Pannella illustra i motivi della drastica opposizione alla leggeIn un convegno organizzato a Roma l'esponente socialista e i dirigenti radicali predispongono le ulteriori fasi della lotta contro la "truffa" intesa ad impedire il referendum
di Marco Pannella
SOMMARIO: Per impedire il referendum sull'aborto, i gruppi parlamentari tentano di far approvare direttamente in Commissione un testo di legge che i promotori del referendum definiscono truffaldino. Per protesta il deputato socialista Loris Fortuna annuncia le sue dimissioni. Marco Pannella chiede che vi sia un ampio dibattito parlamentare per costringere la Dc o ad accettare l'approvazione di una legge di liberalizzazione dell'aborto per i primi tre mesi di gravidanza o ad andare al referendum che depenalizzerebbe semplicemente l'aborto volontario.
(IL MONDO, 4 dicembre 1975)
Il gioco è ormai smascherato. Un tavolo di bari e di "polli" è saltato. Conosciamo ora quali fossero le carte e come truccate. Potranno, certo, ancora varare la loro legge-truffa sull'aborto, truffare i cittadini che hanno richiesto il referendum, farlo scomparire dall'orizzonte della prossima primavera. Ma, da solo, Loris Fortuna, con le sue dimissioni da deputato, rende si cittadini e al paese la capacità e la possibilità di giudicare oggi per meglio scegliere, colpire e premiare, domani. Riconosciamolo subito: se i radicali avevano visto subito e bene dove fosse il pericolo, la stampa e la radio e la televisione erano riusciti, questa volta, a coprire interamente il gioco del regime ed a impedir loro di avvisare e mobilitare l'opinione pubblica, come per le altre battaglie, dal divorzio alla droga, passando per l'obiezione di coscienza. Tranne "Panorama" e "Il Mondo" la congiura del silenzio e della mistificazione era stata totale. "L'Espresso", che aveva promosso con la Lega 13 Maggio la raccolta delle f
irme per il referendum, è stato poi il primo a correre in aiuto della "vittoria" dei comunisti e dei tanti, troppi socialisti mobilizzatisi surrettiziamente per affossarlo. Ma forse gli Zanetti, Ajello e Flesca hanno avuto troppa fretta. Forse il loro piatto di lenticchie rischia di sfumare in miraggio: il salario della paura e del conformismo può anche non essere riscosso.
C'è già da registrare una prima, non marginale, vittoria del fronte radicale e femminista: il progetto sull'aborto elaborato dal "comitato ristretto" sarà discusso in commissione in sede referente e non in legislativa come s'era ormai stabilito fra i nostri congiurati. Ancora pochi giorni or sono l'onorevole Del Pennino - dinanzi alle nostre proteste per questa prospettiva - mi assicurava che avrebbe cercato di ottenere la sede "redigente". In buon italiano, si sarebbe cercato di consentire alla Camera, in seduta plenaria, di riunirsi un giorno per sanzionare anche con un voto di assemblea il pateracchio. Insomma, per Natale il progetto di legge sarebbe già stato trasmesso al Senato e per metà o fine gennaio sarebbe stato definitivamente approvato.
Ma altri sintomi positivi di crisi del disegno portato avanti con decisione e cinismo e con stoltezza, anche dai Signorile e dalle Magnagi-Noya, non mancano. Le ferme dichiarazioni contro le conclusioni del "comitato ristretto" da parte dell'on. Frasca, presidente della commissione Sanità, fanno sperare che ormai possa aprirsi in quella sede un vero, serio e ampio dibattito generale e non ci si precipiti subito verso una raffica di votazioni, liquidatoria di ogni ricerca effettiva di migliori soluzioni. D'altra parte, gli stessi onn. Signorile e Musoto dovrebbero ormai dimettersi da relatori; altri dovranno esser designati, che abbiano poi il tempo di studiare e elaborare le proposte da avanzare.
E i liberali, i socialdemocratici accetteranno di continuare ad essere assenti, passivi, succubi di questa indecente operazione? Se vogliono davvero scomparire dalla geografia politica italiana, come appare a molti ormai probabile, non hanno che da continuare ad essere conniventi in questo tentativo di sabotaggio di una riforma civile e costituzionale, come lo sono stati finora.
Quanto ai comunisti, il gioco diventa più difficile e serrato. Non basterà più, ormai, la tattica che avevano scelto, per abilissima che fosse. Avevano abbandonato silenziosamente la loro iniziale, grottesca proposta di una "commissione" che desse l'autorizzazione alla richiesta di interruzione della gravidanza. Avevano sommato i loro voti alla Dc, per imporre il giudizio di un medico e negare libertà e la responsabilità della donna nell'interruzione della gravidanza. Avevano facilmente tollerato che, nel quasi-segreto del "comitato ristretto" (dove, occorre sottolinearlo, i laici erano numericamente in maggioranza) socialisti, liberali, repubblicani e socialdemocratici votassero contro, per onor di bandiera. Ora si accingevano a mutare ulteriormente posizione: in commissione avrebbero trasformato in astensione il loro voto favorevole alla proposta gradita alla DC, essendo questa, in quella sede e in aula, in maggioranza assoluta, con l'aiuto dei missini. Anzi, se la protesta dell'Udi, della base femminile d
el partito, dell'opinione pubblica democratica avessero imprevedibilmente avuto il tempo di organizzarsi e manifestarsi, il Pci era disposto ad allinearsi con gli altri laici; a votare, insomma, per la libertà di aborto per i primi novanta giorni, essendo comunque sicuro di non pregiudicare l'approvazione del testo votato dal "Comitato ristretto" e di aver reso alla Dc ed ai clericali il servizio essenziale di farli vincere in tempo per evitare il referendum.
Le dimissioni di Fortuna mettono in crisi grave questi calcoli. Milioni di cittadini sanno, ora, che il solo modo per impedire il voto di una legge che non elimini l'aborto clandestino è quello di recuperare il dibattito parlamentare, il tempo rubato, sequestrato con il "comitato ristretto". Anche con l'uso del filibustering da parte della sinistra.
In tal caso, la Dc non avrebbe che una sola alternativa: consentire subito il voto una legge (che, in Francia, è stata proposta dal ministro democristiano della giustizia Lecanuet oltre che dalla Veil) di liberalizzazione dell'aborto per i tre primi mesi di gravidanza; o andare sicuramente alla pura e semplice depenalizzazione dell'aborto volontario con il referendum, fino alla prossima legislatura, in cui sicuramente il Parlamento sarà a maggioranza laica, e spostato molto a sinistra.
Iniziamo allora con Loris Fortuna una grande campagna di informazione e di mobilitazione in tutto il paese. Lo faremo usando poco più di una sigla: quella del Movimento socialista per i diritti e le libertà civili - Lega 13 Maggio. Possiamo lanciarci in questa nuova impresa solamente perché, in partenza, il partito radicale ci ha assicurato il suo appoggio, e intende condurre la stessa battaglia.
Domenica mattina, 30 novembre, alle 9.30, al teatro Adriano, con Adele Faccio e Gianfranco Spadaccia, con Franco de Cataldo e Mauro Mellini, con Roberto Guiducci e Emma Bonino, Loris Fortuna e io stesso attendiamo tutti gli amici, le donne e gli uomini, i cittadini e i compagni che credono nella necessità di questa battaglia e nell'estrema importanza della posta di nuovo in gioco, nella lotta contro il potere, contro il regime. Dipenderà dalla loro testimonianza, dalla loro presenza, dalle loro adesioni e sottoscrizioni il proseguirsi dell'azione cui Loris Fortuna, con il suo gesto clamoroso, ha ridato slancio e possibilità di successo. Sarà un test, per tutti noi e soprattutto per i nostri avversari. Intanto, nella sede provvisoria romana della Lega 13 Maggio, in via del Babuino 114, attendiamo adesioni e sostegno. Ne abbiamo, tutti, estremo bisogno.