SOMMARIO: In polemica con chi chiede che il confronto sul referendum per l'abrogazione del divorzio sia mantenuto su un piano "civile" la Lid replica denunciando l'inciviltà di chi vorrebbe abolire un istituto che esiste in tutti i paesi del mondo. I pericoli dello scarso impegno e coordinamento delle forze laiche.
(LID, Supplemento a LIBERAZIONE n. 9, 28 marzo 1974)
Si dice da molte parti che il confronto sul divorzio deve essere mantenuto nei limiti di un confronto e di un dibattito "civile". Ma non è civile chiedere in questo paese e nel 1974 l'abolizione di un istituto che quasi tutti gli altri paesi del mondo hanno ormai da decenni e in molti casi da secoli. Non è civile condurre la lotta al divorzio scatenando nel paese una campagna di stampo sanfedistico e oscurantistico, ricorrendo al peggiore terrorismo ideologico. Non è civile, dopo il concilio Vaticano II, tentare di restaurare e di consolidare alcuni dei peggiori strumenti del potere temporale della Chiesa (Sacra Rota e Tribunali ecclesiastici), a danno della autonomia e della laicità dello Stato. Né è civile, infine, trattare i cattolici italiani come cattolici e cittadini di seconda categoria, chiedendo ad essi un impegno contro il divorzio che sarebbe considerato assurdo a anacronistico se chiesto ai cattolici di qualsiasi altro paese del mondo.
Saremo dunque civili se civiltà significa rispondere al terrorismo ideologico con la forza della ragione, alla menzogna con la verità, alle pretese clericali con la lotta per la laicità dello Stato e per il rinnovamento religioso. Non accetteremo invece di attenuare in nulla la durezza dello scontro politico e ideale che si svolge intorno al divorzio. In un paese che non ha conosciuto riforma religiosa né vera rivoluzione borghese, che è profondamente inquinato dalla cultura controriformista, che è stato soggetto per venti anni al regime fascista e per altri trenta a quello democristiano, la durezza e la verità di questo scontro è la sola garanzia di "civiltà". Ed è uno scontro contro la DC.
Chi avrebbe voluto evitare il referendum, temeva soprattutto due cose: il monolitismo e la totale fedeltà alle pretese temporalistiche della Chiesa dell'intero mondo cattolico; la rottura dell'unità dei lavoratori, incrinata da un dissenso di natura religiosa. Ma sono due timori che si sono rivelati infondati. Non soltanto le comunità ecclesiali del dissenso che rappresentano ormai una parte cospicua del "Popolo di Dio", non soltanto le isole protestanti ed i credenti di ogni altra fede, a cominciare dagli ebrei, si sono schierati per il "NO", ma anche settori importanti dell'intellettualità cattolica, mentre numerosi vescovi hanno preso le distanze dalle posizioni della CEI, rivendicando il rispetto del principio della "libertà di coscienza", fatto proprio dal Concilio dopo tre secoli di cultura laica.
Quanto alle preoccupazioni per l'unità sindacale esse sono state subito smentite dalla immediata presa di posizione per il "NO" della grande maggioranza dei sindacalisti di origine cattolica.
Il pericolo viene dal modo in cui le forze laiche si accingono ad affrontare questo scontro, divise, in ordine sparso, senza alcun coordinamento. Nei mesi di gennaio, di febbraio e nella prima metà di marzo le uniche manifestazioni di massa per la difesa del divorzio sono state tenute dalla LID e dal Partito Radicale. Soltanto ora la maggiore delle forze divorziste, il PCI, sta dimostrando di voler recuperare i ritardi con una massiccia mobilitazione, mentre gli altri partiti laici indugiano ancora ad entrare in campo.
Il pericolo inoltre viene, ancora una volta, dall'uso spregiudicato che Fanfani e la DC si accingono a fare di tutti gli strumenti di potere del regime, a cominciare dalla RAI-TV e dall'emarginazione delle forze che autonomamente hanno promosso in questo paese la battaglia per il divorzio, in primo luogo la LID e il Partito Radicale.
Contro questi pericoli si batterà la Lega nella campagna per il referendum, per difendere l'istituto del divorzio con la stessa decisione con cui nel passato si è battuta per ottenerlo. Contro la DC, contro il clericalismo, contro il regime.