Prefazione di Marco PannellaSOMMARIO: Più che una prefazione al libro di Mellini, "1976 brigate rosse: operazione aborto", Marco Pannella traccia l'itinerario possibile della lotta per la legalizzazione dell'aborto. Una lotta che, come le altre condotte dai radicali, non deve svolgersi solo sul piano culturale e teorico ma portare alla concreta approvazione di una legge. In questo contesto, un duro e amaro richiamo al deputato Loris Fortuna che, in una intervista ad un settimanale spagnolo, afferma di aver presentato la legge sull'aborto, ma di non volere che si discuta in Parlamento: "Preferisci la discussione culturale, filosofica y medica, per vedere se esiste una base di accordo. E' una indicazione che vale anche per la Spagna: perfetta. Anche lì, anziché rompere l'unità ora fascista, domani antifascista, in attesa dell'»alternativa successiva, converrà esser realisti e »preferire allo scontro ideale e politico la discussione con filosofi, medici e acculturati. Tanto loro non abortiscono: anch'essi hanno tempo. Come i politici. B
asta qui e basterà lì »fare la mossa per il pubblico, il popolo bue, e le vacche che bolsamente s'ingravidano". Nonostante questi atteggiamenti rinunciatari del "padre" del divorzio, lo scadenzario radicale viene delineato con precisione: tre anni o poco più per arrivare al voto della legge sull'aborto [previsione esatta poiché la legge sull'aborto sarà approvato nel maggio 1978, a tre anni e sei mesi da questo articolo - n.d.r.]; da febbraio raccolta delle firme per un referendum che potrà tenersi nel 1976. Per Mauro Mellini riserva le parole di maggiore gratitudine: "Se dovessi indicare un anti andreotti, nel nostro paese, per scelta, moralità, cultura, politica, carattere, stile di vita, non saprei trovare nulla di meglio che Mauro, Mauro Mellini". "Non sa nemmeno cosa sia il potere: per lui il Re è nudo e basta: perché pensa che i suoi occhi non siano diversi da quelli di ogni altro". E' un laico, davvero. Non conosce verità che per spartirla, nutrirne, tramandarla".
(Mauro Mellini, "1976 brigate rosse: operazione aborto", savelli editore, Roma 1974)
Un giornalista spagnolo ha appena finito di intervistarmi. Mi ha lasciato una copia del suo giornale: »Gentleman . Qualche settimana fa un commando di »Cristo Re a Madrid, ne ha devastata la sede. Il settimanale cerca di incidere in qualche modo sul costume iberico in senso europeo, evocando situazioni e lotte d'altrove che possono forse muovere o formare anche in Spagna qualche corrente d'opinione più liberale e democratica. Il numero che ho dinnanzi annuncia in copertina: »Entrevista con L.Fortuna, padre del divorcio italiano . La scorro con curiosità, presto ben ripagata.
Un tempo, e per anni, con Loris e Mauro Mellini siamo stati uniti come tre moschettieri; come loro diversi e solidali. Ora non incontriamo più Fortuna, e non per nostra scelta.
Abbiamo sentito il dovere di mostrarci insieme la sera del 13 maggio, fra il popolo romano festante per la vittoria nel referendum, ma in realtà è dall'11 febbraio 1973 che non ci si vede.
Quel giorno, anniversario dell'infausta Conciliazione fra stato e chiesa fascisti, Fortuna depositò sul tavolo della Presidenza della Camera il suo progetto di nuova disciplina dell'interruzione volontaria della gravidanza, iniziativa della quale da un paio d'anni il Partito Radicale (cui tutti e tre appartenevamo) s'occupava ormai con energia, e che insieme avevamo presentato ai giornalisti della stampa estera un paio di settimane prima. Da quel momento non abbiamo cessato un attimo di lottare con campagne politiche, raccolte di firme per referendum abrogativi, comizi, autodenunce e digiuni, contatti e pressioni con le Presidenze delle Camere, le Segreterie dei Partiti, i settimanali, i quotidiani; »noi , radicali e femministe del Movimento di Liberazione della Donna.
Cosa abbia fatto e pensi Fortuna è ora pubblico, almeno a Madrid. Il suo spagnolo suona chiaro; come il latino democristiano in tema di divorzio. Non è necessario tradurlo, basta trascriverlo. Ecco, dunque, alcune parti dell'intervista. L'intervistatore ha appena notato che lo scontro sull'aborto s'annuncia ancora più duro di quello sul divorzio.
Fortuna: »Y por eso no doy batalla en
este terreno. Prefiero la discusión cultural, filosófica y médica, para ver si existe una base de acuerdo. Pero sin forzar un choque .
Gentleman: »O sea, su ley sobre el aborto dormirà en el Parlamento. No se toca .
Fortuna: »Ninguna presión. He presentado la ley, pero no tengo intención de que se discuta .
Gentleman: »Ni acelerar los tiempos .
Fortuna: »No, no .
L'onorevole deputato socialista italiano ha dettato un'epigrafe per il Parlamento che dovrebbe essere repubblicano; fornito un esempio di costume democratico nazionale ai lettori spagnoli, per il futuro che li aspetta: »Ho presentato la legge, ma non intendo che si discuta . Está muy claro, amico Loris. La legge dormirà. Non si tocca. Non »pressioni . Preferisci la discussione culturale, filosofica y medica, per vedere se esiste una base di accordo. E' una indicazione che vale anche per la Spagna: perfetta. Anche lì, anziché rompere l'unità ora fascista, domani antifascista, in attesa dell'»alternativa successiva, converrà esser realisti e »preferire allo scontro ideale e politico la discussione con filosofi, medici e acculturati. Tanto loro non abortiscono: anch'essi hanno tempo. Come i politici. Basta qui e basterà lì »fare la mossa per il pubblico, il popolo bue, e le vacche che bolsamente s'ingravidano.
»Châteaux en Espagne , dicono i francesi per evocare sogni proibiti. Ma questo castello spagnolo di Fortuna è da incubo. Dimentichiamolo. E speriamo nel ritorno del figliol prodigo: per esperienza egli sa che il vitello più grasso gli sarà riservato.
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Se l'Organizzazione Mondiale della Sanità, con le sue cifre, ha ragione, oggi, 15 novembre 1974, abortiscono clandestinamente, saranno macellate moralmente e fisicamente 4.100 donne nella sola nostra amata Patria del diritto e della cattolicità. Se sono invece le compagne femministe a dare una valutazione esatta, la fabbrica d'angeli produrrà in questa bella giornata, per le pattumiere nazionali, 8.200 feti. Per ognuna di queste nostre ore 341 uteri saranno raschiati. Per ogni minuto che passa mentre scrivo, vi sono cinque di questi drammi; o tragedie. Una catena di montaggio del delitto, della tortura che rende un minimo di cento miliardi di profitto immediato e diretto, senza contare quelli successivi. Onde evitare qualche milione d'unità di carne d'esportazione nelle fabbriche straniere, che non potrebbero accoglierle, ogni anno; ora che le guerre non svolgono la loro salutare e radicale opera demografica.
Questa grande industria nazionale sembra l'unica che anziché andare in crisi, si accinga a svilupparsi ulteriormente. Sarebbe equo che la Repubblica venisse ormai rappresentata da altro che dalla testa d'una donna, con l'elmo di scipio che le cinge la testa. Anche nostra madre Chiesa. Oltre che con filosofi, medici e intellettuali, c'è di che discutere con cardinali, teologi, con pittori, poeti e magari navigatori.
L'intervista è qui, sul tavolo. Penso che, in questo momento, Barbarella è ormai sull'aereo, è diretta a Londra. Ieri sera era distrutta. Anche per lei la quotidiana colletta fra compagne e compagni ha funzionato. Non aggiungerà così al male altra angoscia: grazie anche a Mauro, al solito, che passa dalla difesa degli obiettori e dei militari nei tribunali speciali dell'esercito alla redazione gratuita di libri di lotta, a riunioni, comizi, all'assistenza dei ragazzi colpevoli d'uso di non droga, rei di sottrarsi al contributo generale e repubblicano, ai profitti da droga di regime; nicotina, alcool, o psicofarmaci che siano. Grazie a Mauro che non ha tempo né voglia di fare redditizie cause di divorzio a catena.
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Si facevan calcoli, l'altro giorno, su quando potrebbe »passare la nuova »legge Fortuna non tanto nel caso nefasto di adeguamento dei ritmi politici e parlamentari alle attuali intenzioni del suo proponente ma in quello di rispetto delle richieste radicali avanzate e accolte questa estate. Questi calcoli ci appaiono doverosamente interessanti. Consideriamoli.
Diamo non più di sei mesi alle Commissioni Sanità e Giustizia della Camera dei Deputati per terminare il loro esame in sede referente del progetto di legge. E' una previsione accettata solo dall'on. Frasca, Presidente della Commissione Sanità. L'on. Oronzo Reale, Presidente »repubblicano della Commissione Giustizia, ha rifiutato recisamente di associarvisi: la sua ideologia è lentocratica, è uomo rigoroso sul piano dei princìpi e del costume: non tollera interferenze al sovrano dovere del parlamento di »discutere seriamente i problemi gravi che sono posti sul tappeto verde della sua responsabilità.
»Discutere seriamente , si sa cosa significhi nella fattispecie. Ma ammettiamo in via di ipotesi che, a crisi risolta, a lavori del legislativo ripresi fra un'interruzione e l'altra dovuta a crisi dell'esecutivo, vacanze e dibattiti »generali in aula, si arrivi alla naturale conclusione del voto referente da parte di queste commissioni per fine primavera. Ipotizziamo che la Camera inizi in autunno il dibattito in aula e che lo termini dopo poco più di un anno (per il divorzio, il cui itinerario è stato considerato eccezionalmente breve e rapido, ce ne vollero tre). Siamo già nel febbraio 1977. Il progetto viene trasmesso al Senato: fra Commissioni e aula calcoliamo un paio d'anni, dopo i quali sarà necessario che il testo emendato torni a Montecitorio; per l'inizio del 1980, se tutto va bene, dunque, possiamo sperare che la più ignobile e immonda delle leggi della Repubblica, la più criminogena e delinquenziale fra le tanti esistenti, sarà »riformata .
In teoria. Non abbiamo infatti nemmeno preso in considerazione la probabilità che in uno dei tanti voti di commissione o d'aula il progetto venga affossato. Fioccheranno eccezioni di incostituzionalità, mozioni pregiudiziali, emendamenti soppressivi, proposte di Commissioni di studio e di Sotto commissione d'indagine. Non dimentichiamo che il 1· ottobre 1970 la proposta di legge sul divorzio, dopo cinque anni di discussione parlamentare, si salvò per un solo voto.
Non abbiamo nemmeno messo in conto un dato certo: al massimo nel 1977, se non già fra qualche mese, avremo la fine di questa legislatura, e le nuove elezioni. A quel punto, tutto sarà da ricominciare, »ab ovo o piuttosto »ab ovulo .
Ma compiamo ancora un gesto di ottimismo: assegniamo al nuovo itinerario un tempo breve, tre anni, tutto compreso, o poco più. Per arrivare al voto (non necessariamente all'approvazione), dunque, c'è da aspettare fino al 1981. Intanto si saranno avuti dai dieci ai venti milioni di reati d'aborto.
E' evidente, dunque, che chi ci accusa di irresponsabilità e di impazienza, chi non condivide almeno la richiesta radicale del rispetto da parte del Parlamento dei propri regolamenti e della propria funzione, magari prescindendo dalla drammaticità e dall'urgenza del problema, opera in realtà perché si arrivi ad altre generazioni perché sia risolto.
Da febbraio, il Partito Radicale tornerà perciò a raccogliere firme perché si tenga, nella primavera del 1976, un referendum abrogativo delle norme democristiane o fasciste dei codici, fra le quali quelle »sulla difesa della sanità e integrità della stirpe , incluse quelle sul procurato aborto. Creare almeno un vuoto legislativo, abrogare l'immonda legge è la sola via sicuramente percorribile per costringere ad aiutare il Parlamento a salvare, con la sua dignità e la sua funzione, il minimo decente di civiltà che in questo campo il paese attende di conquistare. C`è da sostenerlo, Lettori!
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Questo nuovo libro di Mauro Mellini aiuterà meglio a comprendere quanta suicida e proterva cecità morale e politica vi sia una volta di più nel preteso »realismo imposto, subito, vissuto dai quasi mille »rappresentanti del popolo e della nazione. Nella vicenda dell'aborto si riassume in modo esemplare la verità della politica italiana. Clandestino, di massa e di classe: questo è l'aborto necessario, difeso, promosso, prodotto dal sistema e dal regime. Un aborto che è quello della Repubblica, della Costituzione, della Resistenza: sono questi i primi tre feti della serie. Siamo eccessivi? Davvero folli?
Una ventata di saggezza radicale sta invece soffiando in quest'autunno che a troppi sembra il peggiore di questi vent'anni. La ventata della consapevolezza, della verità. S'aprono gli occhi che erano restati ostinatamente chiusi per non vedere quel che accadeva. Un Esercito dove la fellonia di generali e capitani ha avuto libero e esaltato corso. Una Televisione che la Corte Costituzionale ha sostanzialmente definito come fascista. Una Economia sbranata dai denti feroci del capitalismo pubblico e privato, dalla finanza vaticano mafiosa multinazionale dei Sindona dopo quella dei Virgillito, dei Marzollo. Un Parlamento paralizzato, ridotto dalla maggioranza clerico fascista a Camera dei Fasci di interessi di caste e delle Corporazioni. Una Sinistra. La più forte quantitativamente, rispetto ad ogni altra nazione di democrazia politica, ridotta ad una disperata difesa del barlume d'ordine che il regime può ancora consentire nel suo seno. Una Chiesa che ha ancora benedetto le armi incivili dei Fanfani e degli Alm
irante, i »suoi nuovi crociati dopo i Mussolini e i Graziani. Un Regime fondato sulla corruzione, sulle stragi, sul peculato, sulla violenza, sul ricatto, sulla menzogna, sulle avocazioni, sul finanziamento »pubblico del MSI e di ogni altro partito »parlamentare .
Una lotta politica ufficiale che è ridotta a un »Jeu de massacre . Una »socialdemocrazia che assume definitivamente il volto di un Tanassi, un »laicismo l'anima di Carlo Casalegno. I »socialisti ridotti a sperare, come il massimo di »socialismo proponibile nella concreta moralità politica di ogni giorno, nell'avvento di un governo »monocolore , tutto democristiano..
Questo nel Paese del 12 e 13 maggio 1974.
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In questa tempesta dove tutto sembra naufragare di nuovo e la paura devasta il potere (che, non potendo risolvere la crisi che ha preparato e prodotto, l'aggrava ulteriormente), il Partito Radicale tiene fermo il timone verso le lotte e l'approdo della conquista dei diritti civili. Le sue analisi e previsioni si sono rivelate le sole corrette e giuste. Il regime non ha avuto da tempo altra linea politica antagonista; né se ne scorgono all'orizzonte di nuove. E' tempo che questa linea si incarni in una formazione adeguatamente organizzata e popolare. L'armata Brancaleone, la corte dei miracoli radicale è in realtà classe dirigente espressa dalla gente, dalla unica e vera maggioranza silenziosa di questo paese: quella »silenziosa perché imbavagliata e soffocata da istituzioni statuali e politiche espressione d'un'epoca e d'un paese ormai scomparso.
Il nuovo »pamphlet che Mellini dichiara d'aver scritto per soddisfare il suo diritto a divertirsi e sorridere è invece (o proprio per questo) una nuova arma nonviolenta, politica al massimo, adeguata al fine che si prefigge, per il movimento radicale di liberazione sociale e politica, per una appassionante e appassionata nuova conquista di giustizia.
Una battuta di Andreotti, per vent'anni ha da sola espresso l'ideologia dominante, caratterizzante della classe politica italiana, in tutte le sue principali correnti:
»Il potere logora: ma solo chi non l'ha .
L'eleganza con cui questo leader cattolico italiano sa vestire la sua fede cinica sta però per fare il suo tempo. Gli riconosciamo volentieri, più che ad Alcide De Gasperi, la dignità di vero rappresentante della continuità e della ricostruzione dello Stato.
Ma i vecchi démoni della contro riforma che Andreotti ha creduto di poter cavalcare, contro l'angelo apparentemente inerme del cristianesimo e del laicismo, e della civiltà che annuncia e incarna, stanno giocandogli un brutto scherzo. C'è puzzo di bruciato, nell'aria. E viene ben più dalla parte del potere che dalla nostra...
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Se dovessi indicare un anti andreotti, nel nostro paese, per scelta, moralità, cultura, politica, carattere, stile di vita, non saprei trovare nulla di meglio che Mauro, Mauro Mellini. La sua umiltà vive davvero, nascosta ma sovrana. Non sa nemmeno cosa sia il potere: per lui il Re è nudo e basta: perché pensa che i suoi occhi non siano diversi da quelli di ogni altro. Così lo descrive e racconta, più che esclamare o denunciarlo. E' un laico, davvero. Non conosce verità che per spartirla, nutrirne, tramandarla. E' un volterriano, un enciclopedista, un umanista, un anticlericale, un »erudito per passione civile, per virtù repubblicana. Testimonianza d altri tempi, soprattutto futuri. La sua forza è impari, se la si confronta, civilmente e politicamente. Nella coscienza dei milioni di italiani che sanno ora dell'esistenza della Sacra Rota, la torbida e sporca giustizia ecclesiastica è morta senza nemmeno l'onore della sepoltura, il tempo d'un panegirico o d'una commiserazione. Lo si deve ai racconti, ai libri
, ai comizi, agli articoli e interviste di Mauro Mellini. A lui solo.
Se oggi abbiamo il divorzio, se centinaia di migliaia di persone hanno riacquistato un'oncia di dignità e di felicità, se famiglie si sono costituite che non erano altro che luoghi nefandi di »concubinato e di »reato , lo si deve, in primo tempo e luogo alla LID: e la LID è Mellini ad averla voluta, costituita, animata, difesa, con il Partito Radicale del quale fu nel 1956 fra i fondatori ed è stato il Segretario nazionale.
Nei Tribunali Militari ha difeso per anni, con argomentazioni e tesi politiche nuove e suggestive, ma soprattutto efficaci, obiettori di coscienza, giovani detenuti nei penitenziari perché colpevoli d'esser persone. Se avesse vissuto negli agi delle sue quattro mura di libri, delle aule della Cassazione, nel silenzio della cultura, del leggere, dello scrivere, sarebbe ugualmente stato il ribelle che è: nella lunga linea apparentemente spezzata dei Courier fino ai Cajumi. Ma la nostra è storia di militanti autodidatti, la conquista della nostra esistenza, per ora, è di aver guadagnato il nostro diritto a/e la capacità d'essere gente popolo, cittadini non ad intermittenza, senza irreparabili schizofrenie, con una nostra integrità. Così, io credo che l'avv. Mauro Mellini, borghese che non si rinnega ma si realizza nel rigore e nelle contraddizioni della lotta politica, per speranze e ideali antichi e nuovissimi, sia un radicale, un socialista, un rivoluzionario: molto più di chi professa più dure ideologie. Mel
lini non conosce e non esercita il potere del sapere ideologico, questo succedaneo classista della teologia, per cui tanti borghesi »occupano ormai, da decenni, i vertici e le istituzioni, statuali o partitiche, del movimento operaio e dei lavoratori. Il suo partito gli consente anche d'essere quel che gli sarebbe più difficile: un libertario.
Ma che »prefazione è mai questa, dove non si spende una parola per il libro che segue?
Non sono un critico, né un lettore credibile. Diveniamo inesorabilmente quel che abbiamo fatto e stiamo facendo. Non me ne lagno: ho le mie felicità, che sono diverse ma certo non minori di chi ha potuto e scelto, nella propria esistenza, di leggere e scrivere altro e meglio che con il ritmo e le urgenze militanti.
So solo che questo pamphlet è uno splendido dono di Natale, che servirà per più di un anno. Mellini l'ha buttato giù d'un solo soffio, e breve: i compagni non gli avrebbero consentito altro. Annuncia a noi tutti, alle »compagne del MLD, alle »compagne che »siamo (più che »avere ), oltre che ai compagni radicali e socialisti, che la battaglia contro l'immondo aborto clandestino e obbligato di Stato e di Chiesa, di massa e di classe, trova di nuovo, più capaci di allora, ormai decisi e senza altre apparenti e pretestuose »priorità , annuncia che chi ha saputo vincere contro il divorzio facile e immorale della Sacra Rota, è di nuovo sceso in campo. Ci ammonisce anche, nella parte che ci assegna in questa sua »rappresentazione di regime, parte prestabilita e omogenea alle altre, che se vorremo davvero e di nuovo vincere con tutti e per tutti, contro la felicità e i diritti di nessuno, dovremo profondamente rinnovarci, disordinarci, riinventare daccapo non solo il nostro modo di lottare, ma quello di essere e
di proporci.
Diventeremmo altrimenti rispettabili e inutili, patetici e sconfitti, come ogni Cassandra. Non ne mancano, d'altra parte, non se ne sente il bisogno, grazie all'amico La Malfa, il primo ed il migliore d'una serie ormai inestinguibile di profeti e autori di sventure.
Penso che Mauro Mellini avrà raggiunto magnificamente il suo scopo se saprà suscitare, come credo, una corale risata di liberazione dall'Italia del 12 maggio contro quella che sembrò esser spirata il 28 ottobre 1921, e che invece, con i suoi Facta e i suoi collaborazionisti, i suoi Giolitti e i suoi De Gasperi e Gronchi, non meno che con i Mussolini e gli altri nostri »compagni socialisti, sindacalisti, repubblicani, democratici, liberali e affini, con la sua Chiesa, il suo Esercito, il suo Capitale, il suo Statuto, la sua Giustizia, la sua Scuola, i suoi Capi di Stato, per la terza volta cerca di coinvolgerci nella sua catastrofe, per meglio poter succedere a se stessa.
Ma sarà riso amaro, alla fine, se non si accoglierà da parte di chi l'avrà letto, l'appello che è costante e motivante nelle azioni di Mauro Mellini. L'appello a tutti perché quali che siano le diverse ma non opposte fedeltà e i concorrenti impegni di partito o di solitudini, siano, nella necessaria, letteralmente vitale, nuova battaglia di liberazione, »radicali e concretamente presenti.
Nei paesi anglosassoni si sa che non v'è professione di fede e di speranza che valgano se non sono accompagnate dall'obolo di uno scellino.
Le quote di iscrizione al Partito Radicale, i contributi per sostenere questa battaglia vanno inviati a Roma in via di Torre Argentina 18, con qualsiasi mezzo ivi compreso il conto corrente postale n. 1/47750.
Numero 1/47750, ripeto. E perdonateci la nostra onorevole mendicità di laici.
Marco Pannella, Roma 15 novembre 1974