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Pannella Marco - 9 maggio 1974
Gli abrogatori
di Marco Pannella

SOMMARIO: Alla vigilia del voto sul referendum contro il divorzio promosso dai clericali e sostenuto dalla Dc, Marco Pannella denuncia il tentativo di impedire la sicura sconfitta degli antidivorzisti attraverso l'uso dello strumento della provocazione e del terrore. La battaglia divorzista ha dimostrato che l'unità con il mondo dei veri credenti passa attraverso la contrapposizione dei nostri ideali, laici e libertari, a quelli del regime.

(IL MONDO, 9 maggio 1974)

Presidente del Consiglio, ministri degli Interni e della Difesa, il capo della Polizia, quello del Sid, sapevano come noi, e meglio di noi, che contro la altrimenti sicura sconfitta della CEI, della DC, del MSI, il 12 maggio, si sarebbero tentati di opporre i tradizionali metodi terroristici, consueti al regime sin dall'aprile del 1969, marcati dalla strage della Banda dell'Agricoltura, dopo le vittorie operaie di quell'autunno caldo, e dalla morte di Feltrinelli alla vigilia delle elezioni del 1972.

Da gennaio lo abbiamo affermato su tutte la piazze, in tutte le manifestazioni. Lo abbiamo scritto e ribadito, anche in polemica con l'organo del partito di regime, su questa pagina.

Mentre scriviamo non sappiamo più nulla, come ogni altro cittadino che meriti rispetto e che abbia dignità, come ogni altro democratico, rivoluzionario o riformatore che sia, del magistrato Sossi; e le stragi restano fortunosamente tali solo per il codice, che non conosce la fattispecie della "tentata" strage. Ma ribadiamo il nostro allarme ed il nostro pessimismo (non inerti, perché ci siamo mobilitati in un tentativo di controinformazione che sta forse per dare risultati adeguati); ribadiamo che nella logica della selvaggia risposta alla minaccia di vittoria popolare, della paura di tanti potenti che sanno che un momento di verità s'avvicina per loro, vi sono ancora una volta morte e cadaveri. Siamo tanto più preoccupati quanto più pericolosamente significativo ci appare la sorta di propaganda pro-brigate rosse in cui gli organi di polizia si sono impegnati: i brigatisti sarebbero una banda di puri e di duri, senza cedimenti e senza ambiguità, inaccessibili alla corruzione ed a qualsiasi debolezza, un'ecce

zione, insomma, proclamata, pubblicizzata, smaccatamente e affrettatamente diffusa ai quattro venti, alla regola ormai nota di gruppuscoli banditeschi inventati, promossi, secondati, provocati, ricattati, sempre (e quelli "neri" - riconosciamolo - non meno di quelli "rossi") dall'una o dall'altra delle polizie di questo stato che per vivere ha bisogno di caos, di "anarchia", di disperazione, di paura.

Ci auguriamo che quando questo giornale sarà nelle edicole. Sossi sia tornato alla sua famiglia, al suo (così spesso detestabile) lavoro, ad essere pienamente libero, e felice come può. In tal caso vorrà dire che il disegno di regime, ormai così scoperto, così chiaro e preannunciato per noi e da noi, è stato reso alla fine impossibile, troppo rischioso. Ma continuiamo, per ora, a temere, sempre più, che Sossi, come Calabresi, serva al regime, oggi, abrogato, cadavere. Temiamo che stragi, sui treni o altrove, riescano, per l'11 maggio. Perché le menzogne che la DC, che Fanfani riversano sul paese, a proposito della legge sul divorzio non bastano, dinanzi alla realtà di un popolo per tanti versi miracolosamente ammirevole, maturo, carico ancora di speranza, di fiducia, di maturità. Come chiaramente non basta la ripresa di terrorismo dei più alti dignitari di Curia e di CEI che si sono affrettati, in questi giorni, a smentirsi e a proclamare quel che avevano ufficialmente e ripetutamente negato a gennaio e febb

raio: essere cioè il credente libero, nel referendum, di esercitare la propria autonomia civile, le proprie scelte politiche. Ora, almeno, sarà chiaro che il 12 ed il 13 maggio, CEI, Vaticano, Curia, il "cattolicesimo" dei potenti è in causa: non sono - come si pretende - al di sopra delle parti. Vincerà (si fa per dire) o perderà.

Ed è anche per questo, pensiamo, che il 25 aprile 1974 è sembrato a tanti diverso dai troppi che avevamo conosciuto, di triste, desolante liturgia celebratoria. C'era nell'aria non un ricordo ma come un presagio di liberazione. Per fosca che sia la realtà nella quale il paese è stato precipitato, mai come in queste settimane il paese sembra vivere una sua piena, straordinaria primavera politica e civile. Non passa ora senza che germinino ovunque iniziative spontanee, dense di significato democratico e laico, segni e fatti di concrete, a lungo attese e mancate, liberazioni. Una riforma religiosa e civile si delinea, dal basso, orizzontale, lungo tutto il paese, in tutti i suoi settori.

Non ne siamo sorpresi. Da anni, apparentemente nel deserto, predicavamo che l'unità, l'unità - in primo luogo - con il mondo dei veri credenti, passava dalla lotta, dalla contrapposizione chiara dei nostri ideali, laici e libertari, democratici e socialisti, a quelli del regime, della DC. La prova ne è ora fatta. La logica del rinnovamento e dell'alternativa si impone. Ogni giorno, ha ragione in questo "il Popolo" perfino le pagine dell'"Unità" sembrano quelle di "Notizie Radicali" o di "Liberazione", sia pure con qualche eccesso di vecchio anticlericalismo e di polemica troppo violenta per essere laica: peccati veniali, comprensibili in chi così a lungo s'era represso nei suoi istinti e nelle sue tradizioni.

Siamo ormai giunti quasi alla fine di questa nuova, difficile battaglia che come divorzisti e radicali, ci ha visti ancora una volta impegnati senza riserve e fra mille, gravi, crescenti difficoltà. Ora è fondamentale vigilare contro gli ultimi colpi di coda che sono e saranno sferrati dal clerico-fascismo, forse ferito a morte da questa ultima sua sortita. Ci sentiamo abbastanza forti per sperare di farcela. Ci volevano isolati, cancellati. Ancora una volta, questa pagina che dobbiamo agli amici di "Il Mondo", è una testimonianza del fatto che si isola chi pretende di isolarci. Il coraggioso, commovente rigore di Marisa Galli, il nuovo fraterno e lucido intervento di Alberto Prunas-Tola, la risposta ai vescovi di Marco Bisceglia, questo raro compagno, l'ennesima testimonianza di Camillo Benevento, del suo impegno civile ed esemplare per un sindacalista italiano, articoli scritti nel quadro della campagna della LID e del PR, mostrano quanto le nostre scelte siano feconde e necessarie, non superabili né sosti

tuibili. Volevano abrogare anche noi. Non è per questa volta.

 
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