del divorzio avrebbe moltiplicato i casi di dissoluzione della famiglia sono state smentite dai fatti.
Nel 1971 le sentenze di divorzio sono state 55.516, nel 1972 sono state 20.410, nel 1973 meno di 15.000. Nel 1972, ultimo anno per il quale si dispongono i dati definitivi, il numero delle coppie divorziate è stato, in media nell'intero paese, di 37,7 ogni centomila abitanti. Nella grande maggioranza dei casi il divorzio è servito a legittimare situazioni irregolari (coppie e figli illegittimi) che esistevano da molto tempo, in alcuni casi da decenni. Gli antidivorzisti obiettano che però in questi anni è aumentato il numero delle separazioni fra i coniugi. Non è vero. Il numero delle separazioni legali era già aumentato prima della legge Fortuna (da circa 10.000 separazioni l'anno all'inizio degli anni sessanta, era già salito ad oltre 15.000 nel 1968). L'aumento è proseguito con la stessa proporzione negli anni successivi fino a raggiungere le 22.000 separazioni nel 1972. Prima del divorzio inoltre molte coppie separate, non si rivolgevano al giudice. La separazione legale era richiesta soltanto da quelle
coppie separate che dovevano sistemare questioni patrimoniali o che non avevano raggiunto un accordo sui figli. Ora invece la separazione legale è un requisito necessario per poter ottenere in seguito il divorzio. E' naturale perciò che tenda a scomparire il fenomeno delle separazioni di fatto che prima esisteva in larga misura anche se non era registrato nelle statistiche.
2 - La legge Fortuna-Basilini è la legge più severa fra le legge divorziste di tutto il mondo
La legge prevede la possibilità di scioglimento del matrimonio solo in alcuni casi gravissimi (condanna dell'altro coniuge a più di quindici anni di reclusione; condanna dell'altro coniuge per delitti infamanti contro la famiglia quali tentativo di violenza carnale a danno dei figli, ratto a fini di libidine, incitamento o sfruttamento alla prostituzione del coniuge o dei figli, ecc.) o quando i due coniugi siano separati con provvedimento del giudice da almeno cinque anni.
La legge Fortuna non è quindi una legge "facile", ma una legge severa e giusta. E' quindi del tutto falsa l'immagine che gli antidivorzisti tentano di accreditare di un "divorzio all'americana". In pratica, anche per quanto riguarda le norme che possono interessare la generalità dei cittadini, il divorzio si limita a prendere atto di una rottura ormai irreparabile dimostrata da un lungo periodo di separazione. Per ottenere il divorzio occorrono in pratica due diversi procedimenti giudiziari: prima quello di separazione e poi, a distanza di molti anni, il procedimento di scioglimento del matrimonio. Si tratta di uno dei procedimenti di divorzio più lunghi che esistano al mondo: non meno di otto anni nei casi più semplici, che possono salire a dieci nel caso di opposizione al divorzio da parte del coniuge incolpevole. Si deve infatti tener conto dei tempi ordinariamente molto lunghi della giustizia italiana (non meno di un anno, un anno e mezzo per la causa di separazione; altrettanto per quella di divorzio).
Solo per i Tribunali ecclesiastici, dopo le riforme introdotte da Paolo VI con il "motu proprio", si può parlare di "annullamenti facili" e di "annullamenti lampo".
3 - Fra le molte fandonie sostenute dai clericali c'è anche questa: che il divorzio è molto costoso e che esso quindi interessa solo i ricchi. I ricchi non hanno mai avuto in Italia problemi di divorzio: quando non provvedevano con il cambio di cittadinanza effettuato al solo scopo di ottenere lo scioglimento del matrimonio in un altro Stato, provvedeva la Sacra Rota. Sono i piccoli borghesi, i proletari, i poveri che si separano e divorziano solo in caso di estrema necessità e solo per ragioni molto gravi, che non avevano prima della legge Fortuna nessuna possibilità di risolvere le loro, a volte drammatiche, situazioni familiari. Ora questa possibilità è anche alla loro portata. E il costo dell'esercizio di questo diritto civile è relativamente esiguo: non più di 200-300 mila lire.
La legge per il divorzio, oltre ad essere estremamente severa, è anche una legge giusta. La semplicità del giudizio di divorzio elimina gravosi costi processuali e rende inutili il ricorso al "grande avvocato" e il pagamento di alti onorari. Vale anche in questo caso il paragone con gli annullamenti ecclesiastici, il cui costo non è mai o quasi mai inferiore alle seicentomila lire anche nei casi più semplici. Quello della Sacra Rota è il vero "divorzio di classe": il divorzio a cui preferiscono ancora oggi ricorrere i parlamentari antidivorzisti, gli attori famosi, i più noti professionisti, i grandi industriali.
4 - La legge Fortuna tutela la donna e i figli
"Le vittime del divorzio sono le donne e i figli", si legge sulle pagine speciali del "Popolo" e sui manifesti clericali. E' sufficiente una statistica per ribaltare questa affermazione. Nel 1970 su 6.760 cause di separazione giudiziale 4.461 sono state promosse da mogli, 2.087 da mariti e 216 da entrambi i coniugi; su 10.263 cause di separazione consensuale 2.300 sono state promosse da donne, 1.092 da uomini e 6.871 da entrambi i coniugi. Nella maggioranza dei casi sono dunque le mogli che prendono l'iniziativa di separarsi per poi divorziare dai loro mariti. La verità è che non esistono vittime del divorzio, ma soltanto vittime di situazioni matrimoniali fallite e impossibili. I sostenitori dell'indissolubilità del matrimonio vogliono rendere schiave queste donne per tutta la vita, inchiodandole per forza di legge ad una condizione di infelicità e impedendo loro di formarsi una nuova famiglia.
5 - La legge Fortuna anticipa la riforma del diritto di famiglia che la D.C. ha bloccato in Parlamento
La legge che ha introdotto il divorzio in Italia ha migliorato molto il trattamento economico del coniuge più debole e, per quanto riguarda l'educazione dei figli, ha anticipato la riforma del diritto di famiglia, attribuendo in condizioni di eguaglianza la patria potestà ad entrambi i coniugi. Ugualmente la legge si è preoccupata di tutelare nel modo migliore possibile il coniuge più debole anche dal punto di vista assistenziale e previdenziale. Certo, la legge del divorzio non poteva risolvere i problemi che devono essere risolti con la riforma del diritto di famiglia e con le riforme sanitaria e pensionistica. Ma queste riforme è la DC a ritardarle e a non volerle. Quella del diritto di famiglia, approvata dalla Camera quasi all'unanimità, è stata bloccata al Senato dal partito clericale ormai da tre anni. Ed anche in questo caso gli antidivorzisti si guardano bene dall'accettare il confronto con gli annullamenti ecclesiastici: le dichiarazioni di nullità tolgono ogni diritto alla moglie e ai figli perché
, dopo un annullamento, il matrimonio è come se non fosse mai esistito.
6 - Non è vero che il divorzio premia il coniuge colpevole
E' un'altra delle menzogne su cui si basa la campagna dei clericali. Sostengono gli antidivorzisti che il divorzio equivale a un ripudio, che il coniuge incolpevole nulla può fare per opporsi alla pretesa di divorziare del coniuge colpevole. E' falso. Per ottenere il divorzio occorre un provvedimento giudiziario di separazione e la separazione può essere di due tipi: consensuale (cioè ottenuta di comune accordo dai due coniugi) o giudiziale (cioè per colpa di uno dei coniugi). In caso di mancato accordo fra i coniugi, la separazione può essere decretata dal giudice solo se è richiesta o accordata dal coniuge incolpevole. Senza l'iniziativa o il consenso del coniuge incolpevole, non può esserci sentenza di separazione giudiziale, e quindi, non può neppure esserci la successiva sentenza di divorzio. Non è neppure vero, quindi, che la colpa non abbia alcuna rilevanza giuridica nel procedimento di divorzio: di essa il giudice tiene conto già nel giudizio di separazione, sia nella definizione degli aspetti econom
ici, sia ai fini della assegnazione e dell'educazione dei figli. Inoltre, nel caso che la successiva sentenza di divorzio sia chiesta dal coniuge colpevole, il termine che deve decorrere per il divorzio è di sette anni e non di cinque.
7 - Chi chiede l'abolizione del divorzio, vuole restaurare il monopolio della Sacra Rota
Gli antidivorzisti sostengono che la loro lotta contro la legge Fortuna-Baslini non è motivata dalla difesa degli interessi clericali ma da preoccupazioni esclusivamente civili e sociali. Non è verso. Grazie al Concordato fra Stato e Chiesa del 1929, i Tribunali ecclesiastici godevano di un vero e proprio monopolio giurisdizionale in materia matrimoniale. Le loro sentenze di annullamento dei matrimoni avevano ed hanno efficacia immediata nell'ordinamento giuridico italiano. Dopo l'approvazione della legge Fortuna-Bslini, Paolo VI ha introdotto una serie di riforme che rendono gli annullamenti sempre più facili, più rapidi e più economici per consentire ai Tribunali ecclesiastici di far concorrenza a quelli civili. Ora si tenta di restituire alla Sacra Rota, abolendo il divorzio, il monopolio degli annullamenti. E' solo questo che ha determinato le proteste della Santa Sede e ha indotto la Chiesa a mettere le proprie parrocchie a disposizione degli antidivorzisti per la raccolta delle firme necessarie a promu
overe il referendum. Solo in Portogallo e ad Haiti gli annullamenti ecclesiastici hanno efficacia civile. In nessun paese cattolico (in Francia, in Austria, in America Latina), la Chiesa si è mai permessa di chiedere l'abolizione del divorzio.
8 - La legge Fortuna è una legge morale
Con una strana contraddizione gli antidivorzisti affermano che il divorzio è "l'anticamera del lupanare", e poi sostengono che al divorzio è preferibile il concubinaggio. E' strana questa pretesa di difendere l'indissolubilità anche dei matrimoni civili, dal momento che proprio essi hanno sempre sostenuto che le persone sposate davanti al sindaco sono "pubblici concubini". Il vescovo di Prato, mons. Fiordelli, uno dei vescovi più impegnati nella campagna contro il divorzio, bollò con questo marchio infamante i coniugi Bellandi. Per altro la Chiesa non si preoccupa di rispettare questa indissolubilità dei matrimoni civili: Almirante ha due mogli, la prima sposata soltanto in municipio, la seconda sposata soltanto in Chiesa. Il leader della destra nazionalfascista è un coerente antidivorzista perché non ha chiesto né il divorzio dalla prima né l'annullamento dalla seconda. Ma per la Chiesa Almirante che è: un concubino, un bigamo, o l'uno e l'altro?
Gli antidivorzisti si presentano come i difensori della famiglia. Per la sua severità la legge Fortuna, è stata presa ad esempio nelle loro legislazioni dallo Stato di New York, dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Ma in tutti questi paesi la separazione non deve durare più di tre anni. A New York una legge analoga a quella Fortuna è stata proposta dai vescovi cattolici, che intendevano moralizzare la situazione creata dalla precedente legge sul divorzio, che consentiva lo scioglimento del matrimonio solo in caso di adulterio.