di Giorgio BoccaSOMMARIO: Marco Pannella conduce per novanta giorni un digiuno per perché la Rai-Tv fissi una trasmissione di 15 minuti riservata alla LID e un'altra a Dom Franzoni; il Pr sia ricevuto dal Presidente della Repubblica Leone; il Parlamento garantisca i tempi regolamentari di discussione del progetto di legge sull'aborto e sul voto ai dicottenni; la proprietà del quotidiano Il Messaggero garantisca il rispetto della linea democratica e laica assunta dalla redazione. Spezza la cortina di silenzio sull'iniziativa radicale Pier Paolo Pasolini con un articolo pubblicato dal "Corriere della Sera" come "tribuna aperta" [testo n. 1356]. Giorgio Bocca interviene nel dibattito affermando che "Pannella, i radicali, i loro amici della LID, i cattolici del »no hanno combattuto in questi anni a mani nude senza torcere un capello a nessuno e non riescono ad avere venti o dieci minuti per dire la loro. Ma i rivoltosi di Reggio insorti contro lo Stato con le armi sono liberi e a suo tempo hanno avuto incontri con i signori mi
nistri, hanno trattato da pari a pari con questori e prefetti. Bisogna alzare le barricate nelle vie di Battipaglia o di Eboli per ottenere qualcosa nel nostro paese? Si direbbe di sì".
(L'ESPRESSO, 28 giugno 1974)
La notizia che Marco Pannella è stato ricoverato in clinica e rischia la vita perché la presidenza della Repubblica rifiuta udienza a lui e alle minoranze che lottano per i diritti civili, ha avuto scarsa eco sulla stampa di partito e nessuna alla Rai Tv: segno che il compromesso storico è già operante quando si tratta di evitare ai grandi partiti, ai grandi poteri, il fastidio di un caso di coscienza e l'angoscia di un serio ripensamento sul regime. E molto triste che anche i partiti della sinistra, anche i comunisti, si nascondano dietro il paravento legalitario quando si tratta di discutere casi come quello di Pannella o del finanziamento al MSI.
Se i partiti della sinistra fossero stati allo stretto legalitarismo non ci sarebbe stata opposizione né a Hitler né a Mussolini, consacrati al potere da votazioni plebiscitarie; contro il legalitarismo di questo tipo, da Codice Rocco, da prefetti e da questori parafascisti, da magistrati reazionari, una sinistra degna del nome non può che battersi. E invece i partiti della sinistra assieme a quelli dell'arco costituzionale decidono che è legge ogni loro compromesso e che coloro i quali non accettano i loro compromessi sono eretici, banditi: nel migliore dei casi, dei rompiscatole da emarginare. Con questa stupenda filosofia democratica siamo arrivati al punto che il presidente della Repubblica riceve Almirante, conversa amabilmente nei giardini del Quirinale con Romualdi o con Nencioni, ma rifiuta di incontrare quegli italiani che hanno prima ottenuto, quasi da soli, l'istituzione del divorzio in Italia, e poi hanno contribuito a difenderlo.
Ma, si dice, esiste una questione politica che, com'è noto, è l'arte del possibile. I radicali alla Pannella, osserva Pajetta, hanno presentato alcune proposte di nuovi referendum, che getterebbero il paese nel caos e che sono assurdi, subito dopo la dura prova sostenuta dal paese sull'istituto del divorzio. Il ragionamento di Pajetta è troppo semplice, troppo facile per essere credibile: egli sa bene che i radicali hanno proposto i nuovi referendum come gesto e non come fatto politico; per tener sveglia l'opinione pubblica, per impedire che i silenzi o le mezze parole di questo maledetto, gretto e pusillanime compromesso storico riportassero l'Italia ai suoi abituali torpori.
E in parte così è avvenuto: per le televisioni straniere, per le concentrazioni e le lottizzazioni della stampa, per la riforma della televisione. Tu dai qualcosa a me e io do qualcosa a te: tu non tassi i redditi alti e io non pago le cento lire sulle medicine delle mutue; tu risolvi il problema postale destituendo alcuni funzionari marginali o innocenti e io confermo il blocco dei trasferimenti con il quale, ce lo spieghino i signori sindacalisti, sa Dio quale riforma o razionalizzazione delle poste è mai possibile.
C'è ancora un argomento in favore di Pannella e dei cattolici del no a cui si negano e l'udienza presidenziale e lo spazio televisivo. Sono ormai sei anni che presidenti della Repubblica, delle Corti d'appello, del Consiglio, della Camera, del Senato ci ripetono incessantemente che bisogna lottare contro la violenza. Ma i fatti dicono che da noi è la violenza a vincere, regolarmente, e la non violenza a perdere. Pannella, i radicali, i loro amici della LID, i cattolici del »no hanno combattuto in questi anni a mani nude senza torcere un capello a nessuno e non riescono ad avere venti o dieci minuti per dire la loro. Ma i rivoltosi di Reggio insorti contro lo Stato con le armi sono liberi e a suo tempo hanno avuto incontri con i signori ministri, hanno trattato da pari a pari con questori e prefetti. Bisogna alzare le barricate nelle vie di Battipaglia o di Eboli per ottenere qualcosa nel nostro paese? Si direbbe di sì.
I legalitari diranno che il presidente della Repubblica e la magna televisione non possono occuparsi di tutti i gruppuscoli politici che appaiono e scompaiono in Italia. Ma dietro ai radicali, dietro ai cattolici del no ci sono stati, nelle lotte per i diritti civili, milioni di italiani. Il fatto è che a certa sinistra, interessano più gli ipotetici e, a mio avviso, inesistenti lavoratori progressisti iscritti alla DC che non i milioni di cattolici, questi sì esistenti, che hanno detto no all'abolizione del divorzio e al suo significato reazionario.