di Renato GhiottoSOMMARIO: Pier Paolo Pasolini è l'unico che scrive un articolo (Corriere della sera del 16.7 1974 - testo n. 1356) di analisi sul digiuno che Marco Pannella sta conducendo da oltre 70 giorni (Gli obiettivi: diritto d'accesso della LID alla Tv nel dibattito relativo al referendum sul divorzio; udienza del Presidente della Repubblica Leone; discussione alla Camera della proposta di depenalizzazione dell'aborto; garanzie sulla linea laica de Il Messaggero). Pasolini afferma che i radicali e Pannella sono i reali vincitori del referendum del 12 maggio mentre gli sconfitti sono, per motivi diversi, Fanfani e Berlinguer.
Replicano duramente, sempre sul "Corriere", Maurizio Ferrara (testo n. 1606) e Giuseppe Prezzolini (testo n. 1607). Marco Pannella risponde a questi ultimi dalle colonne de Il Mondo (testo n. 1183). Rispondendo a Pannella, la Voce Repubblicana afferma che Il Mondo avrebbe pubblicato lo scritto di Pannella "con qualche vergogna".
Con un articolo siglato dal direttore de IL MONDO, il settimanale rivendica invece la sua sintonia con le battaglie "liberali" e per l'affermazione dei diritti civili di Pannella e con il suo metodo nonviolento.
(IL MONDO, 15 agosto 1974)
Nel numero precedente de "Il Mondo" abbiamo offerto a Marco Pannella l'occasione di rispondere a coloro che su di lui e sulla sua azione politica avevano discusso su "Il Corriere della Sera"; era nostro dichiarato proposito dare spazio, come avevano già fatto durante la compagna per il referendum, alle persone e ai gruppi che conducono una loro battaglia per le libertà civili e che difficilmente trovano accesso ai normali mezzi di comunicazione. Curiosamente, e lo faceva notare lo stesso Pannella, mentre da qualche settimana su giornali e periodici si parla di lui, ci si dimentica alla fine che anch'egli ha qualcosa da dire sui giudizi e sulle opinioni di chi lo giudica e commenta.
Rispondendo all'articolo di Pannella con modi di pacata polemica, "La Voce Repubblicana" suppone che noi abbiamo pubblicato quello scritto "con qualche vergogna". Non è così. Non condividiamo le idee di Pannella su molti argomenti, né siamo soliti usare i suoi modi polemici nella nostra critica ai partiti, ma pubblichiamo i suoi interventi con un senso vivo di solidarietà per la battaglia di fondo che egli conduce da anni rischiando di persona: la battaglia per i diritti civili. E' dunque con fierezza che, nel dare il nostro appoggio ai cittadini e ai gruppi non-violenti, impegnati in una solitaria, fantasiosa e irriducibile richiesta di libertà, ci richiamiamo alle tradizioni di questo giornale. Non vogliamo ripetere qui gli argomenti che più volte abbiamo ricordato ai nostri lettori: la cultura liberale da cui nasce "Il Mondo"; il rapporto dialettico da esso sempre mantenuto con la cultura marxista; l'impegno non-partitico nel partecipare alla vita politica e nello smascherarne i falsi miti, le piccole e g
randi viltà; sono temi ripresi anche di recente da Nicola Matteucci ("Il Mondo" N· 29). Ma vogliamo dire che su un punto Pannella ci trova del tutto d'accordo con lui: quando afferma che i "realisti" della politica ci stanno conducendo in malora.
Chi sono questi cultori di una politica del "reale"? Sono, purtroppo, la maggioranza dei nostri uomini di governo e di partito, per i quali la realtà del paese si restringe man mano a sempre più ridotte astrazioni, che perdono nelle risse per il potere il tempo e l'ingegno necessari per esercitarlo, che sprecano in trame ottuse e settarie l'incarico di rappresentanza che hanno ricevuto dai cittadini. Per la maggioranza della nostra classe politica, va guardata con compatimento ogni manifestazione personale o isolata che intende esprimere, nella varietà che è concessa alla creatività dell'uomo, un modo "diverso" di fare politica: diverso da quello che i partiti organizzati considerano "realistico". Peggio ancora, sono le stesse libertà civili, reclamate da persone e da gruppi, a essere ritenute un "disturbo" (concrete come sono, reali davvero), un intralcio, un inopportuno soffio di vita nell'accademia imbalsamata dei giochi di potere e di corrente.
Così si spiega perché, invischiati in un referendum che avrebbero voluto evitare a tutti i costi, i partiti scoprono d'improvviso che il paese arretrato, superstizioso, rinunciatario, che essi credevano di rappresentare, non esiste; e che, dunque, questo paese che vota "no", lo rappresentano meglio i Marco Pannella e le leghe per il divorzio, gli irregolari della politica, gli assetati di libertà.
Per episodi come questi, diminuisce ogni giorno in Italia (lo vediamo senza stupore ma con dolorosa preoccupazione) la fiducia nei partiti. E come potrebbe essere diversamente, se gli stessi partiti hanno un'idea della libertà, quella di espressione per esempio, così pavida, che deve intervenire una sentenza della Corte Costituzionale a condannare implicitamente l'illiberalità del loro accordo (quello del cosiddetto "doppio telegiornale") sulle trasmissioni televisive? Ma di che ci meravigliamo, quando siamo costretti a batterci sempre in ritardo per reclamare diritti che in altri paesi sono con questa già antica, quando molta parte della nostra classe politica considera "prematuro" parlare di una legislazione sull'aborto e intanto una ricerca promossa da "Panorama" dimostra che la maggioranza degli italiani è di parere contrario? E non si dica che altri problemi vengono prima, non si usi la crisi economica come argomento per negare o mascherare la crisi politica che è la causa prima anche delle nostre stret
tezze. Se per un'ipotesi (che purtroppo è pura fantapolitica) la nostra economia si risollevasse miracolosamente, sarebbe risolta per questo l'altra crisi, ben più grave, rappresentata dal decadimento e dalla sclerotizzazione della nostra classe politica?
I partiti che s'intitolano al progresso dell'uomo, i partiti laici, ricevono dalle loro stesse origini storiche l'insegnamento che non c'è né sinistra né progresso senza un continuo combattimento per la libertà della persona; che dove questo combattimento è rifiutato, lì muore anche la funzione dei partiti, e la stessa democrazia. In tempi non belli, come questi in cui viviamo, il pessimismo più diffuso è quello politico: la gente parla del colpo di stato come scherzando, quasi che nemmeno la perdita della libertà sia più una cosa seria. Proprio in questi tempi ci dobbiamo ricordare che l'unica storia veramente positiva del genere umano è quella della conquista dei diritti civili: da quando il cittadino inglese fu difeso dall'habeas corpus, che uguagliò nel diritto i nobili e i plebei, da quando i negri d'America salutarono la fine della schiavitù, sul cammino della libertà personale si è sempre andati avanti. Come ogni storia, anche questa ha i suoi momenti morti, ha paurose zone oscure nelle quali infuria
la follia dei dittatori, ha le sue sconfitte, ha illusioni e falsi scopi. Come ogni storia anche questa viene interpretata ideologicamente, e c'è chi ci spiega che la schiavitù è cessata nel momento in cui le nazioni negriere non avevano più convenienza economica a mantenerla. Tuttavia noi crediamo, e constatiamo, che solo nei paesi veramente avanzati nelle libertà civili, la politica e la vita sociale sperimentano schemi diversi dai nostri, si rivolgono - visibilmente - al futuro.
Per questo diffidiamo del cosiddetto realismo dei nostri politici. Per questo non riusciamo a vedere perché (al di là dei casi personali) si possa guardare con compatimento a gente che lotta per l'avvenire, magari confusamente quanto ai modi ma chiarissimamente quanto agli scopi, rischiando la salute e la vita. D'accordo, Pannella non è Gandhi; ma non sarebbe cosa più giusta, e alla fine anche più accorta, valorizzare le aspirazione e gli sforzi degli isolati, dei non-violenti, dei pazzi di libertà, invece che tentare di "abrogarli"? Del resto Pannella è diventato un "caso", al di là della suggestione che il personaggio esercita, perché i partiti lo hanno lasciato vagare, praticamente solo, in uno spazio politico quale quello dei diritti civili, che si va rivelando - con sorpresa, forse, di chi non ha pensato ad occuparlo con impegno - vasto e importante ogni giorno di più.
I nostri realisti della politica vedono più il presente che il futuro, hanno spesso la gelosia dei vecchi e la loro paura del nuovo. Ignorano per anni lo stato del mondo e invocano un nuovo modello di sviluppo quando gli sceicchi chiudono il rubinetto del petrolio, salvo a dimenticare tutto quando il rubinetto si riapre; temono di parlare di aborto o, domani, di controllo delle nascite, ma non pensano ai sette miliardi di individui che fra trent'anni bruceranno ciò che rimarrà del nostro verde mondo.
Su questi temi, che sono davvero la realtà e la politica di oggi, (se non vogliamo che diventino la tragedia irrimediabile di domani), devono potersi dichiarare anche i giovani, coloro ai quali abbiamo oscenamente preparato la minaccia di una vita degradata. Per questo ci batteremo, con i partiti o con gli isolati, con i cittadini, perché si dia il voto ai diciottenni; ci batteremo perché la donna non sia schiava e vittima della maternità. Con "rabbia liberale", nella tradizione de "Il Mondo". Poiché questa è anche la tradizione dei partiti laici, speriamo ancora che ci troveremo in buona compagnia.