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Aglietta Adelaide - 17 febbraio 1977
Armati di non-violenza
Sciopero della fame ad oltranza contro la strage delle istituzioni

di Adelaide Aglietta

SOMMARIO: Da quaranta giorni è iniziato il digiuno di Adelaide Aglietta, a cui si sono associati successivamente Gianfranco Spadaccia, Pino Pietrolucci, Valter Vecellio ed Emma Bonino, per l'aumento dell'organico degli agenti di custodia, la smilitarizzazione e sindacalizzazione del Corpo e l'avvio dell'iter sulla proposta di amnistia. Ma - rileva la segretaria del Pr Adeliade Aglietta - il partito non ha ancora compreso la drammaticità della situazione e non si è ancora mobilitato a sufficienza.

(NOTIZIE RADICALI n. 6, 17 febbraio 1977)

Avrei voluto non dover più chiarire, almeno ai compagni radicali, le motivazioni del nostro digiuno che dura ormai da 40 giorni, né le ragioni di fondo che ci sostengono nella decisione di portarlo avanti ad oltranza, ma credo, considerata la lentezza delle reazioni del partito, di dover riaffermare l'importanza della nostra prassi nonviolenta, in un momento in cui la violenza è nelle e delle istituzioni e le leggi speciali sono l'unica risposta che lo Stato da e richiede alla gente.

La prova di ciò la troviamo quotidianamente sulla stampa, nella censura di regime che è puntualmente scattata nel momento in cui abbiamo cercato di combattere e scongiurare, con la nonviolenza, la politica irresponsabile del Governo, che è diventata non più solo la politica degli omissis, ma la politica della provocazione e della prevaricazione.

Siamo tutti coscienti che il digiuno è un'arma estrema ed anche questa volta l'abbiamo usata in circostanze di estrema gravità: chiediamo infatti al governo provvedimenti minimi, la cui urgenza è riconosciuta da tutte le forze politiche, provvedimenti indispensabili per tentare di ristabilire un equilibrio accettabile fra popolazione carceraria-strutture detentive-organico degli agenti di custodia, che renda possibile l'applicazione degli istituti della riforma e disinneschi la miccia della bomba carceraria che sta per esplodere.

Di fronte all'inerzia e allo spregiudicato e colpevole ottimismo del Governo, avendo la certezza che ci saremmo trovati ben presto di fronte a nuove evasioni di massa, a nuovi morti, a nuove stragi nel paese, abbiamo iniziato il nostro digiuno. Dopo 40 giorni in cui le cronache hanno registrato solo stragi, morti, conflitti a fuoco, arresti, verifichiamo ancora una volta la giustezza della nostra analisi e riconfermiamo la validità della nostra lotta. Ora è indispensabile continuare nel nostro digiuno: la volontà delle forze di questo Governo, che non siamo riusciti a far pronunciare su semplici provvedimenti d'ordine, è chiara: si minaccia la sospensione di alcuni istituti della riforma, si parla di carcere speciali per chi guida le eventuali e future proteste dei detenuti, si invocano leggi di ordine più repressive. Tutto ciò ha come presupposto una precisa volontà di aggravare la tensione nel paese, aumentare l'incertezza dei cittadini, criminalizzare un settore sempre più vasto della popolazione, sopratt

utto quella più povera ed emarginata, fomentare il caos il disordine nel paese, perché caos e disordine potranno giustificare agli occhi dell'opinione pubblica nuove leggi di polizia, nuove leggi Reale e non ultimo l'intervento dell'esercito nel paese. Ecco perché, oggi più che mai, è indispensabile continuare lo sciopero della fame: non si fanno battaglie dure senza correre seri rischi anche personali: oggi ed ora è il caso di correrli!

Quello che invece sono costretta a rilevare è che il partito non ha compreso appieno la drammaticità della situazione e dell'iniziativa, che su questo obiettivo non si è mobilitato, non ha impegnato energie, come pure la situazione richiedeva e richiede (mentre è riuscito a bloccarsi, a livello quasi isterico, con discussioni durate troppo, sulle dichiarazioni del senatore Plebe) convinto ancora una volta, che il vero fascismo sia quello dei sicari o dei teorici di Almirante e non quello dei loro mandanti, dei veri responsabili di questa strage delle istituzioni repubblicane che passa in primo luogo sulla pelle dei più indifesi.

Mi sono trovata di fronte a compagni che hanno sprecato tempo ed energie, come non mai, per scatenare una campagna violenta ed intollerante, da inquisizione o da caccia alle streghe, contro i "ripensamenti" del senatore Plebe, compagni che prefigurano, oggi per il domani, soltanto nuova emarginazione per chi, "diverso" in qualche modo da noi, vive le contraddizioni che sono sue e non del nostro partito e del nostro statuto.

Oggi che vedo nascere all'interno del Partito radicale dubbi sul significato e la validità del nostro statuto e sulla consapevolezza che il rischio di inquinamenti esterni lo si combatte con l'azione e la coerenza politica e non con il disprezzo, le scomuniche e con meccanismi statutari inquisitori, sono molto perplessa e amareggiata. Se a questo si aggiunge il disinteresse dei compagni verso i referendum, il digiuno e il metodo di lotta nonviolenta che stiamo portando avanti, sono portata a pensare che forse il partito sta correndo il rischio di cambiare faccia: non più un partito socialista, laico e libertario costituito da diversi e emarginati, convinto delle sue analisi e della sua strategia, ma un partito di emarginati e di diversi che comincia a vergognarsi della sua identità, che invoca, anche esso i probiviri comincia a parlare di "ideologia". Questi sono i momenti in cui il partito o si ritrova o rischia di snaturarsi e di perdersi per strada. Per conto mio non starei un giorno di più in un partito

che percorresse le strade dell'autoritarismo e della repressione, che riproducesse in piccolo i meccanismi di emarginazione contro i quali tutti i giorni laicamente ci troviamo a lottare, e il più delle volte con noi stessi.

 
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