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Spadaccia Gianfranco - 31 marzo 1977
Dimissioni di Emma Bonino: il Pci sceglie la parte del buttafuori
di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: Cronaca della discussione che si è svolta alla Camera dei deputati sulle dimissioni di Emma Bonino. Si era dimessa per richiamare le istituzioni ai loro doveri, agli impegni che si erano assunti per la riforma degli agenti di custodia: il Parlamento al dovere di far rispettare le deliberazioni approvate dalla sua maggioranza; il governo ad attuare quelle deliberazioni che si era impegnato a rispettare. Il ritiro delle dimissione dopo l'impegno del Governo. La gazzarra dei deputati comunisti.

(NOTIZIE RADICALI N. 85, 31 marzo 1977)

Il presidente Ingrao apre martedì 22 marzo, alle ore 16,30, il dibattito sulle dimissioni della deputata Emma Bonino. Dopo aver dato lettura della lettera di dimissioni, Ingrao ricorda che è prassi parlamentare ormai consolidata respingere le dimissioni di un parlamentare quando siano motivate con ragioni politiche e non personali o di salute. E' un chiarimento non dovuto e non necessario da parte di Ingrao, e quindi tanto più importante e significativo da parte del Presidente della Camera. Ma in questa vicenda parlamentare la prassi, cioè l'insieme di precedenti comportamenti del Parlamento in casi analoghi, non sarà rispettata.

La prima a non rispettarla è proprio la dimissionaria Emma Bonino, la quale rompe la consuetudine che vuole il deputato dimissionario assente dal dibattito che lo riguarda. Emma invece prende la parola, e la prende per quasi un'ora, per meglio spiegare i motivi delle sue dimissioni, enunciati nella lettera al Presidente della Camera. Ed è la prima a chiedere che la prassi non sia osservata se la prassi deve dar luogo a un dibattito e ad un voto solo formali: "chiedo un dibattito non tanto sul mio gesto, quanto sulle motivazioni che mi hanno portato da agosto da agosto ad oggi a compiere questo gesto. Questo vorrei che fosse chiaro: respingere le mie dimissioni significa solo convenire che la situazione è estremamente grave e che le cause di tale gravità vanno urgentemente rimosse".

Un'ora dopo sarà il comunista Coccia a rovesciare la prassi parlamentare e a pronunciarsi, a nome del suo gruppo, perché le dimissioni siano accolte invece che respinte.

Coccia: misure urgenti ma non la riforma

Il deputato comunista nega la validità delle motivazioni; esse sono pretestuose e futili, indice di scoramento e di spirito rinunciatario, rispondenti ad esigenze propagandistiche e pubblicitarie del Partito Radicale, che pretende di monopolizzare la lotta per la riforma giudiziaria e penitenziaria. Sul merito degli obiettivi della lotta radicale (gli stessi di un digiuno durato 73 giorni), Coccia contrappone la strategia comunista: alcune misure urgenti invece della riforma del corpo degli agenti di custodia, da strappare ed imporre all'atteggiamento elusivo del governo, "con carattere di immediatezza". Le richieste radicali (una riforma la cui necessità ed urgenza è stata quasi all'unanimità per due volte deliberata dal Parlamento e richiesta in maniera vincolante al governo) sono "totalizzanti" e massimalistiche: la ricerca del meglio impedisce e ritarda l'ottenimento del buono che si può raggiungere subito. Non mancano nell'intervento di Coccia elementi grossolani e falsificanti della posizione radicale

e delle stesse dimissioni di Emma Bonino (l'accenno fatto nella lettera di Emma alle "offensive e miserabili critiche di colleghi come gli on. Preti e Pochetti", Coccia tenta di farlo passare per una delle motivazioni delle dimissioni). L'oratore del gruppo comunista preannuncia infine come imminente uno sbocco politico per la strategia comunista delle "misure urgenti": la votazione l'indomani nell'ufficio di presidenza della commissione giustizia delle proposte del PCI riguardanti le carceri. Conclude affermando che la decisione di dimettersi ("concretamente meditata e sofferta") va tuttavia rispettata: "ma il rispetto deve essere il più conseguente di tutti: vale a dire l'accettazione delle dimissioni". Infine una risposta (implicita) ad Ingrao: il PCI non ritiene in questa maniera di rinnovare rispetto alla prassi, perché già nel dibattito sulle dimissioni di Ferrari Aggradi nella precedente legislatura aveva votato per l'accoglimento. Le dimissioni della deputata radicale vengono messe sullo stesso piano

di quelle di un notabile del regime che lasciò la Camera per rendersi disponibile per altri incarichi, altre prebende e altre leve di potere.

Si creano due schieramenti

Si creano così due schieramenti parlamentari: il liberale Bozzi, il democristiano Costamagna a titolo personale, la repubblicana Agnelli, il socialista Testa, l'indipendente Napoleoni a nome della maggioranza del gruppo misto, la comunista indipendente Codrignani, il demoproletario Pinto, il missino Santagati e il demonazionale Delfino con diverse motivazioni si esprimono per respingere le dimissioni; i comunisti si esprimono per l'accoglimento, mentre la democrazia cristiana - in un intervento del vice presidente Bernardi pieno di veleno antiradicale - si affida alla libertà di voto dei suoi parlamentari.

Si vota: tutti i comunisti in aula!

Siamo a martedì, all'inizio quindi della settimana parlamentare, in una di quelle giornate solitamente quasi morte, raramente destinate a votazioni di grande importanza, caratterizzate dall'assenteismo dei deputati che raggiungono Roma solo la notte di martedì. L'aula si riempie di comunisti. Il gruppo del PCI viene mobilitato al completo. Le commissioni su richiesta dei comunisti vengono sconvocate, per consentire ai deputati di unirsi al voto in aula. La determinazione dei comunisti è chiara: far fuori l'attuale rappresentanza parlamentare del P.R. decretare la sconfitta della lotta non violenta dei radicali sulle carceri, e il giorno dopo ottenere dal governo magari con l'aiuto del ministro di grazia e giustizia qualche deliberazione o qualche assicurazione che dia la sensazione di un successo della loro strategia minimalista.

Si passa ai voti, ma manca il numero legale e per qualche decina di voti l'operazione non ha successo. Di fronte al massiccio arrivo dei deputati comunisti, qualche decina di deputati capiscono il gioco e si allontanano facendo mancare il numero legale.

Una mattinata difficile

Per una volta il PSI ha una reazione tempestiva. Con una dichiarazione all'ANSA, il segretario del PSI, Bettino Craxi, accusa indirettamente di settarismo i comunisti: si possono discutere e non condividere - sostiene Craxi - le forme di lotta dei radicali, e perfino queste dimissioni, ma di fronte alla serietà e validità delle motivazioni, il loro accoglimento sarebbe un intollerabile atto si settarismo. L'indomani mattina il gruppo socialista della Camera, su sollecitazione dello stesso Craxi e di Pietro Nenni, prende l'iniziativa di ricercare e trovare una soluzione politica. Il capogruppo socialista, Vincenzo Balzamo, si rivolge al Presidente della Camera Ingrao, che trova sensibile e disponibile, e parla con il Presidente del Consiglio Andreotti. Ha contatti con Natta, che trova intransigente e irremovibile, e con il capogruppo democristiano Piccoli.

La votazione deve ripetersi alle 16,30. I tempi sono quindi brevissimi. Al termine di una intensa mattinata di contatti e di colloqui resi più difficili dallo svolgimento contemporaneo dell'incontro DC-PSI sui problemi del governo, alle 13,30 c'è un colloquio risolutivo. Andreotti riceve Balzamo, insieme a Pannella e a Spadaccia. Introduce Balzamo: il problema delle dimissioni dell'on. Bonino - dice - è un problema politico e va risolto politicamente perché riguarda il rispetto delle deliberazioni parlamentari, e quindi i rapporti fra governo e parlamento, e in particolare fra il governo e i partiti che lo appoggiano e che hanno votato quelle deliberazioni.

Nel colloquio si torna di nuovo a discutere nei dettagli (per i radicali è la terza volta) con Andreotti degli obiettivi del digiuno radicale che coincidono oggi con i motivi delle dimissioni della deputata Bonino. Si rifà la storia dei rapporti avuti con il ministro della giustizia, oltre che con Andreotti. Pannella illustra ad Andreotti le conclusioni di Bonifacio all'ultima riunione della commissione giustizia. Ricorda il giudizio dato dall'on. Coccia sul carattere di immediatezza che i comunisti chiedono per alcune misure urgenti anticipatrici della riforma del corpo degli agenti di custodia. Sostiene che con i tempi illustrati da Bonifacio alla Camera non si avrà la riforma prima dell'autunno.

Andreotti spiega che per lui c'è una difficoltà ad intervenire rappresentata dall'impossibilità di mettersi in contatto con il ministro che è sotto anestesia per una operazione che ha subito nel corso della mattinata. Informa tuttavia che il referendum, di cui il ministro ha parlato e che non è stato ancora avviato, non si fara' piu' e quindi si potra' guadagnare un mese e mezzo per l'elaborazione e la presentazione della riforma. Alle 15,30 Palazzo Chigi emette il comunicato che pubblichiamo a parte. E' l'atto formale di disponibilita', la manifestazione di volonta' politica del governo, che i radicali chiedevano. Le dimissioni possono quindi essere ritirate solo che si consenta alla deputata Bonino di registrare in aula questo atto politico.

In chiusura del comunicato del governo si fa riferimento all'assenza di Bonofacio. Ma questo riferimento rende ancora piu' chiaro l'intervento di Andreotti come scelta politica del governo: immediatezza per le misure urgenti anticipatrici della riforma (una immediatezza che secondo Coccia incontrava l'ostilita' insormontabile del governo); e tempi certamente piu' brevi dei tre mesi ipotizzati per la riforma organica del corpo degli agenti di custodia.

Si e' gia' in sede di votazione. questa volta Ingrao, con una interpretazione del regolamento, ritiene di dover chiedere, dopo la manifestazione di volonta' del governo, all'on. Bonino se mantiene o ritira le dimissioni, e di dover consentire che la deputata radicale spieghi il motivo del ritiro (" le dimissioni di un deputato - dira' polemicamente rivolto soprattutto ai deputati comunisti - sono un atto troppo delicato e grave perche' il Presidente non intervenga").

E a questo punto si scatena il finimondo. Pajetta, Natta, molti deputati comunisti, uniscono le loro voci di protesta a quelle del demonazionale Delfino e a quelle di decine di deputati democristiani. Prima si vuole impedire che Emma Bonino possa rispondere alla domanda del Presidente. Poi che spieghi il motivo del ritiro, il fatto politico che lo giustifica. E' la canea democristiana e comunista, una vera e propria esplosione di intolleranza attraverso la quale un intero Parlamento sembra scaricare nell'insofferenza, nella rabbia e nella volonta' di espulsione fisica dei deputati radicali le proprie frustazioni per il modo con il quale assolve ai suoi doveri legislativi e alle proprie funzioni di controllo democratico fra le forze politiche e di controllo dell'esecutivo. Si vede Giancarlo Pajetta, rosso in viso, scatenato contro la deputata radicale, come mai lo era stato in passato (ai tempi d'oro delle sue "scorrettezze" e dei suoi "esibizionismi" parlamentari) contro i governi democristiani, gridare piu

' volte con il braccio alzato: " non deve parlare, deve parlare soltanto per dire che ritira le dimissioni, e' una buffonata, buffoni, quella e' la porta, andatevene". E si vede Ingrao gridare -" On. Pajetta lasci parlare ". I deputati comunisti si muovono all'unisono, nella canea antiradicale, con i deputati democristiani che possono finalmente scatenare il loro odio verso una minoranza che ha imposto il divorzio e l'aborto, ha mandato a suo tempo in galera un sindaco democristiano, e rappresenta la piu' intransigente opposizione al regime democristiano e clericale.

Concorre a scatenare la canea il fatto che la massa dei deputati non conosce i fatti che sono intervenuti nella mattinata e nel primo pomeriggio: L'iniziativa socialista, le consultazioni politiche, il comunicato di Andreotti, la decisione di Ingrao. Ma la canea impedisce perfino di spiegarli e di renderli noti. L'intolleranza impedisce l'informazione e la possibilita' di una valutazione.

Sicche' in definitiva si assiste allo spettacolo di un gruppo comunista che in massa contesta l'operato del Presidente comunista della Camera e di un gruppo democristiano che in massa contesta senza conoscerlo l'impegno politico assunto, con altri due gruppi della Camera, dal Presidente del Consiglio democristiano.

Emma Bonino rimane in piedi a lungo, senza rispondere alle provocazioni e agli insulti, collaborando nel modo piu' giusto, cioe' con il silenzio, allo sforzo che sta compiendo il Presidente della Camera. Alla fine le e' consentito di parlare, di dire poche parole: fa riferimento al comunicato di Palazzo Chigi, invita i colleghi a leggersi attentamente quel comunicato. L'invito e' rivolto naturalmente ai comunisti che il giorno prima ritenenvano impossibile costringere il Governo all'assunzione di precise responsabilita' e precisi impegni.

Chiede subito dopo la parola l'on. Bozzi, non sul ritiro delle dimissioni di Emma Bonino, ma per deplorare il fatto che il governo non abbia ritenuto di comunicare direttamente al Parlamento le sue decisioni o la sua volonta', e lo abbia fatto indirettamente attraverso un comunicato stampa e attraverso il Presidente della Camera. Bozzi puo' avre ragione. E possono avere ragione anche la massa dei deputati che lo hanno clamorosamente applaudito. Ma l'uno e gli altri avrebbero ogni giorno la possibilita' di difendere, se volessero, le loro prerogative e quelle del Parlamento. Se ne ricordano invece per rivendicarle in modo del tutto formale soltanto nel momento in cui un piccolo gruppo parlamentare, il piu' piccolo gruppo di Montecitorio, e' riuscito con le sue lotte extraparlamentari e con i suoi atti politici in Parlamento e concretamente riproporne, nell'interesse di tutti e delle istituzioni il rispetto da parte delle forze politiche e dell'esecutivo.

La dichiarazione di Bozzi e gli applausi che l'hanno seguita sottolineano ancora di piu' questa contraddizione e questa frustazione che si sono cosi' clamorosamente espresse poco prima in quella canea vociante e in quella esplosione di intolleranza.

Gianfranco Spadaccia

 
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