di Gianfranco SpadacciaSOMMARIO: Replicando alla lettera di numerosi radicali (testo n. 1935) che avevano espresso il proprio dissenso nei confronti di Notizie Radicali per aver definito "prima vittoria" l'approvazione della nuova legge sulla droga, Spadaccia rivendica al Pr il merito di aver fatto approvare un testo che altrimenti avrebbe dovuto attendere mesi o anni prima di essere discusso. L'azione nonviolenta di Marco Pannella non si poneva infatti l'obiettivo dell'approvazione di una legge "radicale" ma quello del rispetto delle regole e degli impegni parlamentari. Ma anche se è una brutta legge è sbagliato criticarla in modo indiscriminato. Le responsabilità di chi si limita alle critiche e non s'impegna in prima persona con azioni di disobbedienza civile.
(NOTIZIE RADICALI n. 240, 31 dicembre 1975)
"Se l'assunto dei firmatari della lettera, fra i quali sono il presidente del partito e due componenti della segreteria nazionale, è esatto, bisogna essere conseguenti. Se essere stati determinanti nell'approvazione di questa legge non è, per i radicali, un merito, allora è una loro responsabilità e una loro colpa: una grave responsabilità e una grave colpa. Su una cosa infatti non può esserci contestazione: senza la fumata e il successivo arresto di Marco Pannella, senza il mio digiuno, senza l'intervento del Partito Radicale presso i due rami del parlamento, presso il governo della Repubblica, presso le segreterie dei partiti e i gruppi parlamentari, questa legge non solo non sarebbe passata, ma probabilmente avrebbe dovuto attendere mesi o (crisi di governo o elezioni anticipate aiutando) anni, prima di essere approvata. E allora i compagni devono mettere sotto accusa il partito, non solo me o la segreteria, ma tutto il partito (perché anche le omissioni hanno la loro importanza), e non possono limitarsi
alle "sgradevoli" sorprese per il fatto che "Notizie radicali" ha rivendicato al partito radicale il merito della approvazione della legge.
Su questo è giusto e necessario aprire un dibattito. In questo dibattito interverrò per il momento soltanto con alcune osservazioni e precisazioni preliminari:
1 - l'obiettivo della disubbidienza civile di Marco Pannella e del mio digiuno del luglio scorso, non era l'approvazione di una legge radicale, ma l'ottenimento di formali, autorevoli e precisi impegni sui termini entro i quali il parlamento avrebbe concluso l'iter parlamentare della legge: cioè non chiedevamo la nostra legge, ma la legge che questo parlamento avrebbe potuto esprimere o ritenuto di dover esprimere, a maggioranza o alla unanimità. In subordine, senza tuttavia farne almeno inizialmente una condizione ultimativa, chiedemmo l'impegno del Governo ad emanare, dopo l'approvazione della legge da parte del Senato, un decreto legge che consentisse di anticipare gli effetti della depenalizzazione e che consentisse perciò la scarcerazione già in autunno dei compagni detenuti per consumo di droga. Gli impegni richiesta al Parlamento sono stati formalmente e solennemente rilasciati dai Presidenti delle due Camere, e poi rispettati: il Senato ha approvato la legge alla ripresa dei lavori autunnali; la Came
ra la ha approvata entro il mese di novembre. In seguito a questi impegni Pannella rinunciò alla sua seconda disubbidienza civile; io, Marisa Galli, Aloisio Rendi e Maria Leonia Taranta, che si erano uniti al mio digiuno (Marisa Galli aveva anche annunciato che si sarebbe unita anche alla seconda disubbidienza civile di Marco) sospendemmo il nostro digiuno;
2 - l'impegno del Governo fu, a settembre, dopo l'approvazione della legge da parte del Senato, clamorosamente disatteso. Per l'opposizione del ministro Reale e del partito repubblicano il Presidente del Consiglio Moro è venuto meno alla parola che aveva solennemente data in luglio in seguito alla mediazione del Presidente della Camera Pertini, dell'allora vicepresidente della camera Zaccagnini e del ministro della sanità Gullotti. L'aver subìto questo mancato rispetto dell'impegno governativo è stato il vero punto di crisi dell'iniziativa politica radicale: non solo perché ha prolungato la detenzione dei compagni in carcere, ma perché ha fatto venir meno la credibilità dell'iniziativa politica radicale nella fase successiva della lotta ingaggiata sui contenuti della legge e sugli emendamenti presentati alla Camera. Su questo ho centrato la mia autocritica in congresso, sia nella relazione sia nella fase conclusiva del dibattito sulle mozioni finali. Ancora oggi ritengo questa una grave sconfitta della mia s
egreteria. E' singolare invece che di questo e su questo non si faccia alcun cenno nella lettera dei compagni, i quali ritengono invece di mettere in discussione e di togliere ogni valore agli obiettivi sui quali l'azione politica del partito ha avuto successo e agli impegni che nei confronti del partito sono stati assunti e rispettati dalle più alte autorità del parlamento. Ritengo questo grave per ragioni metodologiche, perché mi sembra che porti le nostre discussioni per la prima volta in campo dell'astrattezza, allontanandole dalla analisi minuziosa e concreta, che è invece necessaria, sulle dinamiche del confronto e dello scontro con le istituzioni e sui metodi e gli obiettivi della lotta nonviolenta;
3 - mentre confermo la gravità dello scacco subìto nel momento in cui abbiamo accettato senza reagire che il governo disattendesse ai suoi impegni, ritengo che le nostre richieste, al parlamento siano state corrette e abbiano rappresentato un successo del partito. Così ci siamo comportati sempre con le nostre azioni di disubbidienza civile, nei rapporti con le istituzioni, in numerosissime occasioni: per la Cecoslovacchia nel 1968, per il divorzio nel 1970, per l'obiezione di coscienza e per la legge Valpreda nel 197??. La forza dei nonviolenti non è quella che imporre, con il digiuno o con qualsiasi altro mezzo, l'affermazione della loro legalità alternativa, ma è quella di chiedere il rispetto della legalità vigente che si assume come base del patto sociale, di quella legalità cioè da cui i governanti di oggi traggono la loro legittimazione. Anche sulla droga abbiamo sempre detto che, una volta ottenuti gli impegni sull'iter parlamentare, avremmo ripreso con altri mezzi la nostra battaglia di opinione sui
contenuti della legge. Cosa che in realtà abbiamo fatto, sicuramente in forma inadeguata;
4 - anche qui tuttavia i compagni, invece di soffermarsi nella critica ai metodi con cui è stata condotta la lotta sui contenuti della legge, esprimono critiche di carattere generale che, se ripetono gli attacchi che ci sono venuti a posteriori da altre forze politiche (Stampa alternativa e alcuni gruppi extraparlamentari), non aiutano molto il dibattito sui metodi di lotta radicali. Il punto centrale di questa critica mi sembra sia da individuare nel fatto che non avremmo portato avanti lo obiettivo della liberalizzazione delle droghe leggere. Devo dire che questo obiettivo non era nel nostro progetto di legge preparato dal compagno Arnao, non è stato avanzato mai da nessuno all'interno del partito, non c'è stato proposto neppure da Marco Pannella (il quale però, almeno, più coerentemente parla di "non droghe" e non di droghe leggere), meno che mai è stato proposto da forze esterne al partito tutte singolarmente silenziose e opportunisticamente assenti, o perbenisticamente e borghesemente critiche e distant
i nel momento caldo della lotta, salvo poi a scoprirsi spregiudicate e avanzatissime quando il nostro "esibizionismo" e la nostra lotta avevano ormai conseguito, nel bene e nel male, nel positivo e nel negativo, i loro risultati;
5 - io non ritengo che sia qui il punto del nostro insuccesso. Ritengo che il punto del nostro insuccesso, il momento critico della nostra lotta sia da individuare nel fatto, lo dico e lo ripeto, che a settembre non è stata ripresa alcuna azione di disubbidienza civile. Non l'ha fatto Pannella, alle prese con la lotta sull'aborto, con la lega 13 maggio, con la preparazione del suo libero e con altri problemi. Non l'ho fatto io alle prese con la preparazione del congresso. E il partito? e il resto del partito? Dal partito non sono mancate per la verità proposte e disponibilità per azioni di disubbidienza civile. Ma sono venute da compagni giovani o da compagni che erano già stati in carcere per droga. Forse abbiamo peccato di paternalismo ma ci siamo attenuti, io almeno mi sono attenuto, al principio sempre seguito, che in un'azione politica collettiva e organizzata non devono essere i compagni più deboli, più scoperti e più esposti a subire i rischi maggiori della disubbidienza civile;
6 - quanto al resto io credo che possano essere confermate, per quanto mi riguarda, puntualmente tutte le affermazioni contenute nell'articolo contestato, dove è scritto che questa non è la nostra legge, che è una brutta legge, che contiene margini gravi di ambiguità, che continua a ispirarsi a criteri autoritari e repressivi, lasciando ampi margini di interpretazione e di discrezionalità alla polizia e alla magistratura nella sua applicazione. Dove è anche scritto che non riteniamo conclusa la lotta e che siamo pronti a riprenderla, questa volta speriamo più efficacemente, con nuovi mezzi di disubbidienza civile. Ma detto questo va anche detto, e per quanto mi riguarda va ribadito con forza, che la lotta riprende in condizioni migliori e più avanzate nelle quali sarà più difficile alla polizia, ai settori più reazionari della magistratura, al potere, attuare la sua politica repressiva nei confronti dei consumatori delle "non-droghe" e attuare contemporaneamente la sua politica di sostanziale "laissez-faire"
nei confronti dell'installazione in Italia dell'industria della droga mortale. Lasciamo fare a Stampa alternativa o al Manifesto i paragoni con la legge Gaspari. Sono paragoni assurdi e ridicoli. Una critica indiscriminata dell'attuale legge ha lo stesso effetto di disinformazione che hanno le esaltazioni acritiche che ne fa una certa parte della stampa borghese. E siccome la demagogia non mi piace, non mi nascondo, per esempio che, in mancanza di centri per la somministrazione gratuita controllata di eroina negli ospedali, la depenalizzazione del consumo di questa sostanza può pericolosamente aprire la strada alla maggiore diffusione dello spaccio di questa droga.
7 - muta la qualità della nostra lotta. E qui bisogna mettersi bene in testa che d'ora in poi se il partito vuole essere efficacemente presente nella lotta contro l'eroina e le altre droghe mortali, come nella lotta contro la repressione nei confronti dei diversi e dei consumatori di hascisc, dovrà darsi diverse articolazioni e diversi strumenti. Fare appello alla responsabilità e al diretto intervento di quanti hanno personale e drammatica esperienza di droga, è una bella e toccante e "libertaria" affermazione di principio. Ma dai firmatari della lettera mi attendo qualcosa di più e di diverso, come lo attendo dal partito: dove stanno i compagni, gli esperti, i medici, gli assistenti sociali, gli avvocati, gli psichiatri che sono disposti a dare concretamente una mano a questi compagni? Quanti sono i partiti radicali regionali, le associazioni locali, i gruppi radicali a qualsiasi titolo costituiti, i radicali operanti nelle associazioni di base, nei comitati di quartiere, nei collettivi studenteschi che si
sono cominciati concretamente a porre il problema di quale intervento deve essere operato, qui ed ora, e non in un imprecisato futuro, presso le Regioni, per la costituzione delle strutture cui fa riferimento la legge e perché, nell'ambito di tali strutture, si dia luogo alla costituzione di centri di somministrazione terapeutica controllata di eroina negli ospedali pubblici? E' per questa strada e solo per questa strada che può essere ingaggiata validamente la nuova lotta radicale, socialista, libertaria contro la disapplicazione o contro una applicazione repressiva della nuova legge, e anche contro ogni forma di terapia coatta. Marisa Galli è stata l'unica a dare in congresso precise indicazioni su questo e ad assicurare la propria disponibilità, che anche recentemente mi ha confermato. Ma è stata l'unica. E gli altri?