di Gianluca DevotoSOMMARIO: Il dibattito in Italia sul progetto MRCA è stato modesto e fortemente condizionato dalle pressioni dell'industria bellica e dal ricatto occupazionale. Il sistema di controllo parlamentare potrà essere efficace solo se le forze di sinistra saparanno esprimere scelte concrete di politica militare.
(ARGOMENTI RADICALI - BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA - anno I, n. 1, aprile-maggio 1977)
Il progetto MRCA è nato alla fine degli anni '60, sotto la spinta di pressioni convergenti - politiche, strategiche e industriali. Le aviazioni dei paesi europei della Nato avrebbero dovuto, secondo i piani, rinnovare le loro flotte alla metà degli anni '70. Sembrava questa una buona occasione per avviare un'importante coproduzione europea, e quindi per riuscire ad ottenere in quel settore un certo grado d'indipendenza nei confronti degli Stati Uniti senza per questo essere costretti ad accettare le offerte francesi.
Questa ricerca di autonomia nel campo degli armamenti è dipesa però meno da ragioni politiche che da ragioni industriali. Per quanto si parlasse già dieci anni fa - e soprattutto si parli adesso - di razionalizzazione, di standardizzazione e di produzione in comune degli armamenti, gli stati europei aderenti alla Nato non hanno finora certo dimostrato di essere pronti a fare grandi passi in avanti nella direzione di una politica comune di difesa. Le coproduzioni europee di sistemi d'arma sono in genere state delle intese industriali bilaterali, quasi sempre franco-inglesi o franco-tedesche. Nel caso dell'MRCA, e dei nuovi obici da 155 mm, sviluppati e prodotti da Germania, Inghilterra e Italia, l'integrazione è apparsa in realtà più stretta, e anche la Nato per mezzo di opportune agenzie ha partecipato a tutto il processo di ricerca-sviluppo e di produzione; ma anche qui l'iniziativa ha avuto prevalentemente un carattere industriale. La Germania e la sua industria erano ormai mature per uscire dalla fase del
le produzioni su licenza americana; l'industria inglese aveva bisogno di iniezioni di capitale e di un ampliamento di mercato; infine, gli italiani ricercavano forme di cooperazione, con partners maggiori, più qualificanti che in passato.
Il prevalere delle ragioni industriali di ogni singolo paese ha avuto due principali effetti sull'evolversi del progetto MRCA, uno di carattere strategico-militare, l'altro di carattere economico. Di fatto, le richieste degli stati maggiori dell'aeronautica dei tre paesi che alla fine hanno partecipato allo sviluppo dell'aereo (altri tre, Canada, Belgio e Olanda, si sono ritirati dal progetto nel 1968-69) erano molto diverse: gli inglesi volevano essenzialmente un aeroplano adatto per gli attacchi in profondità, i tedeschi un velivolo che potesse appoggiare i combattimenti delle truppe di terra, gli italiani un caccia da combattimento. Nasceva così un caccia-bombardiere che avrebbe dovuto essere multiruolo: la geometria variabile delle ali avrebbe favorito l'eclettismo dell'MRCA. In realtà, a quanto risulta anche dagli esperimenti sui prototipi, si tratta di un buon aereo con caratteristiche fondamentalmente offensive, grazie alle sue notevoli capacità di navigazione a bassa quota e ad alta velocità; ma dell
e caratteristiche multiruolo non è rimasto molto. In altre parole, le vere o supposte esigenze strategiche, in particolare quelle italiane, sono state piegate o comunque adattate alla logica di uno sviluppo industriale che rispetto ai piani iniziali ha presentato delle deviazioni.
Sul piano economico, un effetto negativo non previsto è stato il forte aumento dei costi: il prezzo unitario dell'MRCA è salito dai 4 milioni di dollari del 1969 ai circa 15 del 1976. L'aumento, in parte dovuto alla forte ascesa dei prezzi dei metalli pregiati, sarebbe certo stato contenuto meglio con una diversa, meno parcellizzata, organizzazione produttiva, che tenesse in minor conto gli interessi immediati delle industrie dei singoli paesi.
Questo breve quadro fa intravedere quanto confuso possa essere stato il dibattito sulla questione MRCA. Ma mentre all'estero esso è stato perlomeno vivace, e dura da quando il problema si è affacciato all'orizzonte, in Italia si è assistito solo, almeno fino all'anno scorso, ad interventi frammentari e di circostanza. Le pressioni industriali contrarie all'MRCA, provenienti da ambienti legati agli americani o ai francesi, sono state forti, ma hanno agito sott'acqua o attraverso articoli di giornalisti specializzati, e non hanno avuto quindi impatto politico. L'opposizione delle sinistre è apparsa via via sempre più blanda, in corrispondenza anche al delinearsi delle nuove posizioni comuniste sulla intera questione europea. Si è assistito a sussulti di discussione solo quando veniva alla luce la costosità del processo, o si scopriva, magari per la quarta o la quinta volta, che l'aereo avrebbe potuto compiere missioni d'attacco trasportando bombe atomiche tattiche.
Il dibattito si è riacceso un anno fa, quando l'Italia è stata posta in sede internazionale di fronte alla scelta definitiva (ritiro o prosecuzione del progetto), e quando nei due rami del parlamento si è cominciato a discutere della legge aeronautica che prevede per i 100 MRCA da acquistare una copertura di 771 miliardi (che alla fine diventeranno almeno 1500...).
Sulla scia anche dello scandalo Lockheed, l'unico finora venuto alla luce, le forze politiche si sono finalmente rese conto che queste operazioni sfuggono totalmente al loro controllo. Esse hanno così tentato un tardivo, ma non inutile recupero. L'opposizione all'MRCA era ormai una battaglia perduta. Tuttavia, in tal modo è stato rimesso politicamente in discussione tutto il sistema »chiuso di scelta degli approvvigionamenti, finora gelosamente protetto dalla tecnostruttura militar-industriale.
E' evidente che un effettivo controllo politico sugli approvvigionamenti militari sarebbe un notevole passo avanti rispetto all'attuale situazione italiana, un passo quasi rivoluzionario. Bisogna comunque tener presente che, a parte tutte le difficoltà e le opposizioni più o meno mascherate a una misura tipicamente »liberale come quella del controllo politico, il sistema di controllo parlamentare potrà essere efficace solo se le forze di sinistra sapranno esprimere scelte concrete di politica militare. Non è facile, ma è comunque indispensabile, se non vogliamo trovarci fra dieci anni di fronte a un altro caso MRCA, con il relativo ricatto occupazionale. La scelta del successore dell'MRCA si sta in effetti già facendo adesso.
Anche per chi abbia una posizione strettamente antimilitarista, un quadro di politica militare più trasparente e più controllato dalle forze politiche è un primo passo che non può essere comunque eluso. E' meno arduo e sicuramente più produttivo discutere e contestare »in toto scelte chiare, piuttosto che informi decisioni di un potere che fino ad oggi si è completamente deresponsabilizzato.