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Signorino Mario - 30 giugno 1976
COMPAGNO A TIRANA SPIA A TREVISO
PIAZZA FONTANA SI RICOMINCIA?

di Mario Signorino

SOMMARIO: Mario Signorino analizza la posizione di Ventura che, oltre a denunciare irregolarità processuali nei suoi confronti, critica Spadaccia per aver definito "pretesa" la sua militanza di sinistra. Al di là delle sue dichiarazioni odierne, che non possono essere contestate, sembra difficile considerare di sinistra il comportamento di un uomo che per anni ha collaborato con il SID fornendogli informazioni sul gruppo terroristico veneto di Franco Freda, limitando il suo impegno "di sinistra" alla trasmissione delle informazioni acquisite a non ben qualificati gruppi di quella parte politica ed all'ambasciata albanese di Roma, lasciando senza risposta una serie rilevante di interrogativi.

(PROVA RADICALE, giugno 1976)

Il "fascista Ventura" è diventato il "caso Ventura". Quest'individuo che come imputato ha avuto un trattamento veramente di sfavore, che con le sue informazioni ha fatto da protagonista nell'istruttoria sul 12 dicembre, si batte da tempo per ottenere la reintegrazione dei suoi diritti violati. Vediamo sinteticamente di che si tratta.

1) Ventura rivendica a sé e a Freda il diritto al processo e, nell'attesa, alla libertà provvisoria. Su questo punto non esistono dubbi.

2) Ventura accusa il giudice istruttore di Milano, D'ambrosio, di aver travisato i dati processuali in relazione al riconoscimento corretto del termine iniziale della carcerazione preventiva sua e di Freda. I due furono arrestati il 4 dicembre '71 con l'imputazione di associazione sovversiva; il 21 marzo '72 la sentenza d'incompetenza territoriale del giudice Stiz causò il passaggio dell'istruttoria a D'Ambrosio; questi emise il mandato di cattura per l'imputazione di strage il 28 agosto successivo. Ventura contesta la decisione di D'Ambrosio che, contro il parere del pubblico ministero che fissava quel termine alla data del 21 marzo, sanzionò, l'inizio della carcerazione preventiva per l'imputazione di strage appunto al 28 agosto. La questione è controversa; e comunque la decisione di D'Ambrosio è stata convalidata dal tribunale di Catanzaro, che il 3 maggio scorso ha respinto l'istanza di libertà provvisoria presentata dai difensori dei due imputati.

3) Ventura lamenta che il deposito della sentenza di rinvia a giudizio, il 18 marzo '74, e lo stralcio dell'istruttoria (tuttora in corso) nei confronti di Giannettini, Rauti, Biondo, Loredan e altri, hanno tolto in pratica a lui e a Freda ogni possibilità di difesa nel proseguimento dell'indagine istruttoria.

Le denunce di Ventura non si fermano qui: c'è anche l'accusa a D'ambrosio di aver utilizzato contro di lui e contro Freda elementi d'indagine raccolti nel processo Valpreda, dove essi non avevano possibilità di controllo e di difesa. C'è la denuncia dei provvedimenti segregazionari subiti in istruttoria e della detenzione isolata, da due anni, nel carcere di Bari. C'è la contestazione del mancato interrogatorio di alcuni testimoni che, secondo Ventura, potrebbero convalidare i suoi alibi per le bombe dell'agosto '69 sui treni e per il 12 dicembre; eccetera.

Non si può entrare nel merito specifico di queste denunce senza un'analisi puntuale delle carte processuali. Per ora tuttavia c'interessa discutere un altro elemento che Ventura mette al centro della sua autodifesa: egli reclama, in sostanza, che gli sia dato un riconoscimento di fede democratica. Su che cosa basa questa richiesta?

Di che sinistra parla Ventura?

Nelle lettere che pubblichiamo a pag. 76, Ventura se la prende con Spadaccia perché definisce "pretesa" la sua militanza di sinistra. "E' come passarmi per millantatore", protesta. "La mia posizione processuale e politica, dice, è sempre stata quella di un antifascista". Accenna anche alla "battaglia di sinistra che "ha" sempre cercato di far avanzare attraverso la "sua" iniziativa politica nel processo". E per finire protesta "la lealtà democratica della "sua" esperienza politica".

La nostra impressione è che a Ventura può riuscire più facile dimostrare la debolezza degli indizi a suo carico per il 12 dicembre che non la sua "lealtà democratica". tuttavia l'accusa di superficialità che lanciato a Spadaccia, e le violazioni gravi dei suoi diritti d'imputato, c'impongono di discutere ance questo punto. Ventura, se avrà voglia, risponderà alle nostre contestazioni.

Ci vuole però una premessa: se Ventura sostiene che "oggi" è di "idee" democratiche, padronissimo, nessuno glielo può contestare. Ma se pretende che queste qualifica venga riconosciuta a quel che ha fatto nel '69 e giù di lì, il discorso cambia: in questo caso non bastano le sue dichiarazioni, ci sono dei comportamenti, e su questi le nostre idee divergono dalle sue. Ad esempio, nessuno gli può contestare di aver fatto da motorino nella seconda inchiesta giudiziaria su Piazza Fontana; ma la possibilità stessa di sostenere questa parte ha bisogno di spiegazioni molto convincenti, e quelle che vengono fuori dalle carte processuali non ci sembrano tali. Si ricava al massimo l'impressione che Ventura sovrapponga due momenti diversi, utilizzando la sua posizione attuale nel processo e il suo modo di pensare di oggi per avallare un'interpretazione in chiave democratica di quel che ha fatto nel '69. Tant'è vero che s'incazza con Spadaccia perché ritiene che "basti aver avuto `a che fare con alcuni servizi segreti'

per rendere `pretesa' una milizia di sinistra"; il mio operato di allora, dice, va giudicato in base alla parte sostenuta dopo nell'istruttoria. E perché mai?

Non ho fatto il provocatore, dice Ventura; al contrario, ho seguito il gruppo di Freda per informare un agente del Sid (Giannettini) il quale a sua volta mi passava dei rapporti informativi che utilizzavo "per i compagni". La mia attività informativa, afferma nella seconda lettera a Spadaccia, era "finalizzata ad ambienti e gruppi della sinistra e da essi avallata". Quali gruppi, quali ambienti? Insomma, di che sinistra parla Ventura.

Giannettini, io e i compagni

Vediamo. Il 1· aprile Ventura ha rilasciato un'intervista a un giornalista de "La Repubblica". L'intervista non è stata poi pubblicata; ne riportiamo la parte che riguarda questa discussione (il resto è dedicato al caso Maletti e La Bruna)

"Lei ribadisce" - chiede il giornalista de "La Repubblica" - "di essere un informatore di sinistra infiltrato nei gruppi terroristi fascisti?"

Risponde Ventura: "Durante il 1969 osservai e indagai la operatività eversiva, nel quadro di un rapporto informativo e di scambio di materiali informativi con Guido Giannettini e altri.

Conoscendo il rapporto funzionale esistente tra Giannettini e il SID, ricevevo le sue schede informative con precisa avvertenza della loro matrice, cioè come materiali che venivano comunicati alla autorità nazionale per la sicurezza e che, reciprocamente ne erano una indiretta emanazione. Soltanto su tale base poté stabilirsi l'accordo per uno scambio informativo, intervenuto tra me e Giannettini fin dal 1968. E, solo in questa prospettiva di reciprocità, Giannettini poté affidarmi tra il 1969 e il 1970, alcuni dossiers: sulle bande neofasciste (fascicolo parzialmente pubblicato in appendice al libro "Gli attentati e lo scioglimento del Parlamento", Padova, '70); sulla struttura internazionale della CIA e dei servizi collegati; sulle organizzazioni di guerriglia latino-americane (in particolare sui Tupamaros); e altro. Queste raccolte ragionate di materiali informativi prevedevo di utilizzarle per pubblicazioni su ogni particolare materia; come in certa misura, avvenne".

"Se è così, come mai scelse di lavorare, non per una organizzazione di sinistra, ma per il SID e cioè un servizio che non godeva certo fama progressista?".

"Ma io non ho lavorato per nessuno: tranne che per me e per i compagni che utilizzarono le mie raccolte informative. Non è mai esistita alcuna subordinazione o relazione gregaria tra me e Giannettini: né tra me e il SID.

La mia attività informativa era autonoma: e funzionale ai rapporti che mi legavano a uomini e gruppi della sinistra, che la hanno avallata e ne hanno utilizzato i risultati.

Chi informavo? Tirana

Prima che a un uso editoriale, i materiali informativi che raccoglievo e le schede medesime che mi venivano comunicate da Giannettini erano destinati a due gruppi della sinistra extraparlamentare. Attraverso un dirigente di uno dei due gruppi predetti, tutti i materiali raccolti fino ad allora furono trasmessi, nella primavera del 1969, alla ambasciata romana della Repubblica Popolare di Albania. Alla medesima sede diplomatica seguitarono a pervenire, fino alla fine del 1970, tutte le schede informative consegnatemi da Giannettini; e tutti i fati raccolti da me e richiamati nei miei verbali processuali.

Il processo ha realizzato la prova delle relazioni politiche e delle connessioni probatorie emergenti dai fatti che ho descritto qui sopra. Dunque: se ho "lavorato" per qualcuno, ciò è avvenuto nella direzione e in favore di ambienti di sinistra".

Se queste affermazioni sono vere, rappresentano un'accusa diretta al SID, che sarebbe venuto a conoscenza dell'attività terroristica del gruppo veneto proprio attraverso Ventura; quanto ai gruppi di sinistra, cui Ventura sostiene di aver passato le sue informazioni, si tratterebbe di emeriti coglioni, sia pure di sinistra. L'unico dato certo infatti è che né lui né questi pretesi gruppi di sinistra hanno mai fatto circolare all'esterno queste informazioni. Ventura osserva un rigoroso silenzio finché non viene arrestato e incastrato dal giudice istruttore. Come lo spiega? Perché non ha cantato quando si imprigionavano gli anarchici per le bombe del 25 aprile '69 a Milano? Perché non fece nulla per impedire gli attentati sui treni che potevano risultare sanguinosi almeno quanto le bombe di Piazza Fontana? Ancora: viene il 12 dicembre, poliziotti e magistrati inventano la pista rossa, buttano Pinelli dalla finestra, i reazionari riprendono fiato; e Ventura che fa? Informa Tirana. Cristo, va bene l'internazional

ismo proletario, ma uno sguardo a Roma e dintorni poteva anche darlo, o no?

Comunque, cominci a dire nomi e cognomi e indirizzi di questi gruppi di sinistra: serviranno a sputtanarli. Ma non a salvare lui, Ventura, che resta un informatore che faceva capo al SID. Pochino per considerarsi "di sinistra"; pochino, anzi, per rivendicare di essere estraneo ai fatti del '69.

Resta la sua attività editoriale e i contatti avuti a questo scopo con uomini di sinistra. Ma Ventura sa bene che questa attività può essere considerata in un modo o nell'altro a seconda della sua posizione nel gruppo Freda. Può essere considerata, cioè, una copertura dell'attività terroristica, oppure il lavoro reale di un individuo che si considera, malgrado tutto, di sinistra. Ma poiché non comprendiamo come si possa considerare "di sinistra" la sua attività nel '69, per noi resta in piedi solo la prima ipotesi. Tirana è lontana, Pechino ancor più; e poi l'informatore o la spia hanno poco di democratico o di sinistra. Anzi, non ci piacciono affatto.

A che servono queste etichette?

Tuttavia, per quanto ci risulta, non esistono elementi che provino un'opera di provocazione di Ventura ai danni di gruppi di sinistra. E può anche darsi che non abbia messo le bombe del 12 dicembre: su questo punto l'istruttoria non è affatto convincente. Contestargli perciò la qualifica "di sinistra" non significa dargli automaticamente del "fascista". A parte il "rivoluzionario" e il "fascista", a questo mondo, c'è una scala infinita di variazioni. Si possono avere le idee confuse, si può essere qualunquisti o politicamente indefiniti; ci si può limitare a suonare il violino. Ma Ventura non s'accontenta, vuole la qualifica di sinistra o niente, e ci accusa di "ignoranza dei fatti processuali". Ma se la mette su questo piano, ha da rimproverare solo se stesso: se per capire il suo essere democratico nel '69, è necessario studiarsi per mesi le carte processuali, allora significa che qualcosa non quadra.

Ma poi perché continuare con questo gioco delle etichette? Forse Ventura crede che, ad essere accettato in una parrocchia di sinistra, gli sarà più facile trovare dei difensori? Il peggio è che, forse, non si sbaglia.

 
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