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Pannella Marco - 31 marzo 1977
"Al tavolo con dei bari non sediamo"
di Marco Pannella

SOMMARIO: L'intervento di Marco Pannella nel corso del dibattito alla Camera sulle dimissioni di Emma Bonino (presentate per il mancato rispetto da parte del Governo e del Parlamento degli impegni presi in ordine alla riforma del Corpo degli agenti di custodia).

(NOTIZIE RADICALI N. 85, 31 marzo 1977)

Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che almeno Ella sappia che non avevo gran bisogno né grande desiderio di intervenire questa sera, in questa occasione, perché avrò molto probabilmente occasione di prendere la parola in prima persona domani o dopodomani, a seconda di quando i problemi regolamentari mi consentiranno o mi richiederanno di farlo.

"La solita donna"

Ma prima che noi si passi al voto, credo che mi corra l'obbligo a questo punto di evitare che chi vota lo faccia incorrendo in equivoci, in incomprensioni, lo faccia cioè, viziando il processo formativo della volontà della nostra Assemblea di una scarsa conoscenza dei dati reali o di una insufficiente riflessione, facilitata da alcune distorsioni interessate che sono state fatte in quest'Aula, nel corso di questo dibattito, distorsioni che appariranno certamente clamorose e non certamente molto eleganti o nobili, quando potranno essere confrontate nelle stenografico, la lettera e lo spirito della lettera di dimissioni della collega Bonino con le intenzioni e le affermazioni che da parte di certuni in questa occasione le sono state attribuite, come quella, per esempio, di dimettersi perché offesa dalle intemperanze e dalle critiche di chicchessia. E' un falso che tende probabilmente a presentare una collega come la "solita collega donna", che ad un certo punto è offesa perché non le si riservano delle delicat

ezze alle quali avrebbe diritto.

La onorevole collega Bonino - collega Coccia, vai a rileggere la lettera! - ha solo per inciso sottolineato che questo dibattito ha dato anche luogo ad episodi e a critiche che lei ritiene poco nobili e poco, civilmente e politicamente, puliti ed accettabili; ma non ha mai detto che tutto ciò che era un motivo per presentare le dimissioni. Cercare di ridicolizzare in questa maniera le tensioni, la riflessione di ognuno di noi è un test estremamente chiaro, è un'operazione che dimostra, quanto meno, una certa fretta, per raccogliere "n'importe quoi". La quotidianità politica ci offre di raccogliere, appunto, in fretta nel paniere le dimissioni di Emma Bonino, così fastidiosa non per la sua insensibilità o ipersensibilità femminile, ma per la sua azione politica. Dicevo, che un certo atteggiamento dimostra quello cui mi sono riferito o, altrimenti, una deliberata intenzione di squalificare un dibattito politico, che credo serio e che riguarda - debbo sottolinearlo - innanzitutto (come è scritto nella lettera d

i Emma Bonino) problemi di vita o di morte. Vedremo se si tratta di enfasi o di enfatizzazione!

Dal 9 gennaio, altri che qui, altri che noi, responsabili di partiti politici democratici, dichiarano che si sta dando luogo, con i ritardi del Governo, ad una catena di evasioni (da allora, se ne avranno ben 64, colleghi e colleghe!); catena di evasioni che fatalmente farà circolare nel nostro paese dei braccati, disposti e costretti ad essere assassini o assassinati. Dal quel 9 gennaio, i compagni del partito radicale iniziano il loro digiuno con questa affermazione di gravità, di urgenza e di collaborazione alle istituzioni; dichiarano: per sollecitare il Governo ad attuare le misure che le stesse mozioni parlamentari hanno richiesto, e per sollecitare il Governo ad attuare quel che si è impegnato ad attuare, noi non violenti, che non conosciamo le bombe molotov, che non conosciamo l'aggressione, che conosciamo il dar corpo alle nostre convinzioni contro la violenza delle istituzioni e dei fatti, dimostriamo e vogliamo così dimostrare che problemi, letteralmente di vita o di morte, per cinque, dieci, quin

dici, trenta cittadini non sono problemi marginali, come credete voi ed altre forze politiche, ma problemi centrali. Perché un braccato che ammazza, come quei braccati del 9 gennaio (episodio dal quale iniziò il digiuno di Adelaide Aglietta, di Gianfranco Spadaccia e degli altri compagni) che uccisero degli agenti della polizia stradale, all'improvviso - queste vite che si spengono, sulle quali a piangere, dopo, siamo tutti bravi, come siamo bravi a recarci ai loro funerali o a recitare parole di sdegno - non può non porre problemi di vita o di morte.

Ebbene, mi pare che la preoccupazione di dire che prima ancora di qualsiasi altro dibattito generale, occorre attuare le misure annunziate da voi, possa essere capita. Onorevole Bozzi, mai, né all'onorevole Bonino, né ad alcuno di noi è passato, per l'anticamere del cervello, o per l'anticamera delle nostre organizzazioni, la pretesa di imporre a chicchessia le nostre soluzioni. Noi non siamo qui per dire che le nostre soluzioni sono le buone. Un non violento esercita tutto l'armamentario non violento solo per richiedere agli altri l'attuazione della loro legalità, dei loro progetti, dei loro impegni.

Digiuno in appoggio alle mozioni della Camera

I non violenti sono scesi in digiuno e le loro dimissioni sono state presentate in appoggio alle mozioni da voi, onorevoli colleghi, votate, che il Governo ha vanificato e che noi, invece, ritenevamo insufficienti. Non accusateci di questa forma barbara di intolleranza, quella per la quale noi useremmo in modo violento della nostra non violenza, per convincere voi, o chicchessia, della bontà delle nostre soluzioni! Noi diciamo che non vi è un minimo di rispetto delle regole del gioco, quelle per le quali, quando un Governo si impegna dinanzi al Parlamento, ogni parlamentare è titolare del controllo su quelle dichiarazioni e su quegli impegni.

Evitare di essere superficiali

Emma Bonino lo ha scritto: non mi dimetto da militante radicale; è una condizione nella quale le dimissioni non sono possibili. Al posto di Emma Bonino o mio, altri colleghi siederanno nei prossimi giorni; essi continueranno come parlamentari a fare - forse, meglio di noi, perché già forti della nostra esperienza - quello che noi abbiamo fin qui fatto. Né noi certo, non potendoci fregiare dell'onore del far parte ancora in atto del vostro consesso e della vostra Assemblea, ci riterremo come militanti diminuiti della nostra capacità di lotta di ogni giorno.

Il problema è un altro, colleghe e colleghi, signor Presidente, e su questo è bene, in buona o mala fede, evitare di essere superficiali. Emma Bonino ha scritto che, in quanto parlamentare, ha espletato tutti i ricordi regolamentare o tradizionali, prendendo atto di quello che l'onorevole Coccia chiama testualmente "misure con carattere di immediatezza", necessarie da quattro mesi, cui il Governo si è impegnato e se non si dà corso alle quali avremo garantito per altri mesi e stagioni l'esplosione della bomba carceraria, i braccati che gireranno con il beneplacito, se non con il mandato, del generale Della Chiesa, e di tutti gli altri che fanno giochi strani all'interno delle istituzioni; sì che continueremo a vedere evadere dalle carceri; chi? colleghe e colleghi?

Chi evade?

Chi evade? Il piccolo ladro, il piccolo scippatore? Credete sia possibile evadere da un carcere italiano se la direzione mafiosa del carcere non lo vuole e non lo consente? Forse si può evadere se la direzione dello Stato non vuole? Ma dinanzi al controllo della direzione violenta della mafia carceraria, con i suoi agganci con le trame nere e le trame di Stato, solo allora si evade; allora, potreste cominciare a chiedervi come mai si evada in Puglia, per venire poi a Roma senza essere presi, fino a quando non si ammazza il magistrato o il vice questore, e poi si è ammazzati non dalla polizia, ma dal complice che le è dietro, per tappare la bocca. Tutti questo tragitti gli evasi li possono fare o continuare a farli; altri ne abbiamo. E' stato detto anche ufficialmente che un coevaso dalle carceri pugliesi dello Zicchitella, il famoso bandito sardo, non è stato pescato per indagine autonoma, ma è stato preso quando si è ritenuto che non vi era più bisogno di lui o quando forse voleva "cantare" sui risvolti del

la sua evasione, delle sue rapine, dei suoi sequestri.

Davanti a questo dato carcerario, il signor ministro della giustizia è sicuramente in buona fede -peggio!- e sicuramente è vittima di una operazione truffaldina. Questa storia del referendum borbonico che d'un tratto si tira fuori, con una specie di sbronza democraticistica! Prendiamo queste guardie di custodia trattate come son trattate, militari e militarizzate; sospendiamo, colleghi, per amore di democrazia e di consultazione, e non facciamo riforme della PS, dell'esercito! Il ministro Bonifacio si è dimostrato un grande democratico. Facciamo il referendum sulla PS, sui soldati, sui detenuti: è il nuovo modo di Governo! Ma veramente noi radicali a questo punto potremmo dimetterci, perchè questa è -almeno in via di principio- una via in cui il potere e la violenza delle istituzioni si vanno sempre più riducendo, in apparenza, mentre invece viene fuori questa storia proprio um mese fa, per ritardare una riforma sulla quale -siamo leali, onorevoli colleghi- due mesi fa nei suoi principi ispiratori eravamo

unanimi. Tutti sapevamo che il problema degli agenti di custodia andava scorporato da quello degli agenti di PS. Tutti sapevamo che la condizione militare dell'agente di custodia nè i liberali nè i democrastiani nè altri la ritengono una garanzia pertinente al loro specifico compito: e ce lo dicevamo nelle sedi nelle quali potevamo dircelo.

Ma ad un tratto, quando una certa strategia nel nostro paese sembra affermarsi, dalla burocrazia ministeriale (sempre quella!) viene questa proposta ultrademocratica. E che cosa abbiamo udito, collega Coccia, l'altro giorno in Commissione giustizia? Il ministro che ci annuncia con chiarezza che prima di tre mesi non è in condizione nemmeno -collega Bozzi, c'eri anche tu- di presentare un disegno di legge.

Colleghi comunisti, collwghi di tutta la Camera, dopo mesi di lotte, di digiuni, di autoconsegne, di iniziative, di richieste dei comunisti, dei socialisti, nostre, democristiane, dopo le critiche di Pennacchini, di tutti- tutte che dimostravano la maturità ormai della soluzione di questo problema, - ci si annunzia l'inizio di un itinerario di legge fra tre mesi, che quindi non potrà che concludersi, nella migliore delle ipotesi, in autunno.

Con quale disegno, colleghi! Sappiamo che in questa primavera, in quest'estate, come sempre, e magari più di sempre, scoppieranno le rivolte e le violenze nelle carceri. E a quel punto, da coloro che sono contro la strategia delle riforme, che utilizzano gli scontri che dilagano e vengono dall'università, contro la riforma della pubblica sicurezza, vedrete che, malgrado i referendum ultrademocratici di Bonifacio, verrà detto che non si può fare quella riforma proprio sotto la pressione della violenza e dei morti nelle carceri.

Signor Presidente, anche lei sa che in tutta questa vicenda noi, la collega Bonino, di una sola cosa (lo abbiamo detto in Commissione giustizia, intutte le sedi, non vi è nulla di riservato) ci facevamo e ci facciamo carico: che venga acquisito e previsto un punto terminale di questi dibattiti. Questa è la nostra posizione. Un punto terminale per cosa? Per quella riforma che la maggioranza vorrà, per quella riforma che il Governo vorrà, per quella riforma che i comunisti vorrano, per le riforme che voi maggioranze, variegate o fisse, concederete, noi come parlamentari -non come parlamentari radicali- in nome delle vostre mozioni, degli atti, della istituzione parlamentare, vi chiediamo che venga previsto un punto terminale, perchè il ben legiferare significa anche legiferare nei tempi essenziali per quanto riguarda le cose sulle quali si legifera. Ben legiferare fra due anni sulla situzione carceraria è un atto di irresponsabilità legislativa; è non legiferare, rimandare l'attività del legiferare ad un tem

po politico diverso.

Al di là delle quasi amenità che abbiamo udite a questo punto dobbiamo registrare che sembrerebbe che con il gruppo comunista siamo d'accordo. Cosa dice il collega Coccia? Che il Partito comunista chiede al Governo, "contro le elusive -cito- e pericolose posizioni assunte in questi giorni, misure con carattere di immediatezza". Come si chiedono? Delle due, l'una: o ci si è convinti solo avantieri che si ha bisogno di misure con carattere di immediatezza, e allora dovremmo dire che la nostra azione ha già portato a dei buoni risultati; o invece come credo diranno i colleghi comunisti, sono cinque mesi che anche il partito comunista si batte perchè vi siano misure con carattere di immediatezza dinanzi ad "un comportamento elusivo e pericoloso", ma allora -ecco, questo è un problema di deontologia da parlamentare- quando abbiamo impegni del Governo non rispetto al Parlamento in quanto istituzione, quando abbiamo all'esterno impegni civili che ci sollecitano e ci aiutano a compiere quello che noi abbiamo ritenu

to essere il nostro dovere, in questo clima, in questa situazione, è prova di intolleranza fare come la collega Bonino e dire: "Abbiamo inutilmente, da molti mesi, cercato di attivare ogni possibile meccanismo regolamentare per sollecitare una assunzione di responsabilità, sia di controllo, sia legislativa, da parte degli altri gruppi e dei colleghi" ; e concludere: "io non posso che riconoscere la mia inadeguatezza?". Perchè dovremo assuefarci? Noi possiamo, come militanti radicali, avere ed abbiamo, una immensa pazienza e tenacia; sappiamo che, se vorremo, uscendo da qui, ebbene torneremo, quando sarà il caso, e molto più numerosi. Non abbiamo problemi di questa natura. Diamo un giudizio: non commetteteerrori. Nella decisione di Emma Bonino, nelle sue motivazioni, non c'è nulla, colleghi, di stanchezza psicologica, nulla di scoramento; cioè la fredda assunzione di una responsabilità che dice: se io, parlamentare - e non parlametare radicale- riscontro che si manca non nei confronti del radicale, ma nei co

nfronti del parlamentare e del Parlamento, o questa situazione si supera o me ne vado. Collega Bozzi, questo è il problema; ed è un problema di destra storica, quando troppo a lungo ci si assuefà ad un comportamento da parte dell'esecutivo o delle maggioranze di questa assemblea, che non è consono alle idee repubblicane, di destra storica dell'Assemblea. Non è vero che basti continuare a dire, a questo punto: io dissento. Esiste un punto limite, al di là del quale si dice: è giusto rispettare le regole del gioco, però quando le regole non sono più rispettate, a tavola con dei bari io non resto. Ed è questo il punto che dobbiamo tenere presente, ed è il punto che comunque abbiamo tenuto presente. Io penso che, assieme all'appello che, ogni ora di più, dalle informazioni che ho, personalità della cultura, personalità democratiche e politiche italiane stanno indirizzando al Governo, ma anche al Parlmento, signor Presidente, noi stiamo forse facendo un passo avanti, perchè abbiamo udito, quì in Aula, uno dei gru

ppi, quello che a mio avviso è il gruppo più potente di maggioranza, dichiarare che sono necessarie misure con carattere di immediatezza. In lingua italiana una immediatezza che duri mesi non è una immediatezza, è una mediatezza semmai; nè noi, lo abbaimo sempre dichiarato, siamo tesi ad ottenere la forma delle risoluzioni che proponiao: noi chiediamo che i nostri dibattiti, le nostre mozioni, giungano all'esito della loro moralità. Quando delle mozioni sono approvate e degli impegni sono presi, quando degli appelli ci giungono dal paese, quando tutti riconosciamo che è necessario intervenire d'urgenza contro questa situazione, e ci viene detto invece che se ne parlerà tra mesi e mesi: allora io credo che è importante il fatto che in Aula, da parte di questo gruppo, abbiamo sentito chiedere, rivolti al Governo, misure con carattere di immediatezza. Quali? Ebbene, questo riguarda il Parlamento, non noi. Su questi temi noi chiediamo che il Parlamento non consenta più al Governo di avere l'atteggiamento irre

sponsabile che ha finito per avere, malgrado la sagra di buone volontà individuali del Presidente del Consiglio, del Ministro dei grazia e giustizia, del sottosegretario Dell'Andro, che di volta in volta andavamo ad interpellare. Ed è quindi con questa constatazione dell'utilità evidente e militante di questa lotta, anche di questo estremo ricorso da noi compiuto, che dobbiamo dire, con serenità, che riteniamo che questo per noi sia un atto dovuto, non un atto eccessivo e nemmeno di impazienza.

Penso che, d'altra parte, il gruppo comunista, nel pronunciarsi come si è pronunciato, con una motivazione complessa, ma che in alcune parti ritengo ineccepibile, per l'accoglimento delle dimissioni di Emma Bonino, abbia compiuto un gesto politico che è lecito da parte sua compiere. Nessuno di noi si nasconderà dietro un dito. Nel dibattito di questa sera ciascuno cerca probabilmente di portare a casa risultati diversi: noi quello di aver difeso i diritti-doveri del parlamentare in quanto tale; il partito comunista -forse nell'illusione che chi verrà dopo di noi possa essere migliore di noi, dal suo punto di vista- quello di essersi tolto dai piedi qualcuno che non aveva il diritto nè di avere i prpri banchi, nè di dire "compagni" quando parlava in questa Assemblea. Se sia questo un risultato politico importante, non lo so. Torno però a dire, forse per la penultima volta, che noi consideriamo il gruppo comunista non solo quello numericamente più importante in questa aula, ma anche quello per il quale il num

ero non è un dato relativo, ma è forza. Il partito comunista, infatti, è un partito serio, e quando prende le sue decisioni cerca di farle valere; quando dichiara che voterà perchè le dimissioni di Emma Bonino siano accolte, intende impegnarsi perchè ciò avvenga. Non sappiamo, invece, quale sarà il comportamento di altri, che hanno assicurato che il loro gruppo si sarebbe comportato in modo diverso. La votazione si svolgerà in modo tale che ciascuno in modo chiaro si assumerà le sue responsabilità, nelle parole e nei fatti. Debbo riconoscere, a giudicare dal numero stessodi compagni che vedo presenti in aula, che ancora una volta i compagni del partito comunista ci danno una dimostrazione di serietà e di impegno, che apprezziamo. Quanto al valore politico di questo, si vedrà. Io credo che il nostro mestiere, compagni, sia quello di acontinuare a confrontarci con altri qui dentro ed anche fra di noi fuori: chi avrà avuto ragione politicamente, lo vedremo.

 
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