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Medail Cesare - 20 marzo 1977
Lattanzio: legge truffa per i militari
di Cesare Medail

SOMMARIO: La nuova proposta di legge di riforma delle Forze Armate presentata dal ministro Lattanzio mantiene la filosofia del militare-gendarme tagliato fuori da ogni dialettica politico-sociale e proprio per questo disponibile ad intervenire d'autorità per correggere quanto di »deviante si manifesta all'esterno. Le sinistre non hanno capito che sotto l'alibi della apoliticità delle forze armate si limita la libera circolazione delle idee.

(ARGOMENTI RADICALI - BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA - anno I, n. 1, aprile-maggio 1977)

Dopo che nell'estate 1975 la questione militare è esplosa in seguito alle clamorose manifestazioni di protesta dei sottufficiali dell'aeronautica per le condanne dei sergenti Sotgiu e Mauri, la classe politica si è mossa per riformare le Forze Armate, il cui Regolamento di disciplina (varato nel 1964 dell'allora ministro della difesa Andreotti) non fa alcun riferimento alla Costituzione ma si richiama al Codice militare di pace del 1941, promulgato per Regio decreto su proposta di Mussolini.

Il primo passo è stata la »bozza Forlani del '75 ritirata in tutta fretta per l'indignata accoglienza delle caserme. Oggi il parlamento deve discutere un disegno di legge Lattanzio, attuale ministro della difesa, che i movimenti dei militari democratici considerano l'ennesima truffa.

L'incostituzionalità dell'attuale regolamento-Andreotti sta in una serie di limitazioni dei diritti civili: i militari cioè sono considerati una fetta di società »separata dal resto, una specie di zona franca in cui il cittadino in divisa non è tutelato dalla Costituzione. La legge Lattanzio, a differenza del regolamento del '64, accoglie il principio che il regolamento di disciplina debba riferirsi alla Costituzione ma, all'articolo 2, reintroduce il principio di corpo separato del vecchio ordinamento. Dice che »ai militari sono imposti con legge particolari doveri e limitazioni all'esercizio di taluni diritti... ; che »... i militari sono soggetti alle peculiari norme connaturate alla loro condizione stabilite dal regolamento di disciplina militare . La diversità del cittadino in divisa viene dunque ribadita anche in una legge che vorrebbe essere innovatrice.

Nella sua apparente liberalità la legge Lattanzio contempla anche degli organi rappresentativi dei militari, ma aggiunge che »devono operare nel rispetto del Regolamento di disciplina militare, non possono trattare argomenti attinenti all'ordinamento, all'addestramento, alle operazioni, alla disciplina e all'impiego del personale .

E allora che ci stanno a fare? Non possono discutere una punizione, visto che di disciplina non devono occuparsi, non dei trasferimenti o dei permessi, visto che l'impiego del personale loro non compete, non dell'organizzazione del lavoro. E' l'ennesima mistificazione che i sottufficiali, i soldati e gli ufficiali democratici respingono perché hanno aperto gli occhi, perché all'interno delle caserme sta maturando una consapevolezza politica che permette di capire che cosa resta sotto i travestimenti dei nuovi regolamenti.

Sia il regolamento Andreotti, sia la bozza Forlani, sia la legge Lattanzio nascono dalla filosofia del militare-gendarme, tagliato fuori da ogni dialettica politico-sociale e proprio per questo disponibile ad intervenire d'autorità per correggere quanto di »deviante si manifesta all'esterno: quindi disponibile ad eventuali disegni repressivi del regime.

La limitazione dei diritti politici dei militari (divieto d'iscrizione ai partiti, di fare propaganda elettorale, divieto d'associazione e così via) ha come presupposto l'apoliticità delle forze armate. Ma di quale apoliticità si parla quando tutte le nomine che contano avvengono in base a criteri strettamente politici dopo laboriose trattative fra i partiti? L'apoliticità è un alibi per mascherare la volontà politica (che emerge dalla stessa legge Lattanzio) di reprimere i fermenti democratici nelle caserme. Quanto più i militari potranno formarsi una coscienza politica e discutere liberamente in caserma e fuori tanto più saranno controllate le mosse di vertici equivoci e golpisti e saranno contestate le deviazioni dell'istituzione.

Le sinistre, però, non l'hanno capito. Non vogliono che la politica entri nelle Forze Armate. Il progetto di legge Lattanzio è stato attaccato da Falco Accame e da Nino Pasti ma ha buone probabilità di essere approvato in aula, perché i partiti della sinistra si muovono nella logica che fece dire al senatore Pecchioli, portavoce del PCI in questioni militari, all'indomani della dimostrazione del coordinamento sottufficiali del 27 marzo 1976: »il PCI non approva certe manifestazioni di lotta. E' legittima ogni presa di posizione. Ma nella misura in cui le FF.AA. sono un corpo atipico, tra l'altro armato, i loro problemi vanno risolti dal Parlamento, altrimenti non si sa dove si va a finire .

E' come dire »lasciate fare a noi , senza contare che è passato un anno da quando Pecchioli ha detto queste cose e in Parlamento di nulla si è parlato. Sottolineare il carattere "atipico" delle Forze armate vuol dire accogliere l'idea del cittadino in divisa come diverso, come dichiarò nella stessa occasione del marzo '76 il generale Piero Piccio, vice comandante della prima regione aerea: »chi sceglie liberamente di venire a fare il militare, sa in partenza che deve rinunciare almeno in parte ai diritti costituzionali .

Le sinistre mostrano di non capire che la libera circolazione delle idee nelle Forze Armate è la più efficace garanzia contro il rischio di avere un esercito golpista. A meno che non si voglia mantenere lo "status quo" per poter disporre, in futuro, di cittadini in divisa totalmente acritici, spoliticizzati, massa di manovra incosciente a tutela di nuovi equilibri di potere. E' un gioco rischioso per quella sinistra che ignora la protesta che sale dalle caserme, dalle navi e dagli aeroporti e non si ribella a disegni di legge anticostituzionali come quello del ministro Lattanzio: l'emarginato con le stellette, »apolitico , viene a trovarsi in antagonismo con la società che lo emargina e potrebbe voler imporre un ordine proprio. E sarebbe il Cile di oggi o la Grecia di ieri.

 
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