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Bisceglia Marco - 9 maggio 1974
Risposta ai vescovi
di don Marco Bisceglia

SOMMARIO: Prendendo posizione insieme al altri religiosi e laici licani contro l'abrogazione del divorzio, Don Marco Bisceglia si dice "convinto che l'amore coniugale sia dal punto di vista evangelico, sia sotto lo aspetto "naturale" è per sé orientato alla fedeltà e alla stabilità. Ma sono altrettanto convinto che tali valori non possono essere imposti da una legge coercitiva".

(IL MONDO, 9 maggio 1974)

Insieme a numerosi laici cattolici impegnati nelle parrocchie, nelle ACLI, nella CISL, una trentina di preti lucani ci siamo dissociati dalla presa di posizione dei nostri vescovi in questa campagna "civile" del Referendum per l'abrogazione della Legge Fortuna-Baslini. Senza coinvolgere i miei confratelli, dichiaro le mie personali motivazioni.

Sono convinto che l'amore coniugale sia dal punto di vista evangelico, sia sotto lo aspetto "naturale" è per sé orientato alla fedeltà e alla stabilità. Ma sono altrettanto convinto che tali valori non possono essere imposti da una legge coercitiva.

Non accetto una certa mentalità caporalesca propria dell'ambiente clericale, secondo la quale una volta che "i superiori" hanno preso una posizione precisa in materia aperta al dibattito teologico, giuridico e politico, si traccia di ribellismo ogni espressione di dissenso e si accusa i dissenzienti di "ingenerare confusione e turbamento nei ``semplici'' fedeli".

Al riguardo bisogna constatare con tristezza che all'interno dell'istituzione ecclesiastica vige ancora una mentalità e un comportamento borbonico, intollerante della libertà di coscienza, di opinione, di espressione. Tutto questo appellandosi al "carisma pastorale e magisteriale", col quale si vuole giustificare l'oppressione delle coscienze (specifico del potere ecclesiastico), e che non si vede quasi mai esercitare nella evangelizzazione dei poveri, nella liberazione degli oppressi, nella comunione fraterna.

La più amara constatazione è che la gerarchia ecclesiastica, in tutti i momenti più gravi della storia del nostro popolo, si è trovata sempre di fatto dalla parte delle classi e forze sociali più reazionarie e antipopolari: col fascismo nel 1922 (Marcia su Roma) e 1929 (liquidazione di Sturzo e del Partito Popolare), con l'imperialismo USA (CIA) e il capitalismo italiano nel 1948 (crociata anticomunista, scomunica, ...) e oggi, per il Referendum, con Gedda, Lombardi, Almirante...

Che i nostri vescovi siano anticomunisti, lo danno a vedere con estrema chiarezza e foga. Quello che non danno a vedere affatto è se sono antifascisti. Sappiamo invece che in Italia i preti antifascisti, come don Mazzolari e don Milani, non hanno avuto vita facile con i loro vescovi. E non si può dire che oggi le cose stiano molto diversamente...

In seguito al mio articolo "I farisei della famiglia", mi telefonò un prete di curia, dicendomi che il mio vescovo era molto amareggiato... che stessi attento a no suscitare odio... che potrei rimetterci le penne...

Gli risposi soltanto che io, per parte mia non odio nessuno e che perciò non ho paura dell'odio altrui. Il mordacchio nella bocca di Giordano Bruno non è passato di moda, anche se ha cambiato stile, perché sono cambiati i tempi... Ma, spiacente per gli inquisitori di ieri e di oggi, non c'è nulla di più eloquente di una lingua muta in quella morsa. Sia chiaro per tutti, clericali e laici: la lotta che noi cristiani critici combattiamo non mira, come a volte ci si accusa, a demolire la Chiesa, ma anzi a sgombrarla di tutti i vecchi ruderi del feudalesimo, del borbonismo e del fascismo, perché sia quale Cristo l'ha voluta: uno spazio di libertà, e di comunione aperto a tutti.

 
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