Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
mer 08 mag. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Liberazione, Pannella Marco - 13 maggio 1974
Ed ora gli altri otto!

SOMMARIO: Pannella analizza la situazione venutasi a creare dopo la vittoria nel referendum sul divorzio:"Ora abbiamo vinto - scrive - cioè non abbiamo perso il divorzio". E questo è successo perché "lo schieramento democratico di classe passa per tutti i partiti...". Ma, egli soggiunge, "il regime non ha ancora perso", e cercherà di utilizzare ogni mezzo per rafforzarsi. Le "lotte democratiche di classe" possono vincere solo se cercheranno di conquistare "almeno" le libertà "borghesi". Purtroppo, le organizzazioni della nuova sinistra, come le minoranze repubblicane e liberali, che avevano aderito al progetto degli otto referendum sembrano volersi disimpegnare, senza peraltro proporre al loro posto "qualcosa di più valido, di più unitario, di più sicuro e concretamente alternativo".

(LIBERAZIONE, 13 maggio 1974)

Ora abbiamo vinto. Cioè non abbiamo perso il divorzio. Abbiamo vinto perché nel paese, per le lotte per i diritti civili e di libertà, v'è una maggioranza sicura e decisa. Perché lo schieramento democratico di classe passa per tutti i partiti, tutti, nessuno escluso. Perché le contraddizioni della borghesia sono esplosive; cioè fra idealità borghesi e gestione e sfruttamento delle esigenze del potere capitalistico il rapporto è insanabile. Perché la politica dei diritti civili è politica di classe vincente.

Non abbiamo perso il divorzio. Ma il regime non ha ancora perso. Finché non perderà, e se non perderà, in breve tempo, altre battaglie come queste, si rafforzerà, diventerà definitivo per più d'una generazione. Malgrado la vittoria, in questi mesi gli spazi politici istituzionali si sono ristretti, e quelli anti-istituzionali pure. Lo Stato Corporativo, con il finanziamento pubblico dei partiti; con la »normalizzazione nella Chiesa, che è la più potente delle corporazioni dello Stato fanfaniano; con l'estendersi dell'operazione di imbavagliamento e di corruzione della stampa, che nelle prossime settimane rischia di avere ancora nuove e clamorose conferme; con la crisi economica e politica, che verrà gonfiata e usata a fini d'»ordine proprio dai suoi responsabili e autori, lo Stato Corporativo, dunque, in pochi mesi è cresciuto, s'è rafforzato.

Ogni dissenso verrà ora settorizzato e - all'interno d'ogni settore - ogni sforzo verrà fatto per smorzarne la potenzialità, e ogni carattere politico. Nella chiesa non meno che nella fabbrica.

Nelle »strutture non mancherà uno sforzo di compromesso: un ceto operaio privilegiato è il prezzo che il sistema sa di dover pagare per la sua stabilità. Che non lo possa, pur volendolo, in base a presunte impossibilità economiche, è un vecchio assunto che sempre viene riproposto, e non è detto che anche in questo momento storico non venga smentito.

Le uniche, immancabili lotte veramente generalizzate e frontali, oggi immaginabili e sicure, sono quelle sui diritti civili, su quelli costituzionali, su quelli corrispondenti ad esigenze umane e politiche che appartengono anche alle tradizionali idealità borghesi, cioè alla cultura ed alla civiltà prevalenti.

Lo scontro sul divorzio ne è stata - ma non da tre mesi, da otto anni almeno - una dimostrazione.

Le grandi lotte democratiche di classe, oggi, possono essere vincenti solo se mostrano di costituire, come costituiscono, anche l'unico veicolo possibile per giungere ad avere »almeno le libertà »borghesi . L'interclassismo democristiano e liberale, cioè il classismo capitalistico, cioè il supporto del disordine e della disuguaglianza e dello sfruttamento, sono stati sconfitti per la prima volta, in modo democratico e pacifico, il 13 maggio.

Sin dall'inizio, da tre anni almeno, il PR ha preparato e voluto il progetto unitario degli otto referendum alternativi in base a queste valutazioni e presupposti, così come aveva per questo contribuito a »inchiodare la classe politica al confronto sul divorzio. A livello istituzionale non v'è, oggi, a breve scadenza, altro progetto politico d'opposizione e alternativo. Se non si convocano dei referendum entro il 30 settembre del 1974, non si potrà convocarne altri fino al 1979, per i meccanismi legislativi e le scadenze politiche già esistenti.

Le minoranze repubblicane, liberali, socialiste; quelle sindacali; i movimenti della sinistra neo-comunista e leninista (Lotta Continua. Il Manifesto-Pdup, Avanguardia Operaia in primo luogo) avevano lo scorso anno aderito a questo progetto. Le vicende del referendum - ci auguriamo che solo di questo si sia trattato - li hanno portati a disimpegnarsi. E' stato, a nostro avviso, un grave errore: non si trattava infatti di distrazioni della lotta in corso, ma al contrario di concentrazione di movimento, di obiettivi, di forza. Comunque, ora, il referendum è passato. Abbiamo vinto: noi, una battaglia decennale (che i sondaggi davano vincente in misura ancora maggiore a febbraio, quando siamo stati isolati da ogni parte, dopo esser stati fino a quel momento soli nella lotta); altri una battaglia, intensa certo, ma trimestrale. Bene. E ora?

Possiamo concretamente, fra dodici mesi, ritrovarci, potenziati, ad uno scontro ancora maggiore, più esaltante e importante. Sta a tutti noi, a tutti loro, volerlo. L'obiettivo delle cinquecentomila firme è raggiungibilissimo e superabile, se entro dieci giorni, o giù di lì, saremo di nuovo tutti mobilitati per raccoglierle: uniti, ne siamo certi, ne raccoglieremo oltre l'obiettivo prefisso.

Ma non c'è tempo da perdere. Rivolgiamo dunque un appello e un invito, l'ennesimo, che speriamo sia ascoltato.

Chiediamo che non ci si accinga, adesso, a perdere tempo a discutere del significato della vittoria, per poi anticipare, fra pochissime settimane, la smobilitazione estiva.

Non è detto che sia sempre possibile »inserirsi in scontri voluti e preparati o imposti dagli altri. Non si è una forza politica se non si è innanzitutto capaci di imporre la propria attualità, l'attualità dei propri interessi e dei propri progetti ad una »politica fatta, per l'essenziale, da altri: dalle »strutture , dalla »classe , dalle »istituzioni .

C'è il rischio di essere, uno per volta, ciascuno chiuso nel suo campo »rivoluzionario come in un ghetto, facilmente »abrogati . Chiediamo a tutti, compagni ed amici, a gruppi e persone che in passato s'erano uniti attorno a questo progetto, di tornare ad animarlo, a dargli corpo. Oppure ci propongano, o si propongano, finalmente qualcosa di più valido, di più unitario, di più sicuro e concretamente alternativo. Ma non ce n'è segno, all'orizzonte della concretezza e della responsabilità.

 
Argomenti correlati:
referendum
sinistra
lotta continua
stampa questo documento invia questa pagina per mail