MLD E ELEZIONIdi Eugenia Roccella Wanda Raheli, Francesca Capuzzo (della segreteria e del Consiglio Federativo del MLD)
SOMMARIO: In occasione delle elezioni, il movimento femminista si trova di fronte al problema di chi votare. Il Consiglio Federativo del Movimento di liberazione della donna, nel desiderio di avere in Parlamento rappresentanti femministe in cui potersi riconoscere, ha deciso all'unanimità di sostenere le liste radicali, dopo aver ottenuto che le stesse saranno composte per il 51 % da donne. Il PR, d'altro canto, è il solo che ha sempre sostenuto le battaglie per la liberazione della donna, non limitandosi ad inglobare strumentalmente il femminismo lasciando inalterate le proprie strutture, come hanno fatto altri partiti.
(PROVA RADICALE, giugno 1976)
Il momento elettorale è un momento tradizionalmente difficile per le femministe. Accanto alla più che giustificata sfiducia verso un parlamento che, nonostante siamo più della metà dell'elettorato, si ostina a ignorarci e non ci rappresenta in nessun modo (oltretutto è composto quasi esclusivamente da maschi), si aggiunge il dubbio sul "chi" votare. Votare i partiti cui siamo individualmente legate? E' evidentemente una rinuncia ad essere femministe in ogni momento del nostro agire politico, in ogni nostra scelta. Votare il partito più "disponibile"? E' una soluzione di compromesso, poiché di partiti profondamente "femministi" non ce n'è. Votare donne? Ma quali donne? Le donne "emancipate" che si presentano sono donne "colla testa da uomo", a volte più maschiliste di certi uomini, oppure donne "civetta", senza alcuna possibilità di riuscita. E in mezzo a tante perplessità, resta l'esigenza di autogestire le nostre lotte fino in fondo, di non delegare a sconosciuti il compito di rappresentarci, di essere pres
enti come donne anche in sede di parlamento, per farci sentire. Come Movimento di Liberazione della Donna abbiamo sempre ritenuto di dover intervenire soprattutto sul piano legislativo, perché è sul piano legislativo che ancora si decide della concreta felicità delle donne, del nostro presente, ed è in parlamento che devono trovare sbocco le grandi battaglie di liberazione che conduciamo nel paese. E' estremamente frustrante che per l'aborto si sia potuto rischiare dopo 5 anni di lotta, la mobilitazione per la raccolta di firme per il referendum, la galera di alcune di noi di avere come unico risultato una legge ipocrita e castrante come quella uscita dal comitato ristretto. Il nostro scopo è innanzitutto fornire a tutte le donne gli strumenti concreti per liberarsi: e quindi pur non avendo scopi "parlamentaristici" o di potere, volgiamo donne anche in parlamento, donne che ci rappresentino, in cui avere fiducia, che conosciamo nei fatti come femministe, e in cui le donne, come donne, possano riconoscersi. I
l Consiglio federativo del MLD ha dunque deciso all'unanimità la adesione e il sostegno alle liste radicali, dopo aver ottenuto che il 51 per cento delle liste sia composto da donne e che anche tra i capolista ci sia il maggior numero possibile di donne. Il PR ha offerto incondizionatamente al MLD e agli altri movimenti federati la possibilità di candidarsi e di autogestire le proprie candidature e il proprio spazio elettorale. A nostra volta abbiamo voluto offrire questa possibilità a tutto il movimento femminista, mantenendo a questa lista un carattere "di movimento". Ci sono infatti giornaliste femministe (Paola Fallaci, Adele Cambria, Edith Bruck), come donne che hanno subito processi per aborto (M. Luisa Masera), autodenunciate, donne che hanno raccolto le firme per il referendum, militanti del MLD, e tutte quelle donne anche appartenenti ad altri gruppi (come il "Centro La Maddalena") che si sono riconosciute nella scelta femminista libertaria.
Oggi i partiti stanno cercando di "occupare" il femminismo, di inglobarlo perché redditizio, mantenendo però inalterate le proprie strutture e i propri metodi. L'unico modo che ci sembra serio, per un partito, di "fare femminismo" è di farsi realmente carico dei nostri obiettivi, facendo politica in modo diverso e non continuando a fare politica (nei modi di sempre) da una parte e "femminismo" da un'altra (ma quale, poi?); né delegando alle "proprie" donne il compito di essere femministe, e di portare avanti da sole (magari con la scusa del separatismo) la generosa utopia di una politica diversa. E' questo invece accade, mentre il movimento femminista si scompone sempre più chiaramente in due tronconi, femministe libertarie e femministe marxiste, e gli schieramenti si precisano: è facile leggere in questi termini la polemica tra CRAC e MLD-CISA, che altrimenti non si riesce a comprendere. E' la necessità da parte della sinistra comunista extraparlamentare, rifiutata la possibilità di convergenza e lotta comu
ne sugli obiettivi che sono comuni, di contrapporsi a noi, in questo caso per rivendicare la paternità di una battaglia, l'aborto, a cui è storicamente arrivata dopo di noi. Intanto l'UDI cerca credenziali femministe e il PCI, dimenticando e cercando di far dimenticare che fino a ieri era per il compromesso sull'aborto libero, riempirà strumentalmente le sue liste di candidature femminili.
Gli schieramenti sono ormai troppo definiti per sottrarci all'obbligo di essere presenti in queste elezioni, pena la scomparsa graduale del MLD e di tutte le femministe libertarie e nonviolente. Basta, al riguardo, vedere la nostra scomparsa dai giornali, anche, e a volte soprattutto, da quelli "di sinistra", Repubblica, Manifesto, Espresso. Dobbiamo essere presenti, con le nostre tematiche e le nostre lotte, oggi che l'aborto, dopo essere stato lo scoglio fondamentale su cui è caduto il governo, è stato immediatamente accantonato e sarà solo un punto secondario nel confronto elettorale. Dobbiamo portare i nostri obiettivi, dalla maternità come libera scelta alla recente proposta di legge per la parità e le uguali opportunità tra i sessi (in cui è inclusa la legge per il 50 per cento dei nuovi posti di lavoro alle donne), in piazza e su questi fare la campagna elettorale; su questi, e su altri che direttamente le riguardano, chiedere il voto alle donne.
Un'altra ragione, quella definitiva, che vi ha convinte ad aderire alla proposta del PR è che si tratta di un aiuto politico reciproco e non di una strumentalizzazione. Il Partito Radicale che ha offerto un servizio e ci ha assicurato condizioni che fanno della presenza delle donne in lista una presenza autonoma e significativa e non di copertura o di semplice richiamo. E' inoltre il solo partito che ci siamo sempre trovato accanto alle nostre lotte e che delle battaglie di liberazione della donna si è fatto pienamente carico (v. Spadaccia in galera per l'aborto) conquistandosi così credibilità e fiducia.