di Marco Bianchini, Laura Fossetti, Angelo PezzanaSOMMARIO: Bianchini, Fossetti e Pezzana discutono sulla situazione del movimento di liberazione omosessuale "FUORI!" oggi in Italia, chiarendo la posizione del movimento all'interno dell'area radicale. Laura Fossetti in particolare parla del "FUORI! - donna", rilevando come tale movimento sia nato più tardi perché le donne sono da sempre più oppresse e quindi maggiormente inibite ad ogni partecipazione diretta. Angelo Pezzana spiega le ragioni per cui il "FUORI!" ha deciso di continuare la propria lotta di liberazione sessuale non come movimento unitario di tutti gli omosessuali, ma come movimento degli omosessuali all'interno dell'area radicale. Marco Bianchini osserva la positività dei risultati prodotti da tale scelta, ossia la formazione di nuovi gruppi a seguito della scissione di alcuni compagni. Egli, inoltre, chiarisce perché i militanti del "FUORI!" si siano presentati nelle liste del Partito radicale, seguito da Laura Fossetti che racconta l'esperienza della campagna elettorale vissuta in Toscana.
(PROVA RADICALE, luglio/agosto 1976)
(Qual'è la situazione del movimento di liberazione omosessuale FUORI! oggi in Italia?
Ne discutono per "La Prova Radicale" Marco Bianchini, Laura Fossetti ed Angelo Pezzana.)
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A. Pezzana - Il 25 aprile c'è stato a Roma il 5· congresso nazionale del "Fuori!". Quali sono le prospettive di lavoro politico che ci siamo posti? Intanto si è chiarita la posizione del nostro movimento all'interno del Partito Radicale, soprattutto per quei compagni che non si riconoscevano nell'area radicale, poi abbiamo svolto un'analisi del lavoro da fare: attività del movimento, cioè sviluppare e aprire nuove sedi, nuovi gruppi, all'interno delle associazioni radicali, allargare la partecipazione alle riunioni di autocoscienza e, come intervento esterno, azioni su tutte quelle strutture di base - come ad esempio i consultori - che debbono vederci partecipi e non assenti.
L. Fossetti - Vorrei parlare del "Fuori!-Donna", che si è formato da poco. In marzo abbiamo preso l'iniziativa di invitare a Torino tutte le lesbiche più o meno aderenti al "Fuori!", o almeno simpatizzanti, per esaminare esigenze e suggerimenti di ciascun gruppo e decidere che cosa era possibile fare insieme.
Le partecipanti - una sessantina, da tutta Italia - erano in molti sensi di diversa provenienza, con nette diversità di linguaggio, di problemi, di esigenze. Le due giornate si sono articolate in parte sull'autocoscienza e in parte sul dibattito in vista dell'organizzazione del gruppo. Alcune si riconoscono pienamente nell'area radicale, altre no; però i collegamenti vengono mantenuti, perché c'è un discorso in comune da fare e vogliamo tutte continuarlo. Non è un caso se il "Fuori!-Donna" si è costituito in ritardo; non è un caso se alle riunioni del "Fuori!" in generale il numero degli uomini è molto maggiore di quello delle donne. Le donne, in quanto più oppresse da sempre, sono più bloccate in ogni attività che intraprendono, in ogni "uscita", in ogni impegno diretto. Quelle che più facilmente escono fuori sono quelle che hanno fatto autocoscienza nei gruppi femministi, hanno preso coscienza della loro situazione di donne, e poi, in particolare, per quanto riguarda le lesbiche, della loro condizione di d
oppiamente o triplamente oppresse come donne lesbiche.
Una delle ragioni che hanno ritardato la formazione del "Fuori!-Donna" è questa: il femminismo, che per un verso ha aiutato la presa di coscienza delle lesbiche come donne, è d'altra parte servito come scusa per non scoprirsi del tutto: molte di noi, facendo la battaglia femminista, hanno trovato il modo di uscire fuori a metà senza dichiararsi direttamente; hanno fatto cioè una battaglia contro le molteplici oppressioni, senza sentire la necessità di uscire fuori apertamente come lesbiche. E' un dibattito che continua e mi sembra che molte si siano ormai rese conto della necessità di affrontare i rapporti fra lesbismo e femminismo, della condizione delle singole lesbiche entro i gruppi e collettivi femministi in cui operano.
L'altro tema importante per noi è quello dei rapporti con gli uomini del "Fuori!": il punto su cui mi è parso si fosse d'accordo in molte, forse la maggioranza, è questo: che in tema di autocoscienza - capitolo importantissimo della vita di ogni gruppo "Fuori!" - ci deve essere una netta distinzione. L'autocoscienza va fatta in piccoli gruppi (5-7 persone) rigorosamente distinti: maschi omosessuali, lesbiche, eventuali eterosessuali. Il discorso di autocoscienza più specifico richiede distinzioni nette, altrimenti rischia di ridursi ad una serie di genericità inutili. In un momento successivo, invece, questi gruppi si ritrovano, ridiscutono i temi comuni e in certa misura, dopo un primo stadio di lavoro, possono ripartire con un altro tipo di autocoscienza in gruppi allargati.
Per quanto riguarda l'impegno più specificamente politico, donne e uomini del "Fuori!" sono d'accordo nel collaborare strettamente insieme.
A. Pezzana - Vorrei intervenire sul significato del documento finale del nostro congresso di Roma, in cui il "Fuori!" si è autoridotto da movimento a gruppo entro il movimento, cioè a gruppo che si propone di continuare il lavoro di liberazione sessuale non più come movimento unitario di tutti gli omosessuali, ma come movimento degli omosessuali che si riconoscono nell'area radicale.
Evidentemente c'è un equivoco che continua ad esistere e che non è stato chiarito a sufficienza, perché ogni tanto da qualche parte si forma un gruppo che ancora si autodefinisce "Fuori!-autonomo" od "autonomo" tout court.
Che cosa vuol dire autonomia? Autonomia da che cosa? Perché esista autonomia, deve esserci una direzione, una qualche cosa che organizza e dirige, per cui qualcuno non d'accordo con quella direzione si pone sempre all'interno di quella organizzazione ma come autonomo. Ora, questo nel "Fuori!" non esiste, perché se uno partecipa al "Fuori!", se lavora con il "Fuori!" chiaramente fa una scelta politica globale, non soltanto di liberazione omosessuale, ma anche una scelta radicale: sceglie cioè di fare la propria lotta di liberazione omosessuale nell'ambito del Partito Radicale. Questo non significa necessariamente che uno debba iscriversi al PR, né che debba lavorare per il PR: può anche fare soltanto lavoro di liberazione omosessuale nel "Fuori!", però la prospettiva politica nella quale noi ci muoviamo è quella. Quindi autonomia non significa assolutamente nulla, se non come giustificazione per chi ha sempre ancora bisogno del padre da uccidere, della famiglia da cui sentirsi autonomo (però guai se non c'è!)
. Cioè la paura di essere realmente liberi nel lavoro che si fa produce questo bisogno di "autonomia", perché autonomia significa riconoscere che non si è liberi, ma si fa parte di un qualche cosa che però anche - e soprattutto - si rifiuta.
Ora, di omosessuali che non vogliono militare nel "Fuori!" ce ne sono, e noi siamo molto felici che ci siano: infatti la nostra scelta a Roma di spingere alla creazione di altri gruppi di liberazione omosessuale la ritenevamo e la riteniamo importante proprio in questa prospettiva: che il "Fuori!" non deve essere l'insieme caotico di tutti quelli che vogliono fare liberazione sessuale: deve essere l'insieme di tutti quelli che vogliono fare liberazione sessuale ed omosessuale ma che si riconoscono nell'area radicale. Invitiamo perciò ancora una volta - e speriamo sia anche l'ultima - tutti i compagni e le compagne che che non sono radicali a non venire a dirci cosa dobbiamo o non dobbiamo fare, a dirci se siamo bravi o se siamo cattivi, se siamo rivoluzionari o se siamo riformisti: noi facciamo le nostre cose, loro ne facciano altre. Ma forse qui sta il vero problema: l'incapacità di realizzarsi nella prassi rende molto più facile contestare ad altri il lavoro che non si ha la volontà politica di fare.
Se questi compagni hanno intenzione di confrontare con noi il loro lavoro, siano i benvenuti: noi saremo disponibili in qualsiasi momento a incontrarci, a fare anche delle cose insieme; però, e forse questo è l'unico caso in cui si può parlare correttamente di autonomia, ognuno libero nel proprio spazio politico di fare il lavoro che crede, senza doverci dire ogni volta chi è più rivoluzionario ecc. ecc. Quindi l'autonomia è un discorso che non si pone almeno all'interno del "Fuori!"; si potrà porre all'interno di altri partiti e di altre organizzazioni in cui veramente esiste il bisogno di sentirsi liberi da qualche cosa che ci sta sopra, che ci comanda: non nel "Fuori!", non nel PR.
M. Bianchini - Questo fatto di cui ha parlato Angelo comincia a dare dei risultati abbastanza positivi: voglio dire che ha cominciato a portare una maggiore chiarezza all'interno del movimento di liberazione omosessuale. C'è stata la scissione di alcuni compagni che, usciti dal "Fuori!", hanno cominciato a formare nuovi gruppi di liberazione omosessuale che secondo noi sono un esperimento positivo, perché significano crescita del movimento: creare tanti gruppi di liberazione omosessuale significa creare tantissime voci all'interno del Paese, che hanno diverse strategie, diverse idee politiche, ma che alla fine possono ritrovarsi unite in piazza ed essere alla base di grandi battaglie unitarie, così come avviene per il movimento femminista.
A Roma si è già formato un nuovo collettivo omosessuale e anche all'interno di certe forze politiche della sinistra, come il "Pdup" e Avanguardia Operaia, cominciano ad esserci delle prese di posizione. Questo è un dato di fatto estremamente positivo, ma senza dubbio non si sarebbe mai verificato se non ci fosse stata la grande pressione del "Fuori!" e del Partito Radicale, che hanno rappresentato uno stimolo gigantesco per la lotta di liberazione omosessuale.
A. Pezzana - Parliamo un po' delle elezioni. Perché i militanti del "Fuori!" si sono presentati nelle liste del Partito Radicale?
M. Bianchini - La risposta mi sembra chiara: prima di tutto perché siamo militanti radicali e condividiamo la strategia del PR per quanto riguarda il problema dei diritti civili. Però c'è anche un altro discorso: noi ci siamo presentati alle elezioni anche per protesta contro le altre forze politiche della sinistra nei confronti dell'omosessualità. Sono anni che noi del "Fuori!" cerchiamo contatti con i gruppi extra-parlamentari, con i socialisti, e a volte con alcuni compagni comunisti perché si cominci - da parte loro - a parlare di queste cose, ma l'atteggiamento di questi compagni è quasi sempre stato un "no" alle nostre tematiche: o perché dicevano che il problema della liberazione omosessuale non è politico e quindi non gli interessava, oppure perché secondo una logica opportunistica avevano paura di screditarsi di fronte all'opinione pubblica. E' successo che Angelo non ha parlato al congresso provinciale socialista di Torino perché ai socialisti dava fastidio. Per lo stesso motivo io non ho potuto pa
rlare al congresso nazionale del "Pdup" a Bologna.
Noi diciamo alle altre forze della sinistra: voi avete paura di screditavi di fronte all'opinione pubblica, e quindi di perdere voti, portando avanti il problema delle lesbiche e dei froci, e allora noi giustamente cerchiamo di togliervi il voto di tutti quegli omosessuali che vi hanno votato fino adesso. E questo secondo noi è stato di stimolo e ha portato certi vantaggi. Per esempio io mi sono presentato alle elezioni comunali di Roma nelle liste radicali, io che sono stato per molti anni militante nel "Pdup". Mi hanno criticato enormemente ma mi hanno anche offerto (troppo comodo!) un posto nella loro lista. Ora, a parte il fatto che io non trovo assolutamente giusto che un partito che si è disinteressato fino adesso di questo problema cerchi all'ultimo momento di salvarsi la faccia in questa maniera, proprio il fatto che le altre forze della sinistra comincino a perdere i voti degli omosessuali che le hanno votate fino adesso, può essere uno stimolo perché queste forze comincino ad affrontare "seriamente
" le tematiche omosessuali. Mi sembra che ora qualcosa stia avvenendo.
L. Fossetti - Io posso parlare di quello che è accaduto in Toscana, dove vivo, e come ho impostato la campagna elettorale "Fuori!"-PR. Intanto avevamo tutti d'accordo preso la decisione di non fare i soliti comizi, non salire sui palchi, non sputare verità dall'alto sulla testa della gente: stavamo per strada, nelle piazze, e cominciavamo a parlare: un dialogo a più voci tra noi (5 o 6 che presentavano le tematiche radicali, uno o due quelle più specifiche del "Fuori!") e quelli che attorno a noi ci ascoltavano e che fin dall'inizio (con linguaggio semplice, quotidiano, aderente alle cose) invitavamo a farci domande e obiezioni, a farsi protagonisti dell'incontro. Abbiamo notato che questo modo insolito dava i suoi frutti: la gente, che ormai non segue più i comizi, cominciava a radunarsi, stimolata dall'idea di vedere esibirsi froci e lesbiche, incuriosita da quello che avrebbero potuto dire i "mostri". Il nostro discorso tendeva ad essere volutamente provocatorio: cercavamo ogni volta di far capire agli al
tri, i cosiddetti normali, quanto fossero loro stessi vittime della repressione sessuale. Siamo tutti oppressi, dicevamo loro: la parte omosessuale è per certi aspetti ben più gravemente e ferocemente oppressa dal sistema, è usata come capro espiatorio, è spesso massacrata nell'ignoranza, nell'indifferenza, nell'anonimato, nell'occultamento ipocrita sempre operato da polizie e magistratura; però anche i "normali" in altro modo sono degli oppressi, turlupinati dal sistema con questa meschina gratificazione della patente di "normalità". Vedete dicevamo loro, come hanno rovinato, umiliato, castrato la vostra sessualità, ridotta a registri minimi, alla brutalità di un rapporto sbrigativo e squallido, fonte di frustrazione e di alienazione. Abbiamo sempre stimolato l'intervento del pubblico e in genere ci siamo riusciti, specialmente in città e paesi in cui la gente aveva più timore di parlare davanti a tutti al microfono. Io penso che la gente stia prendendo coscienza di sé, dei propri problemi, soprattutto le d
onne. Con loro e con gli omosessuali il dialogo si è sempre rivelato intenso e vitale.