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Pannella Marco - 6 novembre 1975
BUON LAVORO RADICALI!
Lo scandalo a congresso

A Firenze il Pr dibatte il suo futuro

di Marco Pannella

SOMMARIO: Si svolgono in questi giorni a Firenze i lavori del XV Congresso radicale, a vent'anni esatti di distanza dalla costituzione del partito. "Il Mondo" offre una sintesi di questa esperienza, in un ventaglio di opinioni, il più vario possibile, e cerca di tracciare insieme un'analisi dei programmi ai quali il Pr intende ispirate la propria azione.

Vent'anni fa, la battaglia radicale mosse i suoi primi passi proprio da questo giornale, dall'impegno politico e civile degli "Amici del Mondo". In quest'arco di tempo molte cose sono mutate. Ma, se la prospettiva di oggi è profondamente diversa, non sono cambiate le ragioni di una scelta laica, razionale, dissidente, senza la quale la stessa lotta di classe rinuncerebbe alla sua vocazione rinnovatrice. Per questo, la convergenza fra i radicali e il "Il Mondo" attorno a tante battaglie va al di là si una generica solidarietà. Ma si colloca in un rapporto dialettico di stimolo e di critica, all'interno della sinistra italiana.

(IL MONDO, 6 novembre 1975)

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Non sarà semplice ma credo proprio che dobbiamo prepararci, banda di avanzi di galera, di drogati, di facitori d'angeli, d'omosessuali, di giudei d'ogni tipo, di mezzifascisti, di ex pazzi, di marciatori e digiunatori, di ex cornuti della Lid, di traditori della Patria e della Chiesa, di piccolo-borghesi esasperati e avventuristi, esibizionisti come me, gente insomma, gente... credo proprio che dobbiamo prepararci, compagni e amici congressisti, ad andare in parlamento. Deciderete voi, ma questo è quel che penso. Sono certo che ce la faremo, se lo vorrete; e che sapremo essere e rendere felici, a suon di lotte e di leggi, anche lì, anche da lì. Noi: così come siamo. Un bel gruppo: Gianfranco, Adele, Emma, Roberto, Rosa, Angelo, Mauro, Franco, Walter, Peppe, Giulio, Mario, Ferdinando, Pietro, Maria Adele, Luigi, Alberto, Aloisio, Giuliana, sorella Marisa e fratel Marco. Dovrete, allora, secondo lo splendido statuto che è il vostro, lasciare tutti il partito, che ne risulterà di nuovo rivoluzionato e rifondato

. Forse sarò io a tornarci, allora! Andare in parlamento, così come siete, sarà duro come una marcia, come un digiuno, come una galera, come lo sono i nostri tanti selfhelp; duro come sarà quest'anno anche la triplice marcia antimilitarista a Gorizia, a Verdun, in Sardegna o fu l'ardente estate del 1974, o uno qualsiasi dei venti anni che abbiamo ormai dietro di noi. Duro l'andarci, ancor più duro il restarci, il viverci. Ma dobbiamo farcela, farcela e non "farci stare"; restando e diventando sempre più, giorno dopo giorno, anche lì, gente. Perché gente, lo si diventa; e ci vuole molta libertà, molta fantasia, molta felicità, cioè molto rigore e rispetto per noi, per gli latri, soprattutto per le nostre speranze e le nostre idee. Noi non abbiamo scoperto solo quest'anno, a Licola, che "il personale è politico", o viceversa. Ma guardiamo avanti: quasi tutto dipenderà ora da voi, dalla mozione che approverete, della giustezza della decisioni congressuali sul da farsi per le prossime settimane e per il prossimo

anno.

Il sondaggio "Demoskopea-Panorama" ci ha confermato quel che sapevamo: siamo, più di ogni altro, uno "spaccato" del paese così com'è (appena un po' più proletari: il 60 per cento di casalinghe, operai e pensionati o nonoccupati). Siamo come Ernesto Rossi ci racconta ch'erano quelli del primo gruppo fiorentino del "Non Mollare" (donne a parte, s'intende, che siamo oggi in maggioranza). In fondo non siamo cambiati molto da allora. Sono solamente cambiate - e se ne accorgeranno! -, grazie a cinquanta anni di "sconfitte", le "circostanze" oggettive nelle quali ci muoviamo.

Tutti: i Gobetti, i Rosselli, i Berneri, i Borghi, i Tarquandi, i Rossi, i Capitini, i Calosso, come i Salvemini, gli Amendola e i Matteotti (son loro, non i loro figli, che storicamente han visto giusto, loro ad essere stati "scientifici"!), i Di Vagno e i Colorni, gli Omodeo e i Dorso, i Conti e gli Zuccarini, i Villabruna e i Serini, e poi, via via, i Vittorini e i Levi, i Pannunzio e i Paggi, fino a "noi vivi": i Silone e i Calogero, i Benedetti e i Boneschi, gli Spinelli e i Bauer, gli Alessandro Galante Garrone e le Elena Croce, i Danilo Dolci e i Pasolini, i De Marchi e i Canestrini, lo stesso, voi compresi; i socialisti libertari, gli anarchici o i liberali gobettiani, gli azionisti e i GL, i repubblicani intransigenti e popolari, i federalisti, i goliardi dell'Ugi, i radicali, tutti, tutti sembravamo destinati a non esser altro che testimoni o epigoni di un "nobile" passato, a "finire", sempre: o assassinati o carcerati troppo a lungo, o comunque abrogati, emarginati, strumentalizzati, perdenti, irr

isi, tollerati, blanditi, o disprezzati. Scorie del passato, non annuncio del futuro. Buoni tutt'al più per qualche laticlavio di scorta o la sepoltura plumbea nel fango del potere, del potere degli altri, sugli altri; o per la rinuncia, comunque mascherata.

Invece tutto questo s'è amalgamato in quella vita e forza presente che hanno consentito alla nostra sfacciata armata Brancaleone le sue sorprendenti e miti vittorie di socialisti non violenti; vittorie di tutti, le nostre, perché contro i diritti e la felicità di nessuno: simili alle sconfitte dolorose di coloro che ci hanno preceduti, che seppero resistere contro le ideologie violente e antilaiche della sinistra quando sembravano, anch'esse, padrone del mondo, o destinate a divenirle.

Nel Psi è mancata la fiducia e la consapevolezza in questo passato e nel futuro che annunciava e preparava. Nel Psi molti compagni si sono salvati, hanno potuto assicurare qualche contributo di Resistenza. Ma nel Psi troppi avevano disperato, troppi avevano smesso di credere nel socialismo, nell'unico socialismo vero, quello libertario e democratico; e troppo a lungo. Troppi e troppo spesso, sono vissuti accanto, come parenti poveri, ai potenti, alla Dc o al Pci, o a entrambi.

Cari compagni, un'intera generazione politica ci aveva voluti o creduti finiti, dimezzati, inesistenti: basso folklore o calvinerie della sottopolitica. Invece, siamo stati capaci di "non mollare". Portate, invece, con voi, con i partito radicale che siete, una grande, rinata, ragionevole, disordinante speranza di libertà e di liberazione.

Ora dobbiamo tutti saper vivere abbastanza, e abbastanza liberi e felici, perché un grande partito laico, libertario, socialista, democratico di classe, autogestionario, federalista e europeo nasca, nasca e nasca anche da voi, da moi, e s'affermi come forza storica capace di costruire una società diversa e migliore. La formula la conoscete: dall'antagonista radicale al protagonista socialista. E' vecchia, ma sempre buona.

Buon lavoro.

 
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