SOMMARIO: Il Comitato parlamentare ristretto della Camera ha varato un testo di legge sull'aborto che viene giudicato truffaldino dai promotori del referendum. In seguito al comportamento dei rappresentanti del PSI che hanno votato questo testo, il deputato socialista Loris Fortuna annuncia le sue dimissioni dalla Camera. La ragioni della battaglia in difesa del referendum sull'aborto.
(NOTIZIE RADICALI n. 151, 28 novembre 1975)
Un deputato, il socialista e radicale Loris Fortuna, si è dimesso dal parlamento: è la prima volta che succede (a parte il precedente di Franco Ferrarotti, determinato da motivi personali). Ed è la prima volta che la classe dirigente e il paese vengono investiti, in modo perentorio e diretto, da un atto politico gravissimo che, per il modo in cui è maturato e per l'ampia motivazione politica che lo giustifica, denuncia la crisi di fondo di questo parlamento e di questo regime.
Sarà difficile, infatti, ridurre la scelta grave di un parlamentare autorevole a un moto di rabbia per una sconfitta subita, sia pure su un problema centrale quale quello dell'aborto; oppure ad una trovata pubblicitaria per tenere aperta la questione; tantomeno a una confessione d'impotenza. La truffa sull'aborto ne è certo l'occasione, ma solo nella misura in cui conferma in maniera definitiva che questo parlamento, rappresentativo non della volontà politica del paese ma solo degli equilibri di regime, è un ostacolo alla piena reintegrazione delle legalità repubblicana e costituzionale.
Questo è il senso della scelta di Loris Fortuna; scelta di lotta, non di rinuncia, nel quadro della battaglia radicale per i diritti civili e la costruzione di una grande forze socialista, laica e libertaria. Per questo si tenta oggi, mentre si accusa il colpo di neutralizzare l'iniziativa riducendola a episodio di scontro personale tra un deputato e una maggioranza parlamentare, tra un socialista e il vertice del suo partito. Per i politici e la stampa di regime è l'arma preferita di difesa contro il nuovo che sale dal paese. Ma è una tecnica perdente. Finora è riuscita solo a ritardare, non a bloccare le battaglie vincenti dei radicali.
Fortuna l'ha dovuta sperimentare anche in questo episodio. E' caduta, sotto la censura, la dichiarazione che aveva rilasciato il 21 novembre, a nome della Lega XIII Maggio e in accordo con il Comitato nazionale per il referendum sull'aborto, sul pateracchio realizzato nel Comitato parlamentare ristretto: "Guasti irreparabili - aveva detto -: per superarli, ove sia ancora possibile, dovremo (ancor più che nella battaglia per il divorzio), contare ormai sulla base socialista, socialdemocratica, repubblicana, liberale, comunista. Ora, per ricostruirsi un'immagine laica, qualcuno annuncerà pomposamente propositi battaglieri in parlamento, parlando di "ostruzionismo" e di duri scontri "verbali". Ciò è mistificatorio: doveva invece essere fatto saltare, nel Comitato ristretto, l'abbraccio compromissorio fra democristiani e comunisti, e bisognava farlo in tempo. Così invece si è vanificata la speranza che nel parlamento si recepissero le spinte sempre più vaste verificate nel paese".
Le conseguenze di questa strategia ostruzionistica, Fortuna le ha tirate un prima volta il 25 novembre, quando ha presentato a De Martino le dimissioni dalla Direzione del PSI. "Era necessario - scriveva a De Martino - uscire al più presto dal Comitato ristretto, non appena verificatasi la concordanza DC-PCI sul punto essenziale della liquidazione della libera decisione della donna nei primi 90 giorni di gravidanza, e ciò per non contribuire (nemmeno indirettamente) a legittimare la predisposizione di un testo "unificato" che superando le diverse posizioni delle varie proposte di legge stabilisce l'esistenza di una maggioranza moderata formatasi e sviluppatasi in modo indolore e al coperto".
Dal dissenso con i relatori, le dimissioni dalla Direzione socialista: "In piena coscienza preferisco coltivare le mie idee in pace, con chi ci crede, e agire di conseguenza senza coinvolgere responsabilità della Direzione". Ma a questo punto il discorso di Fortuna si amplia fino a coinvolgere la funzione che il partito socialista e le altre forze democratiche attribuiscono al parlamento: "C'è un mio dissenso profondo, di principio, sull'atteggiamento di troppi gruppi laici e di sinistra nel parlamento. Si utilizza cioè il parlamento stesso in funzione di contestazione dell'esercizio democratico di un potere popolare garantito dalla Costituzione, quale è quello rappresentato dall'istituto del referendum abrogativo
?? ...referendum è indubbiamente non l'ultima di queste forme). Così pure non può passare sotto silenzio l'affermazione dell'esigenza di un'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica del paese (art. 3, II comma). Partecipazione che si manifesta in primo luogo nel riconoscimento ai cittadini di poteri di controllo sull'attività degli organi delegati. In questo quadro costituzionale di superamento della fase e della concezione liberale dello stato, la tradizionale supremazia del parlamento ne esce alquanto temperata". Perciò Bettinelli può coerentemente sostenere la tesi che, dal momento in cui l'"Ufficio centrale" accerta la legittimità di una richiesta di referendum, il popolo viene direttamente investito del potere indisponibile di deliberare in prima persona; e quindi un intervento delle Camere nell'intento di eludere la votazione popolare pone una "vera e propria invasione di poteri": un conflitto, cioè tra poteri dello stato, che può essere risolto solo dalla Corte costitu
zionale.
Prese di posizione come queste erano impensabili fino a qualche anno fa: se oggi possono venire espresse, anche nelle sedi più "autorevoli" del regime, è segno che le lotte radicali hanno inciso a fondo nella società e nella stessa classe dirigente. Lo ricorda opportunamente, sempre nell'intervista a "Panorama", Loris Fortuna quando ribadisce il carattere non improvvisato delle sue posizioni di oggi: "Se ho scelto fin dai primi
?? ...dere quello per l'abrogazione del reato di aborto. Ora lo si sta liquidando in questo modo indegno".
Che fare dunque? Per il Partito socialista, le indicazioni di Fortuna sono nette: "Al congresso di febbraio andremo in posizione chiara: il nostro primo compito dev'essere quello di impegnare il partito all'immediata attuazione della Costituzione, all'immediato rispetto delle leggi. E' un dovere per una forza socialista (...). Lo strumento proposto dai radicali, di una serie di proposte di legge d'iniziativa popolare su cui raccogliere milioni di firme e da presentare entro la primavera, è ottimo. Ed è per questo che le proposte dei radicali non devono essere liquidate con falsi, grotteschi e ingiustificati complessi di superiorità, in realtà perché fanno paura. E proprio perché voglio che il PSI esca dalla sua crisi, storica ormai, che penso si debba anche riconoscere il carattere autenticamente e intransigentemente socialista, laico, libertario, democratico, di classe dei radicali, dell'intero movimento per i diritti civili. Alle prossime elezioni, in particolare, ci vorranno liste socialiste di tutti i so
cialisti. I radicali, mi sembra, stanno facendo il possibile perché questo si realizzi, mentre molti del PSI sembrano invece mobilitati per costringerli a far liste da soli: operazione, oltretutto, che potrebbe essere suicida non per altri, ma per il PSI".
Muoversi dunque, subito: ma con quali mezzi, metodi, obiettivi? Risponde Fortuna: "Con Marco Pannella abbiamo già discusso questi aspetti della situazione. Passeremo subito alla fase di organizzazione e operativa della Lega XIII Maggio, Movimento socialista per i diritti e le libertà civili. Intendiamo farne il principale strumento di tutti i democratici, di tutti i socialisti, laici e libertari, per la difesa di una legge civile sull'aborto e dei referendum. Con il Partito radicale, gli altri movimenti e leghe, con tutti i repubblicani, comunisti, liberali, democratici disponibili, apriremo un'immediata campagna.
Non vogliamo far piani prima di aver verificato il giudizio che le donne e gli uomini democratici daranno di questa nostra azione... Finora, sempre il paese ha mostrato d'essere infinitamente migliore della sua classe dirigente. Sempre ha risposto aiutandoci: non saremmo esistiti che per lo spazio di una breve vicenda, altrimenti. Ma questa verifica è essenziale. Decideremo se e cosa possiamo fare sulla base delle reazioni che ci giungeranno da domani, a Roma, presso la sede provvisoria della Lega XIII Maggio, in via del Babuino n. 114; dei telegrammi, delle lettere, delle iniziative autonome di sostegno, dei consigli e anche della difesa che ci saranno assicurati.