Intervista a Marco PannellaSOMMARIO: Nel'intervista al settimanale "Oggi", Marco Pannella parla della continuità fra il "nuovo" e il "vecchio" Partito radicale, del più vasto movimento radicale, socialista e libertario, della battaglia per la depenalizzazione dell'hashish e contro il proibizionismo delle droghe, del digiuno e della nonviolenza. Siamo libertari, afferma Marco Pannella, ma anche conservatori del meglio che c'è in potenza nella nostra società.
(Intervista a Oggi - Luglio 1975 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)
Oggi - Marco Pannella, parla tu. Facciamo un po' di storia, come si dice.
Pannella - Quale storia? Di mia non ne ho. L'unico lavoro continuativo l'ho avuto al Giorno, dal '59 al '62 o '63, quando ero corrispondente da Parigi. Tanto ho fatto che sono riuscito ad andarmene con la liquidazione, e da allora posti fissi basta. Questo periodo, '50-'62, corrispondeva a quello del mio impegno per la guerra in Algeria e dei contatti con i vari gruppi radicali che si andavano formando in Europa. Tutto ciò condivideva con la maturazione critica del Partito radicale in Italia; insomma stava venendo il nodo al pettine e tutte quelle cose lì...
Oggi - Quali cose lì? Poi il Partito radicale finì...
Pannella - Questo è inesatto, anzi sbagliato. A livello giuridico il Partito radicale non è mai morto. Alcuni dei vecchi se ne andarono. Così si passò dalla loro prestigiosa linea "pro centro-sinistra" alla nostra, scandalosa, libertaria linea "anti centro-sinistra". Per anni i giornali, i vostri benedetti giornali, non hanno parlato dei radicali nemmeno nelle necrologie, ma questo che c'entra con la morte giuridica di un partito? Io ricordo che Ernesto Rossi, l'economista, è morto da iscritto al Partito radicale, la "politica da marciapiede", le "pannellate", le balle varie, nel momento stesso in cui proclamava la propria volontà di andare avanti, aveva una presidenza più che prestigiosa! Ah, nessuno lo sa, nessuno lo ha scritto! Ma il presidente del Comitato centrale del Partito radicale nel marzo 1962 chi è? E' Elio Vittorini! Uno scrittore fra i più rispettabili della nostra storia. E quando Vittorini morì, anni dopo, era sempre il nostro presidente. Rossi, Ernesto Rossi, nuore cinque giorni soltanto pri
ma della nostra pubblica manifestazione al Teatro Adriano in Roma; e Rossi, Villabruna, gli altri, s'erano limitati a non rinnovare la tessera per un paio d'anni, ma i loro interventi erano sempre comparsi sui nostri giornali. Aggiungi che l'anno scorso, durante la nostra calda estate (cinquanta di noi che digiunavano fino allo stremo perché la minoranza radicale avesse spazio in TV), Arrigo Benedetti, già direttore dell'Espresso e del Mondo, ruppe sul Corriere della Sera la congiura del silenzio contro di noi e, da pontefice laico e radicale, scrisse che la continuità del Partito radicale non era mai stata interrotta e che se Mario Pannunzio fosse stato vivo sarebbe stato in mezzo a noi. E a dicembre prossimo noi celebreremo il ventennale della fondazione del Partito radicale che, si badi bene, è esterno al nostro più vasto movimento radicale, socialista, libertario. Il nostro movimento è più vasto, dicevo: tant'è vero che io non sono nemmeno più iscritto al Partito radicale: sono un simpatizzante...
Noi siamo un gruppo antigiacobino, laico, libertario, volteriano, se si vuole, e di conseguenza tutte le caratteristiche anticentraliste e antigiacobine sono le nostre... Ora una grossa organizzazione libertaria non può esistere; in tutti i grandi partiti c'è il rischio della degenerazione burocratica; in un piccolo partito come quello leninista - proprio quello di Lenin intendo - il pericolo è la degenerazione carismatica. Il che va bene ai giacobini, ma per noi libertari, socialisti e laici non va bene. Anche per via della società dei consumi che si sa com'è. Insomma: c'era il rischio che il partito finisse confuso con una persona, con il "leader", con me: a parte il fatto che il "leader" è anche un padre e quindi immagina che rottura di scatole sarebbe venuta fuori per me, in prospettiva. E allora cosa abbiamo scoperto? Bastò usare il vocabolario. Cos'è una scissione? E' un processo di riproduzione delle cellule: un fatto positivo. In senso politico invece la "scissione" è un fenomeno di merda. Ma noi abb
iamo deciso di riprodurci per scissione, di scinderci per riprodurci.
...Un prete che cominciò il digiuno per far ottenere l'assistenza a un ragazzo. Non ricordo bene. Dopo sei giorni di digiuno apparvero su tutta la stampa molti articoli. Erano articoli enormi, scandalizzati. Ottimamente. Io, però, in quella stessa epoca, digiunavo da quaranta giorni e con me digiunavano altri cinquanta compagni perché la TV ci negava spazio durante le trasmissioni politiche e per tutte le altre ragioni. Fino all'ultimo momento non è stata pubblicata una riga su di noi. Perché? Tra l'altro la stampa italiana si è lasciata scappare, in quella occasione, storie bellissime, coloratissime: a Strassoldo c'era, a digiunare, una anziana scrittrice che vive sola in una villa romantica, floreale, ottocentesca: ti ci potevi immaginare Gozzano, le marmellate della nonna e il rosolio. Digiunava da sola. Settantadue anni. A Roma, in carcere, c'erano due ragazzi proletari che digiunavano e si svenavano. Altri compagni che andavano in ufficio a digiuno: eppure, fino all'ultimo, nemmeno una notizia di tre ri
ghe. E sì che non facevamo altro che anticipare una sentenza della corte costituzionale sul rispetto dei diritti delle minoranze! Perché noi siamo sì libertari, ma anche conservatori. Conservatori non solo di speranze, ma conservatori del meglio che c'è in potenza nella nostra società.
Oggi - Qual era la ragione di quei vostri lunghi digiuni?
Pannella - Non "la ragione": "le ragioni", se mai. La virtù pubblica. Io ho digiunato per cinquanta, sessanta, settanta giorni, manco lo ricordo, e gli amici mi dicevano: che vuoi, morire? Macché morire! Io, noi combattevamo contro la morte che era già addosso a noi a tutti, che è qui, che incombe; la morte delle libertà fondamentali di tutti gli individui...La morte per droga! Tutte atrocità che solo l'assoluto rispetto della Costituzione può evitare. Noi, finora, un piccolo partito "borghese", abbiamo centrato tutti i nodi critici della nostra società: tutti. Mentre il PCI o il Manifesto non ne hanno mai beccato mezzo.
Di cosa devo parlare? Dell'ultimo "delitto radicale"? Là, dunque: ho fumato in pubblico "hascisc". Perché? Partiamo dal 1965. A quell'epoca la stampa nazionale non aveva degnato di attenzione il fatto che per due grammi di "hascisc" dei poveri ragazzi si beccavano due anni di carcere. Era il tempo dei primi gruppi di "provos", di "hippies"...Ora, che vuoi?, a noi che abbiamo letto Baudelaire sull'alcool e sull'"hascisc" ci fa sghignazzare il romanticume. Figurati a me cosa importa dell'immagine del "maledetto" che si apparta dalla società "fumando": proprio non m'impressiona. Ma il fenomeno c'era. E contro di esso la legge agiva solo con la repressione. Dunque noi fummo i primi a sollevare la questione. Ci demmo da fare per aiutare questi compagni disgraziati finiti in carcere per due grammi di "hascisc": col "tam-tam" carcerario facemmo sapere loro che se m'avessero scritto lettere piene d'amore, d'ardore, frocesche magari (»Caro Marco, son qui, soffro, mi perseguitano, aiutami... ), quelle lettere sarebber
o state lette dalla censura del carcere e qualcosa per loro sarebbe cambiato. E sì, perché essere amici di quel rompiscatole radicale di Pannella... sai com'è, in Italia.
Oh, si badi bene: questo è molto importante: io allora non sapevo affatto che i derivati della canapa indiana non sono droga. Ci ho messo molto tempo per convincermi. Che cosa è la droga? Chi è il drogato? E' inutile che Adriano Buzzati-Traverso, che pure si spaccia per mio amico, scriva sulla pagina della Stampa - mentre io ero in carcere, nota la finezza! - scriva dunque che l'"hascisc" toglie le capacità immunologiche all'organismo eccetera. Non dico mica che l'"hascisc" sia salutare. Dico e dimostro che non è droga, che non produce drogati, perché la droga è quella sostanza che crea assuefazione. Drogato è colui che diventa schiavo del proprio vizio, che perde il controllo individuale e non riesce più a vivere senza moltiplicare le dosi di droga fino a morire. Ora, ripeto, è matematico che l'"hascisc" non provoca assuefazione. Noi da anni ci battiamo per una legge che controlli la fabbricazione e l'uso degli psicofarmaci e dei barbiturici, perché sono proprio tranquillanti, stimolanti e barbiturici la ve
ra droga di massa: droga perché crea assuefazione.
Due anni e mezzo fa - ormai conoscevamo bene l'argomento, sia dal punto di vista scientifico sia da quello umano - riuscimmo a convincere un nostro collega del Messaggero ad affrontare per la prima volta seriamente il problema. Si trattava di far uscire dal carcere, in base alla "Legge Valpreda", che noi avevamo ottenuto con il nostro digiuno, un gruppo di ragazzi, tra i quali c'erano figli di generali, di benestanti, detenuti per essere stati presi con l'"hascisc". A quell'articolo del Messaggero seguirono centinaia di lettere quasi tutte favorevoli, favorevolissime alle nostre tesi. I ragazzi uscirono. Noi non facemmo dimostrazioni pubbliche a quell'epoca perché, dopo quaranta giorni, di 170 ragazzi detenuti ne rimasero in carcere solo 17. Però lanciammo, anzi io stesso lanciai, con un mio articolo, l'allarme. Dissi: "A Roma sta arrivando l'eroina. Contro l'eroina, che è una vera droga, non c'è scampo. Questo significa che fra due anni cominceremo ad avere i morti". Puntualmente, ora i morti per eroina ci
sono.
Che cosa c'entra a questo punto l'eroina che ammazza, con l'"hascisc" che fa poco e, comunque sia, non è droga perché non dà assuefazione? Non c'è un rapporto organico, di necessità. C'è però un rapporto spaventoso, d'origine sociologica. Ogni generazione ha i suoi simboli di piacere più o meno vietati: questa dei giovani d'oggi ha la "fumatina". Che poi sia una stupidaggine è un altro discorso. La realtà è una e lo sappiamo. Come reagisce una società proibizionista quale la nostra? Criminalizzando decine di migliaia di giovani. Questi ragazzi, perseguitati dalla legge per una "colpa" che non è superiore a quella di bere alcool o di fumare tre pacchetti di "Celtique" al giorno come faccio io, dal momento che si procurano l'"hascisc" per la prima volta diventano perseguibili. Devono stare attenti al poliziotto e finiscono nelle mani degli spacciatori. Sono ricattabili. Sono soggetti allo spacciatore il quale, tra l'altro, "vende" molto di più perché ciascuno dei fumatori, anziché comprarsi il necessario per l
a fumatina, tende a fare provvista. Il mercato si ingrandisce, come accade negli Stati Uniti.
Ed ecco che il gioco è fatto: lo spacciatore, anziché "hascisc", mette nelle mani del ragazzo la polverina, l'eroina. Le prime volte gliela dà gratis: "Senti. Oggi non ho hascisc. Però ho questo, prova: è ancora meglio". Certo, trovi il ragazzo che risponde col gestaccio: ma è rarissimo. Innanzitutto perché non so quale sia la differenza mortale tra l'"hascisc" e l'eroina; poi perché, rispetto alla legge, sa di commettere un delitto non diverso; infine perché, come ho già detto, è ricattabile. E non c'è paragone, dal punto di vista dello spacciatore, tra l'interesse a smerciare eroina e quello di vendere un po' di "hascisc". Non foss'altro che perché il ragazzo drogato, prima di morire, è schiavo redditizio, diventa egli stesso spacciatore e propagandista della droga.
Oggi - Ma cosa c'entra con la tua "fumata"? Non potevi rimetterti a digiunare?
Pannella - Eh no, no! Perché proprio con questo gesto ho dimostrato l'assurdità ignobile della legge attuale. Io, che non ho mai fumato "hascisc", io che con i miei compagni ho segnalato da anni che ci sarebbe stata una strage per droga, faccio una pubblica dimostrazione per ottenere che il Parlamento dia qualche segno di vita nel riformulare la legge. Lo faccio dichiaratamente, a fin di bene. Eppure, mentre lo faccio, vengo arrestato. In base alla legge attuale devo venire arrestato. Ma proprio per questo credo d'aver dimostrato che la legge è una frescaccia inumana a puro sfondo repressivo e politico!
Oggi - Scusa Pannella, come vivi tu...?
Pannella - A casa, da solo o con amici. In una soffitta da quarantaquattromila lire al mese. Non guadagno regolarmente dal 1963. Qualcuno mi fa dei regali. Collaboro qui e là. Dieci anni che non vado né al cinema né a teatro, né al concerto, né niente. Niente auto, niente telefono, niente tv, niente radio. Sono un uomo felice: un radicale è sempre molto felice. Ho una visione felice della vita.