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Melega Gianluigi - 10 febbraio 1977
Caso Melega: licenziato perché troppo laico
intervista a cura di Isa Moroni

SOMMARIO: Gianluigi Melega, il direttore de "L'Europeo" licenziato da Angelo Rizzoli per le sue inchieste sul Vaticano e il sacco di Roma, denuncia le ragioni del suo allontanamento dalla direzione del giornale.

(NOTIZIE RADICALI n.5, 10 febbraio 1977)

"Quando è arrivata la lettera di licenziamento?"

"L'ho ricevuta ieri" (2 febbraio).

"Può dirci cosa conteneva?"

"E' una lettera molto vaga; il licenziamento viene motivato con "divergenze d'opinione tra me e l'editore"".

"Il tuo licenziamento quindi è facilmente collegabile con il servizio dell'"Europeo" sul "sacco di Roma"...".

"Sono convinto che il licenziamento derivi da motivi politici che hanno spinto Rizzoli a questo passo. Del resto Rizzoli ritiene che faccia parte dei diritti dell'editore intervenire nella "confezione" dei suoi giornali".

"Non credi che il comportamento di Rizzoli non sia altro che un nuovo e più duro tentativo di limitare la libertà di stampa e di espressione?"

"Più che limitazione della libertà si stampa direi che è questa idea di Rizzoli per cui l'editore ha il dovere di intervenire che è da contestare e che nessun giornalista dovrebbe accettare. L'editore deve fornire le grandi linee della testata e il giornalista le sviluppa secondo le proprie idee. Comunque non è la prima volta che all'"Europeo" si cambia direttore: a me dispiace, visto che ero al settimanale solo da sei mesi e che avevo organizzato una rinascita del giornale, facendone anche aumentare la tiratura".

"Quindi Rizzoli preferisce non vendere giornali, piuttosto che permettere servizi "scomodi"?"

"Certamente preferisce questo, visto che ha anche sospeso l'invio delle "cartoline pubblicitarie" assieme al sommario a tutti i giornali la settimana precedente la pubblicazione del secondo servizio sui beni del Vaticano" (curato dall'associazione radicale di Verona, sui beni del Vaticano in quella città. NdR).

"Cosa pensi del fatto che nessun comitato di redazione né la FNSI hanno preso posizione in tuo favore, e che anzi si sono limitati a dare la notizia secca del tuo licenziamento?"

"Infatti a parte il Comitato di Redazione dell'"Europeo", nessuno ha parlato. Il silenzio dei giornali è preoccupante e sintomatico della situazione che si sta creando nel settore stampa. Direi che altrettanto grave è il silenzio della Federstampa. Non me lo aspettavo".

Federazione di regime

"Una vergognosa censura e una colpevole omertà è calata sulla vicenda Melega-Europeo. Fin subito dopo il suo licenziamento, i giornali e i "gazzettieri" di regime, tutti, dal parafascista "Tempo" alla democratico-progressista "Repubblica", fino al "Manifesto" singolarmente allineati in quest'occasione, hanno fatto scendere il silenzio stampa, ignorando sistematicamente ogni pur minimo riferimento alla vicenda.

Abbiamo voluto telefonare alla FNSI. Abituati come siamo a veder censurata, non solo ogni posizione del Pr e del movimento dei diritti civili, ma più generalmente ogni espressione di autentico laicismo, di indipendenza e di libertà abbiamo pensato, in verità poco convinti, che anche un eventuale comunicato della FNSI fosse stato cestinato. Non ce n'è stato invece, bisogno. Quelli della FNSI, così prodighi ad elargire solidarietà e appoggio a giornali e giornalisti di regime, in quest'occasione, non hanno trovato nulla da ridire. "Ma farete qualcosa per i prossimi giorni?", abbiamo insistito. "Niente, non prevediamo nulla", hanno risposto.

Melega dunque come "Prova Radicale"? Parrebbe di sì; a nessuno dei Comitati di redazione democratici antifascisti o delle Wande Osiris del giornalismo italiano (gli Scalfari, i Zanetti, i Bocca...) è sfuggito un guaito. Abbiamo dunque la prova che il "ghetto" è pronto ad allargarsi: non è solo riservato a "testate scomode"; c'è posto anche per quei giornalisti e quei giornali "ufficiali" che scelgono di fare seriamente il loro mestiere.

Alla FNSI, i complici della manipolazione sistematica della verità e della libertà, stanno facendo bene il loro mestiere. Non c'è davvero di che dire: si tratta di giornali e di giornalisti molto "venduti".

 
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