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Filippini Rosa - 30 giugno 1976
MA L'ANTIMILITARISMO NON VA IN SOFFITTA
OBIEZIONE DI COSCIENZA

di Rosa Filippini

SOMMARIO: Rosa Filippini lamenta il rischio che la Lega degli obiettori di coscienza perda il carattere antimilitarista delle origini, constatando anche che a tre anni dall'approvazione della legge in materia non vi è stata una crescita quantitativa di coloro che hanno scelto il servizio civile. A suo giudizio, l'iniziativa del movimento è stata frenata dal fatto che la Lega, per supplire alle carenze del Ministero della difesa, abbia dovuto addossarsi l'intera organizzazione del citato servizio; si è finito così per identificare le finalità di questo con quelle della Lega. Gli obiettori organizzati nei coordinamenti regionali attribuiscono la responsabilità della crisi alla "linea radicale", rimproverata di svolgere una politica teatrale e fine a se stessa, distaccata dagli interessi delle masse, senza però proporre alternative valide. La spaccatura è stata ricomposta dall'intervento di Pannella, presidente della LOC: esistono quindi le basi per una ripresa del movimento.

(PROVA RADICALE, giugno 1976)

"C'è un ente, compagni, con cui dobbiamo sbrigarci a prendere contatto per "farne scoppiare le contraddizioni", per "deistituzionalizzarlo". Questo ente si chiama esercito, "assiste" circa 300 mila ragazzi l'anno, ne incarcera altri 6 mila e non sappiamo quanti ne rende pazzi. Prende i soldi dalle nostre tasche, è un ente inutile, ma ancora nessuno si è proposto di abolirlo. Nemmeno in questo congresso se n'è parlato". Al terzo congresso della Lega degli obiettori di coscienza (1-2 maggio) parla Dalmazio Bertulessi, 22 anni, metalmeccanico, appena uscito dal lager di Gaeta, dopo avervi scontato 16 mesi per il rifiuto del servizio militare e del servizio civile. Non ha torto: in questo congresso, a cui hanno partecipato circa 200 obiettori in servizio civile o in attesa di partenza, di antimilitarismo di è parlato solo come al congresso della DC si parla della Resistenza. Si nomina continuamente, ma non si sa cosa sia, è presente in tutti i discorsi, ma solo in quelli. L'attività del movimento si limita in qu

esto momento agli interessi immediati dei giovani in età di leva che hanno scelto il servizio civile.

Il pericolo di un'involuzione corporativa è esistente. Alle proposte dei vecchi dirigenti radicali nonviolenti le risposte dei nuovi obiettori appaiono deludenti: "Le marce antimilitariste? Come si fa a partecipare? Ci sono gli orari di lavoro, i vecchietti da assistere, il distretto che non concede la licenza, il direttore dell'ente che ci denuncia ai carabinieri...". "Per far passare una nuova legge prenderemo contatto con l'ente Regione... chiederemo ai consigli comunali di far pressione sulla commissione parlamentare... fra due o tre anni di vedrà...". Nel frattempo la mancanza di iniziative politiche, l'indebolimento del carattere antimilitarista nonviolento del movimento hanno già prodotto effetto negativi: a tre anni dall'approvazione della legge non c'è stato neanche una crescita quantitativa, gli obiettori che hanno svolto, stanno svolgendo o hanno richiesto di svolgere il servizio civile non hanno superato il migliaio. Né basta la maggiore durata nel servizio per giustificare la preferenza che i g

iovani di leva continuano a dare al servizio militare.

Nei primi due ani di vita il movimento, con una forte caratterizzazione antimilitarista, e malgrado i pochi militanti, aveva realizzato una serie di conquiste che rendevano l'obiezione di coscienza un'alternativa credibile in concreto, molto più che negli altri paesi europei.

Ma a quel punto, per supplire alle carenze del ministero della difesa, la lega ha dovuto addossarsi l'intera organizzazione del servizio civile: reperire gli enti disposti a utilizzare gli obiettori, organizzare i corsi di formazione e i successivi distaccamenti. Questa prova di forza e di responsabilità si è trasformata ben presto in un carico organizzativo eccessivo che ha frenato l'iniziativa e la forza contrattuale del movimento. Tutti i giovani alle prese con i problemi di destinazione, per il solo fatto di aver presentato domanda di servizio civile ritengono di farne parte. Alcuni, forse scambiandolo per un ufficio distaccato del ministero della difesa, scrivono alla sede centrale lamentando i ritardi nell'accoglimento delle domande o del disbrigo delle pratiche burocratiche.

A questo punto, trasformata la sede centrale in un ufficio di collocamento, le sedi periferiche sono praticamente morte, e gli unici centri di attività rimangono i collettivi di obiettori in servizi presso i vari enti, organizzati in coordinamenti regionali. Ma proprio questi compagni, pressati dai problemi che affrontano ogni giorno nelle realtà in cui operano, hanno finito per identificare le finalità del servizio civile con quelle del movimento. Rifiutano perciò ogni iniziativa politica di disobbedienza civile che possa mettere il ministero della difesa di fronte all'alternativa: consentire finalmente un servizio civile autodeterminato e autogestito, o prendersi la responsabilità di rispedire tutti in galera come prima dell'approvazione della legge.

La paura è di affossare il servizio civile com'è per cui propongono di cercare invece "le alleanze con le forze democratiche", e finiscono in pratica con l'accettare la dipendenza dal ministero della difesa, né più né meno che i militari di leva.

Ridoti così gli interessi al solo servizio civile, sono scomparse dai congressi tutte quelle componenti, un tempo assai vive, che sono interessate all'antimilitarismo nonviolento, ma non hanno problemi di leva.

Alle critiche, gli obiettori organizzati nei coordinamenti rispondono addossando la responsabilità della crisi a quella che definiscono la "linea radicale" e che in realtà è la stessa linea dei dirigenti storici nonviolenti del movimento come Pinna, Soccio, Fiorelli, che non sono mai stati iscritti al Partito Radicale. Afflitti da complessi d'inferiorità nei confronti della "sinistra di classe", rimproverano ai radicali di voler strumentalizzare il movimento per una politica di élite fatta di azioni teatrali, provocatorie, fine a se stesse. Insomma, una politica distaccata dagli interessi delle masse, dalle lotte operaie; in una parola, borghese.

Ma quanto a proposte alternative, niente: tranne la stanca riproposizione d'iniziative per far approvare una legge migliore sul servizio civile (da notare che la legge era stata elaborata da esponenti radicali negli scorsi anni, e avrebbe potuto essere già approvata, ma allora, era ritenuto da questi stessi compagni, un problema marginale).

Un intervento di Pannella, presidente della LOC, al suo sesto giorno di digiuno integrale, il 1· maggio, ha contribuito a calmare gli animi e a trovare un'intesa. Si è votato così una mozione unitaria, subito definita il "compromesso storico" degli obiettori, che consentirà la crescita di entrambe le componenti. Una spaccatura avrebbe causato la morte del movimento.

Esistono quindi le basi per una ripresa della Loc: ma questo dipenderà ormai dalla capacità politica della nuova segreteria, che è formata tutta da obiettori in servizio civile.

 
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