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Notizie Radicali - 3 marzo 1976
Un milione di firme per una carta delle libertà e dei diritti civili

SOMMARIO: "Nessun programma di riforme economiche e sociali di cui si stentano per altro ad intravvedere i lineamenti concreti nella generalità e a volte nella genericità delle formulazioni e dei piani, può realizzarsi se non è fondato su un progetto di libertà democratiche inquadrate in una visione socialista dei rapporti sociali." Per queste ragioni il Pr ha proposto al Psi il progetto di raccogliere entro l'anno un milione di firme sulle proposte di legge di iniziativa popolare relative ai rapporti fra Stato e Chiesa e sui poteri dello Stato in materia di libertà dei cittadini.

(NOTIZIE RADICALI n. 4, 3 marzo 1976)

Il progetto radicale di raccogliere "un milione di firme per una carta delle libertà e dei diritti civili" comincia a prendere corpo almeno nei suoi contenuti. Una prima proposta di legge di iniziativa popolare, che corrisponde in larga misura ai contenuti dei referendum promossi negli anni precedenti del Partito Radicale, è stata già presentata alla cancelleria della Corte di Cassazione. E' ormai pronta nelle sue linee generali la bozza delle altre due proposte di legge, quella di revisione costituzionale dell'art. 7 per una nuova regolamentazione dei rapporti fra Stato e Chiesa, e quella più generale che contiene un gran numero di norme destinate ad innovare profondamente nell'ordinamento giuridico sia per quanto riguarda i poteri dello Stato sia per quanto riguarda le libertà dei cittadini.

Il progetto complessivo, in una formulazione ancora aperta a nuovi contributi e ad eventuali modificazioni, è stato consegnato ufficialmente in apertura dei lavori al Congresso del PSI e nei prossimi giorni sarà inviato alle altre forze politiche democratiche, politiche e sindacali, parlamentari ed extraparlamentari. Tuttavia non sarà facile non solo imporre il confronto e il dibattito politico su di esso, ma anche solo farlo conoscere e giudicare all'opinione pubblica e alla vasta base democratica del paese. Ancora una volta la censura della RAI e della stampa di regime è caduta pesantemente su questa nuova iniziativa radicale. Ancora una volta si tenta di abrogare le forze politiche e le iniziative che sono rivolte a dare una risposta concreta alla paralisi delle istituzioni democratiche e al processo di disfacimento del regime.

E' quindi necessaria una vasta mobilitazione per costruire intorno a questo progetto una iniziativa politica di massa capace di marcare e di condizionare la politica parlamentare dell'ultimo scorcio di questa legislatura e della prossima. Lo sforzo dei radicali non sarà sufficiente se non riusciremo a rompere il silenzio (ma sarebbe più giusto parlare di un vero e proprio muro di omertà) della stampa, anche della stampa radical-borghese, se non si unirà allo sforzo e all'impegno dei radicali, quello dei democratici. Come già è avvenuto per l'aborto determinante sarà la risposta dei compagni socialisti, dei congressisti del PSI a cui questo giornale è particolarmente rivolto.

Il regime rischia di affogare in un mare di scandali e di corruzione, vittima ormai della stessa protervia e prevaricazione che ha rivolto per decenni contro la democrazia e contro i cittadini e che oggi gli si rivolta contro. La Repubblica rischia però anch'essa di rimanere travolta dalla crisi del regime se le forze cui spetta assicurare un'alternativa si preoccuperanno soltanto di ricercare nuovi equilibri di potere senza dare a questa alternativa il contenuto di una proposta complessiva di reintegrazione della legalità repubblicana, di profonda trasformazione democratica dello Stato e delle istituzioni, di rovesciamento dei rapporti autoritari che hanno sempre caratterizzato i rapporti fra Pubblica Amministrazione e cittadini, di ampliamento delle libertà e di conquista e instaurazione di nuovi diritti civili.

E' un compito che spetta innanzitutto alla componente socialista e libertaria della sinistra. Nessun programma di riforme economiche e sociali di cui si stentano per altro ad intravvedere i lineamenti concreti nella generalità e a volte nella genericità delle formulazioni e dei piani, può realizzarsi se non è fondato su un progetto di libertà democratiche inquadrate in una visione socialista dei rapporti sociali.

La legislatura che stiamo per lasciarci dietro le spalle è stata forse la più contraddittoria delle legislature repubblicane. L'Italia del 13 maggio e del 15 giugno è riuscita a strappare ad un Parlamento a maggioranza clerico-fascista la vittoria nel referendum sul divorzio, il voto ai diciottenni, la riforma del diritto di famiglia, il cambiamento di maggioranza in molte regioni e in decine e decine di città. Ma quel Parlamento ci ha dato la legge Reale, una serie innumerevoli di avocazioni e di scandali di regime, nuovi provvedimenti repressivi e corporativi, il tentativo di risolvere con una legge-truffa il problema dell'aborto.

Con l'avanzata della sinistra, confermata da tutti i sondaggi demoscopici, la prossima legislatura deve essere quella che spazzerà via la legislazione fascista e democristiana, le leggi clericali, autoritarie e corporative che hanno svuotato e contraddetto la Costituzione repubblicana e contribuito alla edificazione del regime.

La sinistra non può perdere, una nuova occasione storica, come già accadde nel 1947-48 quando rinunciò a cogliere l'opportunità che le era stata offerta di interrompere la continuità dello Stato fascista e delle sue leggi. Il rifiuto o l'incapacità di cogliere quella opportunità spianò la strada alla restaurazione degli anni '50.

Per far questo, per imporre questo obiettivo non sono sufficienti programmi di vertice, impegni a tavolino, dichiarazioni di buone intenzioni. E' necessaria e urgente una mobilitazione popolare, unitaria, di massa e del basso, come avvenne lo scorso anno per l'aborto.

Ne esistono tutte le condizioni. Ma non possiamo e non dobbiamo farci illusioni. Avremo contro il regime in tutte le sue componenti, anche quelle più pericolose che ormai si nascondono sotto la politica del dialogo e del rinnovamento. E avremo contro gli errori di valutazione di una parte della sinistra che ci accusa di radicalismo piccolo borghese, di velleitarismo, di illuminismo, di politica non unitaria e non di classe.

Come nel 1974, dopo la vittoria del divorzio, per chi vuole impedire la trasformazione e il cambiamento, per chi vuole impedire l'alternativa, è di nuovo essenziale abrogare i radicali e con essi i diritti civili e le lotte di liberazione.

 
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