La scelta del meno peggio prepara il peggiodi Gianfranco Spadaccia
SOMMARIO: I dissensi fra Pr e Pci sul problema delle carceri. I radicali chiedono una riforma organica e la smilitarizzazione del Corpo degli agenti di custodia mentre il Pci, ritenendo quest'ultime richieste demagogiche, contrappone una serie di misure urgenti su questioni specifiche.
(NOTIZIE RADICALI N. 85, 31 marzo 1977)
Per comprendere la decisione del PCI di schierarsi per l'accoglimento delle dimissioni della compagna Emma Bonino da deputata, a parte i fattori irrazionali e i riflessi stalinisti di tipo pavloviano duri a morire, è necessario tener conto della posizione di merito che il gruppo comunista ha portato avanti sul problema delle carceri e che si è espressa, anche nel dibattito sulle dimissioni radicali, attraverso l'intervento dell'on. Coccia.
E' fuori discussione che esiste una posizione "di principio" del PCI favorevole alla smilitarizzazione degli agenti di custodia e a una riforma del corpo che sia ispirata ai principi della riforma carceraria.
Il giudizio sulle inadempienze governative e sulla necessità di misure urgenti è inoltre altrettanto netto di quello dei radicali e ugualmente negativo: "giudichiamo le proposte del governo - afferma Coccia - sostanzialmente elusive e pericolose allo stato delle cose, di fronte all'esigenza di dare una risposta risolutiva, democratica, con carattere di immediatezza".
Il primo dissenso con i radicali è sul contenuto delle cose da richiedere e da ottenere con immediatezza. Il PCI ritiene "demagogica" la proposta radicale di una immediata riforma organica del corpo e contrappone una serie di misure urgenti (garanzia del diritto di riunione degli agenti di custodia; diritto a darsi rappresentanze liberalmente elette; fissazione di un orario di lavoro; corresponsione di un'indennità oraria straordinaria; la fine dei turni massacranti; il reimpiego dei duemila agenti distolti dai loro compiti di istituto; la riqualificazione del corpo). La "riforma subito" proposta dal P.R. costituirà invece una richiesta "totalizzante" che porta alla rinuncia ad ottenere risultati immediati. Sul contenuto di queste proposte rimendiamo, alla risposta fornita da Adelaide Aglietta qui di seguito. Aggiungiamo solo, come ha ricordato l'on. Bonino nel dibattito parlamentare, che le stesse proposte (quasi in tutto coincidenti) furono presentate nell'agosto scorso al ministro Bonifacio dal Partito Ra
dicale e "prese in attenta considerazione", con il risultato che in otto o nove mesi non è stato fatto pressoché nulla in questa direzione.
Marco Pannella ha osservato, replicando a Coccia, che per i radicali non esisteva però un irrigidimento di principio sul contenuto delle proprie proposte. La rigidità riguardava l'esigenza di ottenere rispetto, "con immediatezza", dal governo di ben due deliberazioni parlamentari. Nulla impediva che questo adempimento governativo si ricercasse sulle misure urgenti proposte dai comunisti piuttosto che sul progetto di riforma organica proposto dai radicali. E allora perché il dissenso? Perché l'impossibilità di una linea comune? Perché la nessuna collaborazione comunista ed anzi la dichiarata ostilità a ricercare una soluzione politica con il governo, anche a partire dalle nostre lotte non violente, dal digiuno e dalle dimissioni della deputata radicale?
La vera spiegazione dell'atteggiamento comunista è nella strategia del PCI, nelle sue preoccupazioni per i rapporti con la DC. La si trova, questa spiegazione, in quel passo dell'intervento dell'on. Coccia dove si accenna al fatto che i radicali, non tenendo conto "delle difficoltà e del complesso iter della riforma della Pubblica Sicurezza pongono in termini di "pretendere o lasciare" l'accoglimento della riforma degli agenti di custodia". Sulla base di questa premessa si può allora comprendere perché i comunisti considerino che "l'approvazione di una riforma di questo spessore" sia "un problema di tempo non brevissimi o immediati": i "tempi lunghi" di Bonifacio ritenuti necessari anche dai comunisti, ma non per ragioni tecnico-legislative, né per ragioni amministrative, ma per ragioni politiche: le ragioni dei rapporti con la DC, le stesse per cui non si sono mai fatte le riforme in Italia o quando si sono fatte male. Anche in questa occasione l'atteggiamento dei comunisti è quello di chi vuole togliere l
e castagne dal fuoco alla DC e al governo: "associare i gruppi democratici per prospettare un pacchetto immediato da sottoporre al governo, indipendentemente dalla sua volontà e dalle sue soluzioni". Che è come dire: raggiungiamo l'accordo con la DC su alcune proposte parziali per tenere per tenere il governo e il ministro, ma soprattutto gli equilibri politici della "non sfiducia", al riparo di eventuali contraccolpi e divisioni DC sulla riforma.
E' questa la vera ragione dell'accoglimento comunista contro i radicali: la scelta sempre del "meno peggio". Ma questa scelta evita il peggio o lo favorisce e prepara oggi, e ancora forse per qualche mese, è ancora possibile una riforma democratica della P.S. e una riforma democratica degli agenti di custodia. Altri sei mesi di ordine pubblico e di caos come questi, di evasioni e di conflitti a fuoco e saranno spazzati via tre anni di lotte democratiche per il sindacato e per la riforma e la smilitarizzazione della polizia; e sarà spazzata via la riforma penitenziaria, si tornerà nelle carceri alla più brutale repressione.
Questo spiega anche l'assurdo comportamento dei comunisti, l'indomani della positiva conclusione della lotta radicale, in commissione Giustizia, dove si sono precipitati a chiedere e a pretendere dal sottosegretario Dell'Andro la smentita del comunicato e degli impegni presi dal Presidente del Consiglio (un comportamento ai limiti del ridicolo, una pretesa che non si era mai vista in Parlamento).
Eppure nel comunicato di Palazzo Chigi, che ha tanto irritato i comunisti, si fa riferimento sia all'immediatezza delle misure urgenti richieste dai comunisti sia a tempi più brevi di quelli ipotizzati per la riforma del corpo degli agenti di custodia. Per i comunisti, come per noi, come per tutte le forze democratiche costituiva, doveva costituire una base su cui attestarsi, doveva costituire una base su cui attestarsi. Ma la spirale di certe logiche e strategie parlamentari è a volte aberrante e inarrestabile, oltre i limiti dell'autolesionismo e del ridicolo.