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Pannella Marco - 1 luglio 1975
750.000 firme contro la DC, malgrado il PCI
Marco Pannella

SOMMARIO: Nonostante i tentativi di sabotaggio della Dc, la contrarietà del Pci, 750.000 firme per l'indizione del referendum sull'aborto, promosso congiuntamente dalla Lega XIII maggio, dal settimanale l'Espresso e dal Partito radicale, sono state raccolte. Marco Pannella analizza il significato di questo successo ed sollecita l'impegno dei democratici sulle altre richieste referendarie del Partito radicale, tra cui quelle per l'abrogazione dei reati d'opinione contenuti nel codice penale, dei tribunali militari e del Concordato.

(L'Espresso - Luglio 1975 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)

Ce l'abbiamo fatta. Dunque, una volta di più, nulla ci vieta di sperare che il regime abbia altri protagonisti che i democristiani, altri antagonisti che i comunisti. Ce l'abbiamo, dunque, fatta: contro la DC e la Chiesa, malgrado il PCI. I 750 mila elettori che con noi hanno chiesto il referendum abrogativo delle leggi sull'aborto mostrano quanto spazio e quali vittorie siano possibili oggi in Italia oltre la vecchia dialettica di regime, oltre l'orizzonte degli scontri e dei compromessi fra i due maggiori partiti italiani.

Se questo referendum si terrà. L'Italia del 13 maggio del 1974 tornerà a candidarsi storicamente alla direzione politica del Paese diversa, più moderna, consapevole, capace di libertà e di liberazione, di quanto il pur positivo voto del 15 giugno abbia mostrato.

Il Partito radicale deve alla illuminata e civile scelta dell'Espresso molto più di quanto questo pur clamoroso successo della richiesta di referendum non dica di per sé. Noi tutti dobbiamo al Partito radicale molto più del riconoscimento e della riconoscenza per una battaglia che ha, a lungo, saputo condurre contro tutto, e tutti, con il Movimento di liberazione della donna, contro il flagello dell'aborto clandestino di Stato, di classe, clericale.

Per decenni l'anima, la vocazione socialista, libertaria, laica, alternativa della sinistra parvero, anche ma non solo nel nostro Paese, destinate a essere perdenti di fronte a quella comunista, giacobina, leninista, centralizzatrice e livellante, non di rado autoritaria. Per decenni, all'interno dello stesso antifascismo italiano non meno che in tutti i paesi europei, il PCI ha potuto realizzare una sorta di politica della terra bruciata fra le proprie esposizioni e postazioni e quelle degli avversari storici, di classe. Nei confronti di "Giustizia e Libertà", contro il Partito d'Azione, contro ogni volontà e politica di autonomia socialista, contro il Partito radicale, contro Il Mondo e le sinistre liberali, repubblicane, socialiste, comuniste libertarie, la politica del vertici del PCI è sempre stata durissima. Tale ancor oggi resta, anche se alcuni nostri compagni e amici mostrano ormai di non accorgersene o si sono rassegnati al destino di "(in)dipendenti di sinistra", cioè del PCI.

Il movimento e la politica dei diritti civili sembrano poter rovesciare questa tendenza storica; ne hanno comunque, da dieci anni, la proclamata ambizione. Con, senza, o contro il PSI, è giunto il momento in cui deve prendere corpo un confronto fra socialisti e comunisti per la direzione politica dell'alternativa democratica di classe, laica, democratica e libertaria. L'unità e il rinnovamento della sinistra non possono esser liquidati come esigenze priva di rigore, di plausibilità politica e storica, o scontate nel chiuso del passato.

Diciamolo chiaramente: dinanzi allo "sfondamento" politico realizzato dal PCI, l'intero pacchetto di referendum del Partito radicale che i sondaggi demoscopici mostrano sostenuto dalla immensa maggioranza degli elettori di sinistra (e non solo da quelli) diviene ancora più necessario, acquista nuovi, più ricchi significati.

Se vogliamo esorcizzare fantasmi e dèmoni che appartengono a tutta la storia europea e italiana della sinistra operaia e giacobina, è ora fondamentale sottrarre non solo alla DC e ai suo "kollabò" repubblicani, socialdemocratici e liberali, ma anche al PCI, l'armamentario legislativo autoritario del "Codice Rocco", dei codici e tribunali militari, dell'inquinante concordato.

Tanto vale essere chiari: noi non tollereremmo mai da altri nostri compagni - in ipotesi un giorno al governo - l'uso comunque crispino, "sinistro", di quelle stesse leggi. Ma questa ipotesi ci appare improbabile. Né vediamo pericoli di altri tradimenti: ormai i Reale, i Malagodi, i Saragat, politicamente non sono che morti che la DC deve tener artificialmente in vita, con i suoi Sandulli, Montanelli, Casalegno, e ancor più con i suoi furti e violenze di regime. Più realistico e doveroso ci pare invece l'operare per sottrarre anche i compagni del PCI alle loro prospettive e tentazioni di "efficienza", "disciplina", "ordine", di "cure" centralistico-democratiche del dissenso interno e esterno, che appartengono pienamente alla loro tradizione e, non di rado, alla loro prassi di oggi. Che il PCI non voglia questi referendum di attuazione costituzionale, che da trenta anni ecceda nella paziente via, è fatto grave e sintomatico. Se il movimento dei diritti civili dovesse, ad esempio, regolarsi sul trattamento che

riceve e che ha ricevuto in questi anni dall'Unità per comprendere come funzionerebbe il monopolio della Rai-Tv in un quadro di "compromesso storico" e di governo della sinistra conquistato senza un chiaro e preventivo "programma comune", dovrebbe essere più che pessimista, seriamente allarmato.

Anche per questo motivo temiamo che il referendum sull'aborto, se restasse l'unico a essere convocato, ci verrebbe sottratto con quel tipo di operazioni di vertice che portarono prima alla affermazione clerico-fascista del 1972, per evitare la vittoria laica nel referendum sul divorzio, poi ai tentativi che valsero, anche se falliti, la vicepresidenza del Senato alla senatrice Tullia Carrettoni.

Anche per questo, dunque, mi sembra necessario che le altre richieste di referendum avanzate dai radicali vengano sottoscritte e rese valide. Ma contro le "Leggi Reale", contro i "fuori-legge del matrimonio" vincemmo la battaglia del divorzio: con gli obiettori di coscienza quella per il riconoscimento di un fondamentale diritto democratico e del servizio civile alternativo al militare: con le donne e i lettori dell'Espresso abbiamo riportato una prima clamorosa vittoria sull'aborto. E' follia, ora, sperare che con i sotto-ufficiali e i soldati, resi più consapevoli dai fatti di questi mesi, si vinca contro le vecchie leggi del militarismo borbonico fascista e monarchico? Sperare che con i veri credenti si arrivi a cancellare le vergogne dei "Patti lateranensi"? Sperare che, con i militanti sindacali, socialisti, comunisti, extraparlamentari, con gli autentici liberali, si possa spazzar via l'armamentario personale che rende violente e sempre più classiste e corrotte le istituzioni? Follia o no: spero che, s

enza attendere un altro giorno, tutti quelli che hanno "firmato per l'aborto" si rechino in municipio a sostenere anche queste altre elementari richieste democratiche.

 
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