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Teodori Massimo - 12 novembre 1976
Anarchia e radicalismo: che differenza c'è?
di Massimo Teodori

SOMMARIO: In occasione della presentazione del libro di Domenico Tarizzo, L'Anarchia, si precisano le divergenze fra il pensiero libertario anarchivo e quello radicale. Alla fiducia anarchica di stampo positivista in un futuro liberato, Pannella contrappone la necessità per l'oggi di conquistare nuovi rapporti umani e sociali e di far deperire le istituzioni violente dello Stato. Il pensiero libertario è il vero nucleo scientifico del socialismo - afferma Pannella - mentre il socialismo scientifico incarnato dal leninismo ha subito "una grande e definitiva sconfitta storica".

(IL MESSAGGERO, 12 novembre 1976)

LA PRESENTAZIONE del libro di Domenico Tarizzo, "L'anarchia", organizzata sere fa dall'editore Mondadori a Roma, è stata occasione di incontro e scontro tra gli ortodossi rappresentanti della tradizione anarchica e il portavoce di uno dei tanti modi nuovi in cui il germe libertario si manifesta oggi, almeno in Italia: il radicalismo di Marco Pannella.

Uno dei relatori, Vittorio Emiliani, a ragione ha notato che negli ultimi decenni l'anarchismo non ha espresso personaggi di rilievo, ma da molti orizzonti c'è stata una riscoperta del patrimonio ideale come una possibile idea forza nelle moderne società. Come non ricordare che a fronte del declino dell'anarchismo come movimento politico hanno fatto riscontro riprese teoriche, reincarnazioni politiche e sommovimenti collettivi che hanno stretta parentela con la tradizione libertaria? "Socialisme ou Barbarie" è stato il gruppo che oltre venti anni fa in Francia poneva con lucidità le contraddizioni degli sviluppi burocratici e autoritari del capitalismo occidentale e del socialismo di stato sotto forma di comunismo dell'Est europeo. E poi la ripresa del marxismo critico e libertario in Germania che diede vita all'opposizione extraparlamentare, che non a caso innalzava i ritratti di Bakunin e Rosa Luxemburg; il '68 di Daniel Cohn Bendit e le varie forme di rivoluzione culturale dei "provo", degli "hippies", de

i "gammler" in Olanda, Inghilterra e Germania; la nuova sinistra americana e quelle europee.

Di fronte a questo fiorire di frammenti libertari, tutti disconosciuti dai filoni ortodossi dell'anarchismo, il libro di Tarizzo, che analizza e storicizza il movimento in tutta la sua complessità, ripropone con forza un problema tutt'altro che fuori della storia d'oggi. Il suo punto di vista, come ha sottolineato Emiliani, è quello di un marxista libertario che, una volta tanto, non fa processo (come è stata solita fare la storiografia marxista) ma intende mettere in risalto il patrimonio del movimento anarchico ed al tempo stesso i suoi limiti storici, affrontati in Italia fino ad ora solo dal marxista Enzo Santarelli, da Gianni Bosio che riscoprì le valenze della cultura popolare in opposizione alla cultura borghese egemone e da Pier Carlo Masini.

Umberto Marzocchi, esponente storico italiano, già direttore di "Umanità Nuova", nel rispondere all'interrogativo se l'anarchismo abbia un futuro, ha sostenuto che "le ragioni della rivolta anarchica sussistono fintantoché esistono le cause che la determinano", riaffermando quasi una funzione fisiologica del sentimento e dell'idea anarchici prima ancora del movimento: "o gli uomini risolveranno i loro problemi senza intermediari oppure saranno travolti dall'autoritarismo".

Pannella, nel tentativo che lo vede protagonista in prima persona di portare la battaglia e le soluzioni libertarie all'interno delle istituzioni, ha amichevolmente contrapposto alla fiducia anarchica di stampo positivista in un futuro liberato ("Marzocchi parla sempre al futuro, a me interessa la libertà come un'ipotesi dei rapporti umani e sociali già fin da oggi") "una visione drammatica, quindi marxista, della storia" e la necessità non tanto di affermare la scomparsa dello stato e delle sue istituzioni violente quanto il loro deperimento.

Anche rispetto al nodo centrale organizzativo sul quale da sempre viene attaccata la proposta anarchica, Marzocchi ha voluto ribadire che la contrapposizione non è mai stata tra organizzazione e disorganizzazione, quanto tra due concetti di organizzazione, risolta dagli anarchici in favore della prevalenza dell'iniziativa dal basso e del coordinamento federativo, come nelle esperienze dell'Ucraina nel 1917 e della Catalogna nel 1936 con la Confederazione Nazionale del Lavoro spagnola.

Gli ha fatto eco Pannella sostenendo che il pensiero anarchico (socialista libertario) è "il vero nucleo scientifico del socialismo" dopo avere ancora una volta riaffermato che "il socialismo scientifico incarnato da un certo leninismo ha subito una grande e definitiva sconfitta storica" dovuta prima di tutto alla non omogeneità tra mezzi e fini della lotta politica. Per Marzocchi esiste ed esisterà una terza strada diversa dal socialismo parlamentare e dal capitalismo di stato rivestito di socialismo autoritario; per Pannella, giacché la visione anarchica, per cui la natura è buona e la storia è malvagia (Rousseau) pecca di irrelativismo, l'ideale libertario non può esser fatto vivere che attraverso il metodo radicale che tende a metter in mora le istituzioni per le loro vocazioni a divenire autoritarie: "è per ciò che risulta necessario anche delinquere contro le leggi vigenti in nome di norme, e quindi proponendo leggi, ritenute più libere, più liberanti e portatrice di maggiore eguaglianza".

Secondo Tarizzo la differenza tra gli anarchici e i radicali sta nel fato che i primi si rivolgono essenzialmente alla società e ne vogliono un mutamento nei rapporti sociali, mentre i secondi dirigono le loro attenzioni e lotte anche verso lo Stato. Su tali questioni il dibattito è più che mai aperto, non solo in termini teorici ma soprattutto alla luce delle esperienze e degli esperimenti di trasformazione che la storia e la politica offrono in abbondanza.

 
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