di M. P.SOMMARIO: La denuncia del monopolio della RAI-TV che, secondo la Corte Costituzionale, dovrebbe fondarsi sul diritto d'accesso delle forze socialmente rilevanti e che invece crea un vero racket di informazione e di verità a beneficio dei partiti di regime. Anche la neonata "sottocommissione per l'accesso" è un'altra interprete della truffa perpetrata ai danni del diritto all'informazione. L'"oscuramento" delle tribune politiche e il rifiuto di programmare dibattiti veri che per essere tali, dovrebbero opporre i sostenitori di due tesi e forze politiche.
(NOTIZIE RADICALI N. 1, 24 gennaio 1976)
Continua lo scandalo della Rai-Tv: nonostante il Pretore di Roma abbia messo in discussione la costituzionalità degli artt. 4 e 6 della legge di "riforma", nonostante sia l'attuale presidente della Corte Costituzionale, Paolo Rossi, che il suo predecessore, Bonifacio, abbiano a chiare lettere in questi giorni ribadito che la legittimità del monopolio si fonda sul diritto d'accesso delle forze socialmente rilevanti, poco o nulla è cambiato dai tempi di Bernabei: la trasmissione, deliberatamente boicottata, del 12 gennaio è solo un esempio. E mentre Rai-Tv e Parlamento giocano a scaricabarile fra di loro, è entrato in scena un'altra interprete della truffa: la neonata "sottocommissione per l'accesso" presieduta dal repubblicano Bogi. Il Presidente della Commissione di Vigilanza sulle Radio-diffusioni, il DC Sedati, ha già fatto capire che il regolamento d'accesso sarà fatto quando e come lo vorrà la sottocommissione e che le modalità dei dibattiti sul referendum, qualora si dovesse svolgere, saranno stabiliti
quando la campagna elettorale sarà già cominciata. Di fronte a questa ennesima prevaricazione anticostituzionale del "sindacato dei partiti di regime", non resta che attendere che sia la Corte Costituzionale a sancire le illegalità fin qui perpetrate ed a fissare con precisione i compiti e i limiti del Parlamento in questo campo.
La censura che la Commissione Parlamentare di Indirizzo e di vigilanza ha finalmente fatto alla Rai-Tv è semplicemente risibile e stupida. E' testimonianza di una classe dirigente che si muove ottusamente come sindacato di partiti abituati a fare racket di privilegi, nella fattispecie, di informazione e di verità.
Ci si duole infatti, che il PSDI, PLI, l'MSI-DN, la Sinistra Indipendente (cioè un sotto-PCI) non siano intervenuti al dibattito sull'aborto. Ma non ci si duole, invece, che in realtà la Dc, il PCI, il PSI, il PRI e il PR, l'onestà di informazione, e gli utenti, siano stati beffati dalla Rai-Tv, facendoli parlare e comparire da un video aperto solo a clienti, familiari e addetti al lavoro. Se la percentuale di utenti che hanno seguito il dibattito è stato a Milano del 2,1% (calcoliamo solo quelli che che erano dinanzi alle televisioni nazionali) la media nazionale non supera certamente l'1,3%. Tanto vale dire che la trasmissione non c'è stata.
Avevamo previsto, denunciato, verificato questa operazione truffaldina, di "giornalisti" di regime che operano da fascisti, clericali, ladri di verità e di onestà: parliamo dei "programmatori" e dei loro complici, dei Giovanazzo e dei De Luca, tanto per non fare nomi. Si doveva, alla fine, parlare di aborto? Dopo anni di censura a tutto tranne che ai documenti pontifici e clericali? Si è allora trovato il sistema: si cerca il vuoto di ascolto e di video, opponendo al dibattito un film di sicuro, massimo richiamo, non lo si annuncia sul radiocorriere, non lo si annuncia sui giornali, si fa iniziare il film alle 20,40 e il "dibattito" alle 21,00.
Diciamo anche chiaramente alla Commissione di Indirizzo e Vigilanza che se la legge lo avesse previsto, come la magistratura pensa che sarebbe stato necessario, li avremmo denunciati per omissione e abuso di atti d'ufficio e avremmo presentato ricorso perché le loro delibere e censure non sono altro che una testimonianza di incapacità, di ingiustizia, di ottusità, di parzialità.
La verità è che non si vogliono dibattiti veri; che per essere tali, dovrebbero opporre i sostenitori di due (comunque mai più di tre) tesi e forze politiche.
Si preferisce invece il rito squallido di comparse senza spettatori, di litanie biascicate dai partiti.
Dibattiti, per intenderci, che portano la gente intelligente e seria a preferire ormai un film qualunque a questo indecente spettacolo che si vorrebbe quasi solenne, per la difesa e l'affermazione delle istituzioni.