Marco PannellaSOMMARIO: Primavera-estate del 1974. Per iniziativa di gruppi cattolico-integralisti ma con il pieno appoggio della Dc e della Chiesa cattolica, si tiene, il 12 e 13 maggio, il referendum per abrogare la legge sul divorzio Fortuna-Baslini che era stata approvata nel 1970 grazie alla mobilitazione del Partito radicale e della Lega Italiana Divorzio. I radicali e la Lid sono stati gli unici, fra i laici, a battersi perché il referendum si tenesse, contro i tentativi di un pateracchio fra i partiti per evitarlo. Solo i radicali hanno affermato la loro certezza nella vittoria dello schieramento divorzista. Il referendum viene infatti vinto dallo schieramento divorzista con il 60% dei voti. Ma i radicali e la Lid sono stati completamente esclusi dalla partecipazione alle trasmissioni elettorali della RAI e dalla campagna del fronte laico. Il trionfo della lotta e della posizione politica radicale rischia di tradursi nella cancellazione della presenza politica del Pr. Marco Pannella conduce un lunghissimo digiuno
perché la RAI conceda degli spazi di "riparazione" al Pr e alla LID, perché il Parlamento prenda in esame la proposta di legge sull'aborto e in generale per riconquistare cittadinanza politica ai radicali. E' più in generale una battaglia per il diritto all'informazione e per il rispetto della legalità repubblicana.
In questo articolo pubblicato da "Notizie Radicali", un atto d'accusa contro il mondo della politica e dell'informazione di sinistra da cui, salvo sporadiche eccezioni, non emerge alcuna forma di sostegno a richieste che nessuno nega esser fondate; questo perché laici e sinistre praticano anch'essi la medesima linea di disinformazione e discriminazione anti-radicale della RAI democristiana di Bernabei.
(Notizie Radicali - Giugno 1974 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)
Non ho ancora incontrato una sola persona che ritenesse ingiusti gli obiettivi del nostro digiuno e della nostra lotta, negabili i soprusi contro i quali ci eleviamo e chiediamo un minimo - quasi simbolico- di giustizia. Non ho ancora incontrato un solo uomo politico, un solo parlamentare, un solo socialista, un solo comunista, un solo giornalista-democratico, che abbia mostrato altro riflesso di quello, patetico, imbarazzato, più spesso squallido e vergognoso, della preoccupazione personale e del consiglio alla rassegnazione e al piegare capo e coscienza contro la violenza della corruzione d'ogni virtù civile cui ci ha ridotti l'ignobile regime della Democrazia cristiana.
Vi sono, certo, i prestigiosi che hanno firmato il loro appello, così esplicito, grave e consapevole, che hanno attorno a sé l'umanità di una vergognosa censura su tutti i giornali, dove il radicato e inconsapevole clerico-fascismo di un Piccoli è meno disperante (alla lettera: senza speranza) del cinismo corporativo, della prepotenza di impotenti e di servi, dell'ignoranza democratica e della mediocrità umana e civile dei mestatori e organizzatori pseudo-democratici della nostra stampa. E gli altri che stanno aderendo, spesso con angoscia e incredulità, quando i tam-tam radicali riescono a raggiungerli, attraverso la giungla chiassosa e invadente dell'impresa di disinformazione pubblica e pseudo-privata del potere.
La misura dell'intelligenza e della deontologia professionale spetta, con un esempio, ancora a La Stampa dei Levi e dei Casalegno: hanno finalmente sottoscritto qualche rigo sui radicali: non in occasione di processi, di arresti, di prese di posizione politiche, di questi digiuni, dell'appello: no. Vi sono stati costretti quando, a Torino, a due passi dal giornale, Giuliana Cabrini, D'Aloisio, Rocca, si sono incatenati per ore in segno di protesta. Ma lo scandalo vero è un altro: che nessuno - "nessuno" - nessuno abbia da sei mesi almeno ritenuto che valesse un rigo di informazione la linea e l'azione politica del Partito radicale.
Ma come potrebbero costoro, i politici che tacciono nei loro partiti e in Parlamento - con la sola eccezione di Umberto Terracini, e con Loris Fortuna ferreamente rientrato anche lui nei ranghi; i giornalisti (sono diecimila: e chi c'è oltre a Vittorio Gorresio, di questi tempi, e a Nicola Matteucci, che si sia degnato di menzionare se non altro le persecuzioni contro i radicali e non abbia temuto di sputtanarsi con qualche serio accenno di polemica laica?) "antifascisti, laici e democratici", rimproverare ora a Giovanni Leone, Ettore Bernabei, ai loro vertici burocratici e padronali, la paralisi sull'aborto, l'uso fascista della Rai-Tv, la discriminazione violenta contro le minoranze? Quando essi, tutti, al loro livello di responsabilità, l'hanno praticata pienamente? Come potrebbero i compagni comunisti farlo, quando essi continuano ad amministrare l'area dell'opposizione, e dell'informazione di opposizione, con gli stessi criteri di Bernabei e di Pasquarelli?
Scrivo questi appunti per tentare di bilanciare lo sforzo, che non approvo, di quei compagni che rischiano di giocare su "sensibilità umane" e "solidarietà" generiche e personali in appoggio al nostro digiuno e alla nostra lotta. Ma non possiamo consentire nemmeno per un attimo di apparire come dei petulanti: siamo invece degli "accusatori" che esigono giustizia. Null'altro. L'onorevole mendicità dei laici della quale ho spesso parlato e scritto prosegue: ma verso gli umili come noi, non verso i poveri e protervi servi-padroni del potere.
La via è, innanzitutto, quella scelta dai compagni di Ivrea e di Cesena; e quella dei tanti compagni del PR che continuando a fare il loro compito per il successo degli otto referendum continuano a rafforzare o difendere la speranza, in un tempo che è di violenza e di paura, nausea e disperazione. Penso che possiamo ancora farcela.
In fondo, l'immondo regime potrebbe avere ragione, anche se ci sembra incredibile: potrebbe bastare forse mezz'ora radiotelevisiva, fra mille altre, a noi e a Dom Franzoni, per colpirlo più gravemente di ogni altra opposizione. Allora insistiamo.
Può anche darsi che Bernabei si lasci prendere la mano dal suo senso della regìa; vorrà che noi si vada alla Rai-Tv solo nutriti di sonde. Sarà un duro spettacolo e per una volta un pezzo di antologia, che questi tetri e violenti principi che ci governano possono anche essere disposti a rischiare. Ma non è detto che a morirne saremo noi.
Tutti sentono lezzo di morte e di corruzione: e - fra digiuni e indigesti - non annusano affatto dalla nostra parte.