Una lettera dei compagni di Milanodi Aligi Taschera, Claudio Belbusti, Franco Barbiani, Franco Corleone, Al Aprile (per la Joint Record), Claudio Jacearino, Adele Faccio, Mercedes Bresso, Mario Cirrito, Lucia Parisi, Leonardo Taschera, Collettivo Universitario Radicale di Milano, Giuseppe Manzionna, Paolo Carotta, Fabio Favento
SOMMARIO: Un gruppo di radicali esprime, con una lettera aperta, il proprio dissenso nei confronti di Notizie Radicali che aveva definito "prima vittoria" l'approvazione della nuova legge sulla droga. (Replica di Gianfranco Spadaccia al testo n. 1936)
(NOTIZIE RADICALI n. 240, 31 dicembre 1975)
Cari compagni, siamo stati molto (sgradevolmente) colpiti dal titolo apparso in prima pagina dell'ultimo numero di "Notizie Radiali (datato 28 novembre)" "Prima Vittoria sulla Droga". Francamente non riusciamo a capire come una legge, che nel 1973 avevamo chiamato "fermo di droga", possa ora, sia pure con molte modifiche, diventare una "vittoria" solo perché la sua approvazione in parlamento è stata causata da noi. Certo non possiamo disconoscere che essa, da un punto di vista formale, è un passo avanti: infatti si riconosce (ma, da quanto si può capire, in modo assolutamente superficiale) una differenziazione tra droghe pesanti e leggere, e si depenalizza la detenzione di modiche quantità per uso personale (questo è il dato sostanziale, e non, come erroneamente scrive l'articolista di prima pagina, la depenalizzazione del consumo: il consumo come tale non era penalizzato nemmeno dalla legge del '54, art. 6, almeno nella usa versione letterale).
Ma nei fatti? La depenalizzazione della detenzione di modiche quantità è completamente vanificata dalla punibilità di "chiunque; riceve a qualsiasi titolo... trasporta..." e di chiunque "cede a qualsiasi titolo" anche modiche quantità. Nei fatti dunque la situazione resta identica a prima. Anzi, non identica, perché c'è di più. C'è l'associazione a delinquere, per esempio. Ma c'è di peggio: c'è l'articolo '73. Nella sua prima parte non è solo pericoloso "per associazioni politiche o culturali scomode", ma soprattutto per qualunque luogo di ritrovo spontaneo di ragazzi "diversi" che non piacciono al potere. Ora è una spada di Damocle per qualunque gruppo voglia creare un ambiente di ritrovo che sia indipendente dalla protezione dei gruppi politici già affermati: in un domani, se si dovessero verificare le chiusure politiche contro la cui realizzazione ora siamo mobilitati, potrà essere usato anche contro di noi. E la seconda parte dell'articolo 73 è ancora uno strumento repressivo che va a colpire indiscrimin
atamente tutto il movimento dei giovani che "fumano": è ovvio che chi "fuma" fuma in compagnia, e, specie d'inverno, in ambienti chiusi.
Sulla faccenda dell'apologia non c'è nulla da ripetere. Si commenta da sé.
E' c'è ancora un'ultima cosa gravissima: la terapia coatta. Ci sembra abbastanza assurdo reclamare come passo avanti "l'affermazione del principio di curare il tossicomane anziché punirlo" per poi dire alla fine della pagina che nei fatti si mantiene la terapia coatta, già prevista dalla legge 22-10-'54, art. 21, e per giunta la si allarga ai non tossicomani. Ribadiamo che la legge del '54 (almeno nella sua lettera) non puniva il tossicomane, ma il detentore di sostanza stupefacente (che poi punisse anche chi ne deteneva meno di un grammo è un'altra faccenda). E già essa istituiva il principio di curare il tossicomane, dando obbligo al pretore, solo su richiesta di terzi e dopo accertamenti medici, di ordinare "il ricovero in casa di salute o di cura o in ospedali psichiatrici, perché sia sottoposto a "cura disintossicante"" del tossicomane che si renda pericoloso a sé e agli altri (art. 21). Inoltre nessuno impediva al tossicomane in stato di bisogno di farsi ricoverare volontariamente in ospedale (per lo p
iù psichiatrico).
Ora si mantiene la terapia coatta, allargandola a tutti i consumatori di sostanze psicotrope, le cui condizioni psicofisiche lo richiedano, quindi anche a chi "fuma" e soprattutto a chi fa "trip". Anche se l'unico emendamento socialista che fortunatamente è passato esclude gli ospedali psichiatrici dai distretti preposti alla "cura" dei "drogati", questo non impedirà che essi vengano inviati nei padiglioni neuropsichiatrici degli ospedali civili. E non ci si venga a dire che è sempre meglio la terapia, più o meno coatta, del carcere. Abbiamo sempre detto che democrazia è certezza del diritto. Ora, anche in carcere il diritto esiste (per quanto spesso violato e vilipeso, come sappiamo).
Ma nel momento in cui un cittadino è affidato a uno psichiatra egli è affidato a un potere assoluto, che non è limitato e controllato da alcun diritto positivo.
Ecco perché ci stupisce e ci rammarica che si canti vittoria dopo l'approvazione di questa legge. Ci sembra l'ultimo e più palese sintomo del modo sbagliato con cui si è affrontata questa battaglia. Sembra quasi che si voglia cantar vittoria solo per sbandierare di fronte a una non precisata opinione pubblica una nuova vittoria solo per aumentare il prestigio del nome radicale; tanto per l'opinione pubblica non va tanto per il sottile su queste cose, e non va a sincerarsi del reale valore di certe vittorie. Il guaio è che anche noi non siamo andati tanto per il sottile, esattamente come l'opinione pubblica: questa legge non è che il risultato ovvio di una battaglia condotta con poca chiarezza e spesso con delle remore che temiamo di origine moralistica, e comunque con una preparazione e un impegno insufficienti da parte del partito. Si è fatto spesso del pietismo sui morti per eroina, portando avanti il discorso sull'eroina come discorso per bene che ovviamente va bene per tutti e si è spesso tralasciato di
portare avanti con la dovuta forza e chiarezza il discorso sulla liberalizzazione delle droghe leggere; e questo non solo per il timore che uno schieramento fondato su questo discorso sarebbe debole (timore forse eccessivo), ma anche perché sono rimaste, a nostro parere, delle timidezze irrazionali e delle indecisioni ingiustificate, e perché, probabilmente, non se ne è capita l'importanza. La battaglia contro l'eroina non può essere scissa da quella per la liberalizzazione delle droghe leggere, o più semplicemente assumere un risalto tale da sbilanciare questi due fronti.
Per questo i principali interlocutori della battaglia sulla droga dovevano essere i giovani direttamente interessati al problema: quelli che "fumano" o che fanno "trip", che spesso hanno anche i mezzi e l'esperienza per comprendere più da vicino ed aiutare meglio degli altri gli eroinomani, non solo una generica opinione pubblica che pure va ovviamente sensibilizzata. Ma questo non è stato fatto: si è preferito rivolgersi a una generica opinione pubblica il che ha comportato sbilanciare la battaglia verso un predominio del discorso contro l'eroina, più "per bene" e più digeribile dall'opinione pubblica e anche dai vari politici. In tal modo non siamo riusciti a creare l'attenzione necessaria presso quei giovani perché essi si autoorganizzassero per portare avanti lo lotta: questo grazie alle indecisioni e alle reticenze sul problema delle droghe leggere, al non aver saputo (o voluto) assumere una posizione chiara, non ambigua, sulla legge che stava passando, quando si sapeva che l'unica legge sulla droga che
giaceva nei cassetti del parlamento era la Gaspari-Gonella.
Tutto questo ha portato all'errore finale e più grave: a seguire in modo distratto o non seguire del tutto il dibattito della legge alla camera e a non mobilitarci e a non essere nemmeno in grado di mobilitare né noi né gli interessati per sostenere con forza gli emendamenti socialisti; in sostanza a lasciar passare la legge così com'era senza muovere un dito.
Questa non vuole essere una critica a qualcuno in particolare, né vogliamo scaricare tutte le responsabilità sul gruppo romano; anche noi abbiamo fatto poco o niente.
Ma quello che vogliamo dire è solo che l'approvazione di una legge così gravemente repressiva non ci deve indurre a cantare vittoria, ma semmai a criticare i nostri errori per poter continuare la battaglia in un modo più efficace e senza ripeterli: continuare la lotta non solo contro il mercato dell'eroina, come avete scritto, ma anche per la liberalizzazione almeno parziale delle droghe leggere. O per lo meno per modificare la legge nel senso che era indicato dagli emendamenti proposti dai socialisti; questo non sarà probabilmente possibile ora, ma possiamo pensare di muoverci per ottenere una modifica durante la prossima legislatura.
Scusate se la lettera è molto lunga, ma vi preghiamo di pubblicarla ugualmente: che la legge passata sia vittoria o no, resta il dato di fatto che essa è estremamente problematica, soprattutto per noi che ne portiamo la maggiore responsabilità, e dunque è importante aprire un dibattito, soprattutto per creare un punto di riferimento, di riferimento per quei compagni che, come noi, vogliono continuare la battaglia.