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Teodori Maria Adele - 22 giugno 1975
ABORTO: E IO TI CONDANNO PER AUTOCALUNNIA
Maria Adele Teodori, cisa de cataldo franco

SOMMARIO: Il comportamento delle diverse Procure della Repubblica di fronte alle autodenunce per aborto presentate da 2.700 militanti del Mld. Alcuni magistrati reagiscono con incriminazioni per autocalunnia al fine di svalutare politicamente l'iniziativa.

(L'ESPRESSO, 22 giugno 1975)

Milano. Novantaquattro sono gli avvisi di reato emessi in Lombardia dalle varie Procure della Repubblica contro donne e uomini che hanno firmato le autodenunce di aborto organizzate dal Mld e dal partito radicale. L'offensiva si è scatenata nelle ultime settimane come contraccolpo al successo del referendum per la depenalizzazione del reato e l'abrogazione delle norme fasciste.

Infatti, nonostante la raccolta delle autodenunce, ("Io dichiaro di avere abortito e di avere aiutato ad abortire", si legge sulla scheda) fatta pubblicamente fin dal 1973, tra i collettivi femministi, annunciata sui giornali, durante gli spettacoli di Dario Fo, la magistratura non era mai intervenuta. Neppure dopo che il senatore missino Tedeschi ne aveva parlato sul "Borghese" presentando una interrogazione in Senato nel luglio '74.

Dopo l'arresto del segretario del partito radicale Gianfranco Spadaccia e di Adele Faccio presidente del Cisa, ne venne messo ufficialmente al corrente lo stesso magistrato di Firenze, Casini. L'indifferenza della magistratura continuò. Solo il 20 febbraio, quando una delegazione del Mld e del partito radicale consegnò ufficialmente alla Procura generale a Roma 2.700 autodenunce, trasmesse poi alle Procure dei luoghi di residenza dei firmatari, hanno dato via all'iter giudiziario. Ma in modi assai diversi fra loro.

Mentre in alcune città sono già in corso procedimenti, in altre, dove la politica clericale è più raffinata, per svalutare politicamente l'iniziativa degli autodenunciati, la Procura li ha incriminati per autocalunnia o ha affossato l'indagine. Insomma l'indirizzo non è univoco: da qualche parte le Procure hanno delegato carabinieri o pretori ad assumere informazioni, a verificare prima di interrogare; oppure hanno proceduto ad accertamenti d'identità (come a Milano): o, ancora, alla contestazione del reato, come a Venezia e Pavia; in altre città ad archiviazioni pure e semplici, o addirittura al silenzio.

A Milano le autodenunce su cui la magistratura sta indagando sono 38; ma gli avvisi di reato non sono ancora partiti. Pare che le pratiche siano state affidate al giudice Sergio Silocchi, che però ha nei suoi cassetti circa 5 mila altre pratiche d'ogni genere da istruire. Quanto tempo ci vorrà, non si sa. La lentezza della giustizia è ormai proverbiale. Più sollecite invece le Procure a Pavia e a Varese, dove le firme di autodenuncia erano state rese pubbliche a febbraio durante gli spettacoli di Franca Rame e Dario Fo. Nella prima i denunciati sono 25 su 75 firme sottoscritte, tutti studenti, operai e quattro dipendenti statali. Si è formato subito un "comitato autodenunciati" che ha mobilitato con dibattiti e interventi l'intera cittadinanza e a cui hanno aderito sindaco e assessori socialisti. Il procuratore della Repubblica, Pietro Dubolino, ha convocato il 19 maggio i firmatari, per interrogarli tra il 16 e il 21 giugno, con una circolare in cui si dice tra l'altro che le firme sono state depositat

e a Roma il 20 febbraio scorso alla Procura generale "da parte di un certo Gianfranco Spadaccia qualificatosi segretario del partito radicale".

A Varese gli avvisi di reato sono stati 25; a Mantova quattro o cinque; a Venezia e Mestre sono arrivate una decina di comunicazioni; ad Acqui tre, a La Spezia altrettante. Poi c'è l'offensiva al Sud: a Crotone, otto avvisi di reato, a Taranto cinque, alcuni altri a Foggia. Una delle tattiche adottate dall'autorità giudiziaria, spiega Adele Faccio (anch'essa tra i firmatari di autodenunce), è chiedere subito come hanno fatto i radicali ad "estorcere la firma". E' così che si cerca di forzare "l'anello più debole". Infatti non sono tanto i militanti radicali o le femministe a essere presi di mira, ma le ragazze molto giovani che potrebbero avere problemi in famiglia o impiegati statali ricattabili.

Mentre prosegue la raccolta delle autodenunce, e ve ne sono in serbo già altre trecento, soprattutto di donne che nel frattempo hanno abortito usufruendo del servizio Cisa (500 aborti settimanali in varie città, un terzo in Inghilterra), gli avvocati del "Collegio nazionale di difesa per le persone accusatesi di reato d'aborto" hanno messo a punto una loro strategia. Come per la vicenda Spadaccia-Faccio, si cercherà di riunire i vari procedimenti in uno solo. Il collegio nazionale di nove avvocati (De Cataldo, Canestrini, Viviani, Bonzano, Boneschi, Stasi, Contestabile, Tomasini, Leon) si è suddiviso in gruppi locali per organizzare la difesa.

"Il regime si illude di poter fare processetti nascosti nelle nebbie delle cancellerie di provincia", spiega l'avvocato Franco De Cataldo". La strategia del movimento è fare esplodere questa raccolta di firme ora che il referendum ha raggiunto il suo scopo, per impedire la mistificazione legislativa attraverso ritocchi lievi alle norme penali in vigore. Insomma, questi processi servono per tenere desta l'attenzione pubblica su un problema che non è certo di élite". A chi ha ricevuto o sta per ricevere l'avviso di reato, il collegio di avvocati raccomanda di rifiutare di rispondere oppure di seguire i consigli inviati agli autodenunciati in una circolare dell'Mld "affinchè il fronte non si presenti all'autorità giudiziaria con spaccature".

 
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