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Pannella Marco - 26 gennaio 1975
Perché siamo i vincenti
Teatro Adriano: il giorno che Adele fu arrestata

Intervento di Marco Pannella

SOMMARIO: Il 9 gennaio: i carabinieri fanno irruzione nella clinica del Cisa (Centro italiano per la sterilizzazione e l'aborto) di Firenze dove venivano praticati gli aborti con il metodo Karmann, arrestando il dr. Giorgio Conciani e i suoi assistenti ed identificando e denunciando le oltre 40 donne che vi si trovavano. Il 13 gennaio viene arrestato all'alba nella sua abitazione il segretario nazionale del Partito Radicale, Gianfranco Spadaccia che si era assunto tutta la responsabilità politica per la promozione del CISA e per la gestione della clinica di Firenze. Sono colpite da mandato di cattura anche Adele Faccio, presidente del Cisa, ed Emma Bonino, che però si trovano in Francia. Marco Pannella riceve una comunicazione giudiziaria. Il 15 gennaio in tutta Italia si svolgono manifestazioni per la liberazione di Gianfranco Spadaccia e degli altri arrestati a Firenze. Il 18 gennaio personalità del mondo politico e culturale sottoscrivono un appello per l'immediata liberazione di Spadaccia; fra essi ci so

no Parri, Montale, Silone, Branca e molti altri. Il 21 gennaio Marco Pannella ed Adele Faccio annunciano da Parigi la prossima apertura di altre cliniche CISA in Italia. I giorni 24/25/26 gennaio oltre 7000 persone partecipano alla Conferenza Nazionale sull'Aborto promossa dal Partito Radicale e dal Movimento di Liberazione della Donna. Domenica 26 sul palco del teatro Adriano a Roma, davanti a migliaia di persone viene arrestata Adele Faccio, rientrata clandestinamente in Italia. Nel suo intervento che precede l'arresto di Adele Faccio, Marco Pannella afferma che »il nostro primo obiettivo è ottenere che le compagne, le sorelle costrette ogni giorno allo immondo aborto di classe, clericale e di massa abbiano al più presto riconosciuti i loro diritti alla vita e alla felicità . »L'aborto di Stato è una violenza che va interrotta e solo alla donna spetta il diritto di gestire il proprio corpo . C'è oggi uno scontro fra due associazioni a delinquere, quella radicale che con metodi nonviolenti lotta per modific

are le norme liberticide del codice penale »che governi, parlamenti e partiti a trent'anni dalla Costituzione continuano a imporci come legge e quella formata da governi e parlamenti che hanno omesso di sbarazzare il campo da norme fasciste che si pongono »contro la Costituzione e contro l'umanità . »Da nonviolento che non pretende d'imporre in alcun modo le proprie idee a chi non è d'accordo, esigo che i violenti di stato, coloro che c'impongono le loro leggi di classe, alle quali devono dare in qualche misura un'apparenza liberale e repubblicana, rispettino almeno la loro stessa legalità . Invita infine il commissario Improta e il colonnello Vitali a procedere all'arresto di Adele Faccio nel silenzio totale dell'assemblea: »Adele non va al martirio, va al suo posto di lotta e sa che con questo le cose per le quali si batte sono già acquisite. Allora, arrivano?

(PANNELLA SU PANNELLA, editrice Magma, 1977)

Otto anni fa, in un teatrino ancora più piccolo demmo il via con la costituzione della LID alla battaglia per il divorzio. Allora i sorrisi furono molti, i politici ci guardavano con commiserazione: eppure, quattro anni dopo la legge sul divorzio divenne realtà, all'interno di un disegno politico che doveva portare già nel '72 a quel 13 maggio, che forse rappresenta in vent'anni l'unica vittoria della democrazia in Italia.

Oggi, l'aborto. E se il teatro non è molto grande, la situazione tuttavia è radicalmente diversa. I sondaggi del '66 sul divorzio davano un 40 per cento di divorzisti e un 30 per cento di antidivorzisti. Quest'estate, dopo quattro anni di lotta del Movimento di liberazione della donna e del Partito radicale, un'indagine incontestata ha accertato che l'85 per cento degli italiani è favorevole all'aborto in caso di pericolo per la salute fisica o psichica della donna. La motivazione è ristretta, ma è chiaro che partiamo in condizioni molto diverse dal '66.

Ormai lo sappiamo, e lo sanno anche i nostri avversari: siamo i vincenti. La caratteristica delle nostre lotte è di essere lotte vincenti. Il nostro primo obiettivo è ottenere che le compagne, le sorelle costrette ogni giorno allo immondo aborto di classe, clericale e di massa abbiano al più presto riconosciuti i loro diritti alla vita e alla felicità.

Calamari e Casini hanno ragione: siamo un'associazione a delinquere. Un movimento nonviolento, come il Partito radicale, che ha come armi la disobbedienza civile, il rifiuto della legge e dell'ordine ingiusti, è un movimento d'illegalità rigorosa e costante. Quando i radicali proclamano il diritto-dovere all'obiezione di coscienza, cosa fanno se non associarsi perché questo reato si compia? Quando diciamo - sono ormai 5 anni - che l'aborto di Stato è una violenza che va interrotta e che solo alla donna spetta il diritto di gestire il proprio corpo (e quale momento maggiore di moralità di quello in cui la donna deve rispondere alla domanda grave: devo abortire o no? Altro che la scurrilità dell'»ammazzare la vita , del »libertinaggio , tipica della mentalità sessuofobica che tormenta tutti gli inquisitori, da Paolo Vl ai Casini); quando insomma chiediamo l'aborto libero, non siamo forse una associazione a delinquere? Lo siamo, certo, ma contro che cosa?

C'è uno scontro, in Italia, in questo momento, tra due associazioni a delinquere: la nostra, che è associazione a delinquere contro le leggi fasciste; un obbligo per ogni democratico, come il processo di Norimberga ha stabilito una volta per tutte. Siamo associazione a delinquere contro le norme del codice penale che governi, parlamenti e partiti a trent'anni dalla Costituzione continuano a imporci come legge. Ma c'è anche una legge costituzionale, vale a dire la legge fondamentale che regola la vita dei popoli. E quanti - governi e parlamenti - hanno omesso di sbarazzare il campo da norme fasciste che violano questa legge, ebbene, sono loro costituiti in associazione a delinquere, ma contro la Costituzione e contro l'umanità.

La nostra disobbedienza nasce dallo stesso dovere in nome del quale gli antifascisti dicevano no a Mussolini, è lo stesso dovere per il quale i partigiani dicevano no alla Repubblica di Salò. La violenza vera, il fascismo vero sono quelli delle istituzioni. Dobbiamo batterli, e subito. Dobbiamo battere l'associazione a delinquere costituita da una classe dirigente di parlamentari, di magistrati, di partiti che continuano a costringere milioni di donne a non usufruire delle conquiste del progresso scientifico e civile, sequestrate da un Parlamento molto più vicino alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni e che al modello di un parlamento repubblicano.

Perché, a questo punto, dobbiamo ricordare che il fascismo è cosa seria e tragica. Non consiste solo nei sicari e nei venduti di mestiere, come i Pisanò che oggi ci denunciano alla magistratura: questi sicari che sono finanziati dallo stato per esserlo e per restarlo, perché il MSI è un'emanazione della Repubblica ed è da essa finanziato. Anzi, in termini di classe, è finanziato due volte; perché i missini, come i democristiani, oggi in termini di classe sono finanziati anche con gli 800 miliardi che frutta l'aborto clandestino che non si vuole abolire.

Da non violento che non pretende d'imporre in alcun modo le proprie idee a chi non è d'accordo, esigo che i violenti di stato, coloro che c'impongono le loro leggi di classe, alle quali devono dare in qualche misura un'apparenza liberale e repubblicana, rispettino almeno la loro stessa legalità, che è poi quella per cui noi andiamo in galera o siamo considerati come il fascismo considerava gli antifascisti.

E allora diciamo a quegli integerrimi clericali, quali sono Calamari e Casini - e non è un'offesa: vorrei vedere se si offendono di essere chiamati clericali: speriamo che come noi abbiano il coraggio delle loro idee -, diciamo loro: nel granducato di Toscana i vescovi hanno potuto insultare e calpestare le leggi dello stato senza che una sola volta il Procuratore Generale e i magistrati difendessero il Concordato clericofascista, almeno quello, violato dai vescovi. Hanno messo dentro, invece, Spadaccia e Conciani e tra pochi minuti arresteranno su questo palco Adele Faccio. Hanno scarcerato subito gli infermieri della clinica CISA di Firenze; ciò significa che a livello istruttorio il capo d'accusa principale, il procurato aborto, è ormai chiarito. Cedono quindi tutte le giustificazioni per la continuazione dell'arresto anche per gli altri. Allora perché Conciani rimane in galera? E' chiaro: perché è un uomo che avendo accumulato molto denaro, da buon medico di classe, nei suoi vent'anni o più di profession

e, in questi mesi aveva cominciato a capire molte cose e andava verso l'aborto gratuito: su questo punto le testimonianze di Adele e di altre compagne bastano. E questo che Conciani paga.

Ma dov'è la necessità di catturare Gianfranco Spadaccia e Adele Faccio? Non e necessario per l'accertamento istruttorio della verità, perché questi compagni non solo sono disposti a confessare, ma proclamano la necessità di questo processo; perché non hanno bisogno di essere tenuti dentro per centellinare le ammissioni, come ministri e parlamentari centellinano le ammissioni della corruzione di stato, in attesa delle garanzie di assoluzione che il regime deve necessariamente dargli. In realtà si tratta di reati politici, di reati d'opinione. E infatti, chi hanno mandato oggi, qui, ad arrestare Adele? Il dottor Improta, capo dell'ufficio politico, come ai tempi di Mussolini.

Ma allora, se Spadaccia e Adele Faccio fanno parte di un'associazione a delinquere e come tali meritano l'arresto, non sono forse proclive a delinquere anch'io? Le prove le ho fornite pubblicamente. Ecco la giustizia di classe - Adele e Spadaccia in carcere, fuori migliaia di gestori dell'industria ignobile dell'aborto clandestino, e fuori anch'io -; ebbene, questa giustizia che può essere - grazie alla passività del parlamento - in pace con se stessa, clericale e fascista, marcia minuto per minuto sul cammino della viltà. Questo per chiarire la storia che si fa ora circolare, che cioè io sia preso, tra le altre ignominie, da un'altra cupidigia, quella di essere arrestato. »Pannella cerca di essere arrestato , »Pannella vuole andare dentro : i compagni sanno che ho una certa gioia di vivere e non ho bisogno di andare a macerarmi in galera. Chiusa parentesi.

Improta e il colonnello Vitali sono delegati dal procuratore generale ad arrestare la delinquente Adele Faccio, colpita da mandato di cattura. Adele ha dichiarato che non intendeva sottrarsi a questa violenza, che intendeva combatterla collettivamente con gli altri compagni, e non con pretese di controviolenza o con la fuga. E allora invitiamo, se lo vogliono, il colonnello dei carabinieri e il capo dell'ufficio politico, nel silenzio - per ben sentire ogni rumore, per vedere ogni cosa - a venir a prendersela e a portarsela via. Credo che su questo palco chi si vergognerà profondamente e si chiederà cosa mai ha fatto della propria esistenza, non sarà Adele Faccio, ma coloro che lo stato manda a fare questo mestiere come lo facevano sotto il fascismo. Adele non va al martirio, va al suo posto di lotta e sa che con questo le cose per le quali si batte sono già acquisite.

Allora, arrivano?

26 Gennaio '75

 
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