di Marco PannellaSOMMARIO: In un articolo sulla crisi alla Regione Lazio, un giornalista di Paese Sera, Alfonso Testa scriveva, il 15 gennaio che era impossibile la costituzione di una giunta di sinistra poiché questa era minoritaria, disponendo di soli 28 voti su 60, non essendo credibile un eventuale voto a favore di De Cataldo dato il suo atteggiamento "di fatto filofascista" a causa della sua difesa di esponenti di Avanguardia Nazionale. Dichiarava, poi, che questo era il giudizio e la linea del giornale.
A questa vergognoso e diffamatoria manovra politica e giornalistica dà un'ampia risposta Marco Pannella nella sua "lettera aperta" ad Arrigo Benedetti, direttore di Paese Sera, in cui ricorda il carattere "voltairriano" dell'iniziativa radicale tesa a "non consentire un processo fascista da tribunale speciale". Il comportamento successivo del giornale non ha fatto che confermare le accuse di Pannella e del Partito Radicale: alla richiesta di un dibattito e di un confronto si rispondeva con la pubblicazione di una lettera di Testa in cui si ribadivano i concetti già espressi nell'articolo diffamatorio, una breve risposta del direttore che smentiva che la posizione di Testa fosse quella del giornale ma accusava i radicali di diffamare la testata di Paese Sera ed infine un comunicato del Comitato di Redazione che si schierava apertamente dalla parte di Testa. Quindi silenzi totale. Non veniva pubblicata una lettera del primo interessato, Franco De Cataldo, si continuava a sostenere che la giunta di sinistra all
a regione Lazio avrebbe potuto disporre di solo 28 voti, si privava i lettori di qualsiasi informazione su tutta la vicenda.
(NOTIZIE RADICALI N. 1, 24 gennaio 1976)
Marco Pannella a Arrigo Benedetti
Roma, 16 gennaio - NR
"Caro Arrigo,
continuo a ritenere che l'attacco proditorio e fascista venutoci dal tuo giornale sia anche un attacco alla tua direzione, alla tua presenza, alla tua figura morale, giornalistica, politica.
Continuo a crederlo, anche se è intollerabile il silenzio odierno di Paese Sera. Tu lo sai: mai, nemmeno nel peggiore periodo stalinista, si osò linciare come fascisti i radicali, quale che fosse la loro corrente o la loro generazione.
Il lurido attacco a De Cataldo è doppiamente pretestuoso: il pennivendolo Alfonso Testa sapeva benissimo, come lo sapevano i responsabili che per due giorni ne hanno usato le doti di sicofante, che De Cataldo si era limitato a rispondere in sola linea di principio all'appello laico, voltairriano, ultra-antifascista, che il Partito Radicale e la Lega 13 Maggio hanno rivolto agli avvocati democratici per non consentire un processo fascista da tribunale speciale; sapevano benissimo, questi signori, che alla stessa ora in cui prendevano De Cataldo a pretesto per colpirci, De Cataldo veniva espulso dal PRI per la sua posizione laica, alternativa indisponibile a collaborare con la stessa gente che tu, prima di tutti noi hai indelebilmente segnato come i corruttori della capitale e gli untori della repubblica.
Ma dovevano sostenere che nella Regione Lazio non c'è maggioranza possibile di sinistra: per farlo hanno usato gli stessi sistemi con i quali i clericali e gli stalinisti hanno sempre eliminato ogni dissenso, quando lo hanno potuto, assassinando fisicamente o moralmente chi lo proponeva.
C'è un fascismo "antifascista", da troppo tempo, che viene usato per tenere in piedi le bande di predatori, di peculatori, di corruttori che sono al potere.
Ma questo episodio (e tu probabilmente non te ne sei accorto, dopo tanti anni di assenza da Roma) non è che la conclusione di una linea di informazione e politica di Paese Sera, a livello regionale e cittadino, fatto già da molti mesi di informazione disonesta, di censura, di "abrogazione" dei fatti e delle persone scomode: dei radicali, in primo luogo. Di De Cataldo, cui viene riservato l'odio che si deve dai disonesti agli onesti e ai capaci.
Fra pochi mesi ci saranno elezioni amministrative e politiche. Tu sai che non ho pronunciato parola, non ho mosso una critica per la fiducia e il rispetto di fondo che ti porto, a scelte che hai compiuto e che ritengo errate, come tu sicuramente, ora, le nostre. Ho accettato la prospettiva che la campagna comunista sulla stampa romana fosse ammantata dal tuo prestigio e dal tuo laicismo, senza nemmeno esprimere la più tenue delle riserve: e sì che sai che non ho paura di polemiche anche fra amici.
Ma devo dirti che se i sacrestanucci filo-petrucciani, antisocialisti e antiradicali che rappresentano un volto non sufficientemente noto della corruzione romana, che ammorba ormai la sinistra intera, continueremo ad avere l'avallo e la protezione, sia pure per omissione d'intervento e di chiarificazione, baderemo ai padroni e non ai servi zelanti e sciocchi, a un PCI, insomma, che non ha nulla, nulla, nulla da insegnarci in tema di libertà, di onestà, di rigore, di lotte popolari e democratiche.
Oggi tutta la stampa nazionale ha taciuto la nostra polemica. E' un segno sul quale ti prego di meditare. Stiamo, noi del Partito Radicale e dei movimenti per i diritti civili, divenendo davvero i "fascisti", gli "ebrei", i "perversi". Come un tempo. Non abbiamo diritto di parola. Se la conquistiamo, come con De Cataldo alla Regione Lazio, viene censurata, soffocata, mistificata. Se - sapendo quel che ci attende - serbiamo la nostra tensione morale e ideale e prendiamo decisioni (che si possono benissimo criticare: ma, ti ricordi, ci criticarono anche quando fummo contro la legge Scelba) che sappiamo difficile quanto obbligate, doverose, il linciaggio più lurido ci viene da un giornale diretto da te, verrebbe per la prima volta di dire basta e di andare a casa.
Ma non lo faremo. Anzi, per un certo verso dobbiamo ringraziare il salariato petrucciano che ci ha colpiti. Ci siamo accorti che non c'è tempo, né battute da perdere. Risponderemo in pubblico, anche a quest'attacco e a tutto quello che c'è dietro, fra due domeniche al teatro Adriano, Adele Faccio, Loris Fortuna, Gianfranco Spadaccia, Franco De Cataldo, Mauro Mellini e io stesso.
Non ci avevamo pensato. Lo abbiamo deciso stamane. Come vedi noi restiamo radicali. Affettuosamente, tuo Marco Pannella".