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Aglietta Adelaide - 15 gennaio 1977
CINQUE MILIONI DI SOCIALISTI
di Adelaide Aglietta

SOMMARIO: "C'è un'unica possibilità nei prossimi mesi di lottare contro il disordine, contro la crisi, contro gli effetti della recessione, contro il rischio della povertà, del freddo e della fame, ed è di imporre con le firme sotto molti referendum un confronto popolare al regime".

(NOTIZIE RADICALI n. 1, 15 gennaio 1977)

I nostri quattro deputati - Emma e Marco, Adele e Mauro - stanno svolgendo in parlamento, con l'aiuto degli altri quattro compagni che li sostituiranno a metà legislatura, un'efficace azione di opposizione. E' una azione che si è esplicata sulla maggior parte dei provvedimenti fin qui varati dal governo e dal parlamento o che il parlamento si accinge a varare, dai decreti leggi della stangata al regime dei suoli, dal bilancio dello stato al trattato di Osimo, dalla scala mobile all'aborto. In quattro sono riusciti ad imporre i dibattiti parlamentari sul concordato, dove hanno marcato contro i disegni e le prospettive neoconcordatarie una posizione abrogazionista, e sulla giustizia. La mole e l'intensità del lavoro politica che hanno assicurato in questi primi mesi di legislatura, contrastano singolarmente con l'assenteismo, quello fisico della massa dei deputati dai lavori dell'assemblea e delle commissioni e quello politico parlamentare e legislativo di gruppi come il demoproletario e il socialista.

Credo che soprattutto a questo si debba la campagna di terrorismo ideologico e in alcuni casi di vero e proprio linciaggio che ci è stata scatenata contro da sinistra, in particolare dal vertice del Pci e dagli organi di stampa di questo partito, ma che sembra aver influenzato anche la direzione del sindacato che ci ha altrimenti in maniera incomprensibile esclusi dagli incontri collegiali con i partiti.

Ma soprattutto la nostra opposizione rivela e denuncia ogni giorno i guasti di una politica basata sul compromesso, i meccanismi degenerativi che essa rischia di trasferire dal regime all'interno della sinistra, la gravità e le dimensioni di una recessione economica e di una crisi istituzionale rispetto alle quali essa non prepara una prospettiva di superamento, tentando contemporaneamente di delineare e di costruire un'alternativa a questi comportamenti e a questa strategia.

Si spera allora con questi attacchi, se non di piegarci e di metterci a tacere, di isolarci rispetto alle basi dei partiti e dei sindacati. Il pericolo che si rimanga confinati nei limiti di una opposizione soltanto parlamentare esiste. Il pericolo che, si rimanga ancorati a un ruolo di denuncia e di testimonianza, giuste e sacrosante ma anche impotenti a condizionare positivamente il corso degli avvenimenti, è un pericolo reale.

Il compito che ci spetta come partito è di far crescere nel paese l'opposizione che i nostri compagni deputati esercitano nel Parlamento. Abbiamo il dovere di tentare di mettere in moto con i referendum dei meccanismi alternativi che costringano il Pci, gli stati maggiori della sinistra a confrontarsi con la volontà di centinaia di migliaia di donne e di uomini, di lavoratori e di lavoratrici, di emarginati, di compagne e compagni comunisti, socialisti, democratici.

Diranno che siamo irresponsabili perché vogliamo portare il paese a molti referendum in un momento di grave crisi economica, politica e sociale. Ci sentiremo ripetere come negli anni passati che operiamo per la divisione e la disgregazione proprio mentre c'è bisogno di unità e di convergenze. La verità è che la crisi e la disgregazione aumentano nel paese, e di pari passo rischia di aumentare la sfiducia verso la sinistra e le istituzioni democratiche, proprio per effetto di una politica che rinuncia al confronto e all'alternativa democratica e socialista.

Diranno che i problemi di libertà, i problemi di riforma radicalmente democratica dello Stato, che porremo con i nostri referendum, sono problemi secondari rispetto a quelli più urgenti dettati dalla crisi economica e dalla austerità, dalla disoccupazione, dal freddo e dalla fame determinati dalla recessione. Ce lo sentiremo ripetere anche da coloro che a parole sono sempre più a sinistra di noi, più vicini alle lotte di classe di quanto noi non siamo, e che poi puntualmente non troviamo quando si tratta di dare sbocco politico alle giuste rivendicazioni.

Dobbiamo rispondere con fermezza e con convinzione. Non c'è oggi nessuna speranza e possibilità di rinascita democratica e di alternativa, se non si obbligano il regime e gli stati maggiori della sinistra a fare i conti con una vasta volontà popolare. Altrimenti le strategie politiche continueranno a passare sulla testa delle donne, com'è accaduto per l'aborto, sulla testa dei credenti e dei cittadini, come sta accadendo per il Concordato, sulla testa dei lavoratori, come è avvenuto ieri per la stangata e come avverrà domani per il blocco dei salari e degli stipendi, sulla testa dei cittadini di Trieste e delle comunità italiane e slovene come è accaduto per il trattato di Osimo.

C'è un'unica possibilità nei prossimi mesi di lottare contro il disordine, contro la crisi, contro gli effetti della recessione, contro il rischio della povertà, del freddo e della fame, ed è di imporre con le firme sotto molti referendum un confronto popolare al regime.

 
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