Rai-Tvdi Maria Adele Teodori
SOMMARIO: Il 20 settembre il leader radicale marcerà sulla Rai-Tv per chiedere la sostituzione dei suoi dirigenti e la piena riforma dell'ente. Per intanto si rivolge, con poco successo, ai pretori
Il Manifesto del Partito radicale e della LID con il quale s'indice la "marcia contro la Rai-Tv" e si chiedono le dimissioni del direttore generale della Rai Ettore Bernabei.
Il Commento di Alberto Dall'Ora sulla sentenza della Corte Costituzionale a proposito del monopolio Rai-Tv.
(L'ESPRESSO, 15 ottobre 1974)
Roma. Più che una guerra è una guerriglia quella che i radicali combattono contro la Rai-Tv, con mosse a sorpresa a seconda del fianco scoperto; là viene indirizzata la freccia e se oggi la freccia è un sit-in, domani sarà una denuncia o una marcia.
E se subiscono una sconfitta, rilanciano subito una entusiastica miriade di iniziative. Ad esempio, questo insolito processo. Un giornalista radicale, Roberto della Rovere, ha ricorso il 5 agosto presso la Pretura civile, quale utente televisivo, chiedendo "provvedimenti urgenti" affinché l'ente rispetti quelle condizioni precisate dalla famosa sentenza numero 225 della Corte costituzionale: completezza e obiettività dell'informazione, apertura a tutte le correnti culturali, imparzialità e correttezza, diritto d'accesso alle componenti politiche sociali religiose. Il monopolio Rai, secondo il partito radicale, sarebbe legittimo soltanto se garantisse tutte quelle condizioni; invece da almeno dieci anni è fuorilegge, in situazione illegale, non assicura nulla né ha mai assicurato nulla di quanto richiestogli dalla Corte costituzionale. Tuttavia la sentenza del pretore Giovanni Placco qualche giorno fa ha dato torto all'utente radicale (vedi l'articolo di Dall'Ora). Così la Rai, osservano al partito radicale,
continua a essere sempre un'istituzione "legibus soluta" cioè svincolata da ogni controllo giurisdizionale.
"E' un'ordinanza", ha commentato il giurista Stefano Rodotà, "che guarda indietro, che utilizza tutto l'apparato messo a punto per esaltare i privilegi dell'amministrazione ed escludere ogni forma di controllo da parte dei cittadini". Anche un altro utente radicale, Angelo Pezzana, a Torino, non ha avuto soddisfazione da quella pretura dove aveva presentato un'istanza simile: il pretore ha respinto il ricorso per incompetenza territoriale.
Ma i radicali non si sono dati per vinti. Lanciato lo slogan "Bernabei via" hanno subito denunciato il direttore generale per truffa aggravata in danno degli utenti e per omissione di atti d'ufficio. Questa volta la denuncia era firmata dal presidente del partito radicale professor Angiolo Bandinelli, da Gianfranco Spadaccia della segreteria nazionale e da Walter Baldassarri della giunta esecutiva. Né l'offensiva si è esaurita qui. Terminati i 94 giorni di digiuno di Marco Pannella, gli addetti ai lavori si chiedevano cosa mai d'altro avrebbe potuto inventare il leader radicale per continuare ad attizzare l'attenzione dell'opinione pubblica con tanta continuità. La risposta è stata una raffica di nuove azioni giudiziarie. "La Rai-Tv sul piano dell'informazione ha compiuto reati comuni e danni civili", spiega Pannella, "per i quali denunciamo i dirigenti come comuni delinquenti alla magistratura e chiederemo risarcimenti a livello corrispondente ai finanziamenti pubblici assicurati ai partiti...".
Assieme ad altri movimenti per i diritti civili, il partito radicale presenterà ricorso al pretore, come gruppo politico, per ottenere i tempi radiofonici e televisivi necessari alla propaganda della proprie posizioni politiche; alcuni militanti in veste di utenti presenteranno altri ricorsi in almeno venti città; infine è in preparazione il ricorso per via amministrativa al ministero delle Poste.
Ma il momento culminante della "guerriglia" sarà la "marcia" su viale Mazzini e via Teulada, il 20 settembre, data scelta in memoria della breccia di Porta Pia, cui parteciperanno diecimila persone, intellettuali, studenti, operai, non violenti, per "restaurare subito la legalità dell'informazione". La marcia avverrà - non a caso - mentre le sinistre chiedono la riforma dell'ente radiotelevisivo: "Non può essere Bernabei a gestire la ristrutturazione dell'ente alla vigilia della riforma", spiega Pannella. E' per questo che l'invito a partecipare è stato rivolto anche ai sindacalisti e a partiti come Psi e Pci. Ancora in fase di trattative, i radicali sono ottimisti. L'atteggiamento dei due partiti è infatti cambiato. La tepida curiosità del primo e la guerra fredda del secondo sono sfociati in una stretta alleanza e in una cordiale attenzione. C'è voluta una girandola d'incontri iniziata a luglio, con crescendo d'importanza, un tour de force cui si sono sottoposti tutti gli esponenti radicali per incontrare
dai presidenti dei gruppi parlamentai fino ai segretari dei partiti democratici compresa la Dc, Gianni Agnelli, i presidenti dell'Eni e dell'Iri. E' così che il Psi ha fatto propri molti degli obiettivi radicali ritenendo giustificate le preoccupazioni sulla crisi del Parlamento e riconoscendo l'importanza dei metodi di lotta libertari (compreso il digiuno).
Molto più eclatante è stato l'incontro di Pannella con Berlinguer (non si vedevano da vent'anni, dal tempo delle battaglie politiche nell'ateneo romano). Pannella era emozionato e sudato, Berlinguer ha rovesciato la tazzina di caffè mentre si parlava di aborto. Dopo anni di polemiche il Pci ha scelto il rapporto della correttezza, ha assicurato piena collaborazione agli obiettivi radicali e "l'Unità", dopo silenzi memorabili di decenni, ha persino pubblicato la data del prossimo congresso radicale.
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Il Loro Manifesto
"Il 19 e 20 settembre si svolgeranno a Roma, indette dal partito radicale, dalla Lid, dalle leghe per i diritti civili, manifestazioni popolari ed una "Marcia contro la Rai-TV", per chiedere le dimissioni del direttore generale, Ettore Bernabei, e degli altri massimi dirigenti dell'ente, e per una gestione dei servizi di informazione di Stato, che sia finalmente rispettosa dei diritti costituzionali.
"Con le sue sentenze, la Corte costituzionale ha infatti solennemente proclamato l'illegalità e l'incostituzionalità dell'informazione radiotelevisiva, così come da almeno dieci anni è stata praticata ed imposta al paese dalla Rai-Tv. Un minimo di costume democratico e di rispetto della legalità repubblicana avrebbe imposto ai dirigenti della Rai-Tv di dimettersi, al governo di dimetterli. Questo non è accaduto. Anzi, ufficialmente, si affida agli stessi uomini, colpevoli di aver sequestrato a fini settari e di regime l'informazione e i diritti costituzionali del cittadino, di aver sperperato centinaia di miliardi per assicurare copertura e dignità democratica al partito clericale ed assassinare i diritti civili delle minoranze e delle maggioranze reali e popolari, il compito di organizzare quella ristrutturazione dei servizi radiotelevisivi che dovrebbe garantire l'attuazione della riforma e quindi una informazione democratica alla Rai-Tv.
"Tutto ciò è immorale, antidemocratico. Ancora una volta si assicura impunità ai responsabili di una grave strage di diritti, di leggi, di democrazia. Uno Stato, una società che garantiscono immunità e sempre più potere a chi è colpevole di flagrante e costosa violenza anticostituzionale delle istituzioni, non possono pretendere di vedere rispettata la legge, e forniscono un esempio mortale per la vita civile. Non è possibile preparare e giungere alla riforma in questa situazione. Sarebbe suicida. Il partito radicale ha chiesto ufficialmente la immediata rimozione o la sospensione dall'incarico del direttore generale della Rai-Tv e degli altri massimi dirigenti dell'ente; una serie di iniziative giudiziarie è stata promossa in tutta Italia, per ottenere che sia interrotto il danno flagrante subìto dagli utenti e siano emanate norme che immediatamente restaurino, almeno a livello formale, la legalità alla e della Rai-Tv.
"Rivolgiamo ora un appello a tutti i democratici, alle forze politiche e sindacali per ampliare queste lotte, per ottenere l'immediata destituzione di Bernabei e la reintegrazione di un minimo di legalità a partire dalla sentenza della Corte costituzionale.
"Per il 19 e 20 settembre, su questi obiettivi e in appoggio ad una seria riforma, sono state indette, a Roma, manifestazioni popolari e una marcia contro la Rai-Tv. Agli intellettuali, ai lavoratori dell'informazione, a tutti i democratici, alle forze politiche e sindacali, chiediamo di aderire e di partecipare a questo primo, pregiudiziale, momento di impegno politico e civile".
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NON E' MAI TROPPO PRESTO
di Alberto Dall'ora
Si, è vero, la Corte costituzionale, con la recente sentenza riguardante il monopolio della Rai-Tv, ha solennemente affermato taluni sacrosanti principi; ha detto in modo chiaro che il monopolio del servizio radiotelevisivo in tanto è concepibile e tollerabile in una Stato democratico, in quanto le prestazioni dell'ente siano conformi a obiettività, imparzialità e completezza di informazione. E quindi se monopolio ha da esserci, bisogna tuttavia che sia assicurata la facoltà di accesso al mezzo televisivo anche ad enti, associazioni, gruppi di cittadini, sebbene non organizzati in partiti. Ebbene possono questi principi, trovare immediata applicazione? Questo, nella sostanza, è il problema che è stato trattato e giudicato dal pretore di Roma con decisione pronunciata il 3 settembre. Ma l'amara conclusione cui si perviene dopo la lettura della cinquantina di pagine del provvedimento pretorile, è che quei principi restano per il momento lettera morta.
"Non sembra potersi riconoscere all'utente del servizio radiotelevisivo quella protezione immediata e diretta del suo interesse ad una prestazione radiotelevisiva rispondente ai canoni dell'obiettività, imparzialità o completezza d'informazione, che non gli è dato di esigere per via giudiziaria, essendo rimesso, al momento, soltanto alla discrezionalità dell'ente concedente" (cioè la Rai-Tv), nell'ambito della sua autonomia imprenditoriale". E i principi stabiliti dalla Corte costituzionale? Possono valere, continua il pretore, come "criteri vincolati di orientamento dei pubblici poteri".
Ma allora, se questa è la risposta della magistratura ordinaria, bisogna chiedere con la maggiore fermezza che governo e Parlamento, destinatari riconosciuto delle indicazioni della Corte, si muovano immediatamente perché, con legge, siano poste le regole precise e soprattutto le garanzie di attuazione di quei principi.