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Pannella Marco - 1 aprile 1977
Le prime e necessarie vittime del regime
Marco Pannella

SOMMARIO: Nell'annunciare la convocazione di un convegno del Partito radicale sulla smilitarizzazione delle forze di polizia, Marco Pannella illustra le ragioni che impongono l'attribuzione a questa categoria di dipendenti dello Stato, che sono le prime vittime del regime violento e corrotto, dei medesimi diritti sindacali e politici degli altri lavoratori.

(Notizie Radicali Aprile 1977 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)

I militari sono le prime, necessarie vittime di questo regime violento, corrotto e corruttore. Se gli agenti di pubblica sicurezza non fossero stati militarizzati anch'essi, gli uni e gli altri, già da decenni avrebbero conquistato diritti civili fondamentali, condizioni di lavoro umane come ogni altra categoria di lavoratori.

Sarebbero valsi anche per loro Costituzione, come cittadini, e lo Statuto dei lavoratori, come salariati. Avrebbero avuto la possibilità di condurre le loro lotte sindacali democratiche, e avrebbero vissuto la loro esistenza privata e pubblica circondati dalla solidarietà e dalla stima di tutti gli altri lavoratori, di tutti gli altri cittadini, di tutti i loro fratelli e le loro sorelle occupati e disoccupati, soprattutto di coloro che, come loro, sono spesso spinti dalla necessità ad abbandonare le loro regioni di nascita, il loro ambiente, le loro speranze di giustizia, di pace e di libertà.

Questo regime, come quello fascista, aveva invece bisogno di opporre e contrapporre come nemici i fratelli: di qua il bracciante, l'operaio, il disoccupato, il cittadino democratico, a manifestare e lottare per la giustizia sociale e per migliorare la qualità della vita per tutti, per le loro famiglie, per loro stessi; di là, contro, militari, poliziotti, carabinieri, carcerieri, a reprimerli. Questo regime aveva quindi bisogno di far nascere paura e odio, disprezzo e rabbia negli uni e negli altri, negli uni contro gli altri.

Così, per decenni, il Paese non ha visto la verità. Non ha visto che i militari erano i primi a essere sfruttati e vittime di questo stato di cose. Non ha visto che i poliziotti, i militari, i carabinieri, gli agenti di custodia erano lavoratori supersfruttati, spesso più sfruttati di coloro che andavano pacificamente a occupare le terre che gli spettavano per legge, di coloro che difendevano nelle manifestazioni sindacali il loro salario e in quelle politiche i diritti costituzionali, la democrazia, la Repubblica, contro un potere ingiusto, violento e corrotto.

Non ha visto e non ha capito lo stato d'animo di giovani e di anziani che dovevano e debbono vivere nelle caserme e nelle carceri, nei commissariati e nelle questure, nelle stazioni dell'Arma dei carabinieri, come se si fosse ancora ai tempi fascisti, con il solo dovere di "credere, obbedire, combattere" e di essere sfruttati dalla mattina alla sera, di vivere in mezzo al crudele anche se comprensibile timore e disprezzo degli altri cittadini. Non ha visto che per i militari di ogni tipo, innanzitutto per loro e per le loro famiglie, non c'era e non c'è democrazia. Non ha capito che la violenza del poliziotto, la sua esasperazione, non molto spesso era il risultato naturale della disperazione, della paura, dello sfruttamento.

Credo che nessuno come il Partito radicale, da più di dieci anni, abbia lottato perché questa situazione fosse superata, nessuno come i nonviolenti, gli obiettori di coscienza, i giovani "dei fiori", abbiano contribuito, con il loro antimilitarismo, con il loro antiautoritarismo, a far comprendere che la democrazia esigeva innanzitutto la lotta di liberazione e di difesa dei diritti civili dei militari, e la smilitarizzazione della società e dello Stato.

La Radio, la TV, la stampa erano riusciti a far ignorare, spesso, questo impegno. Il potere aveva cercato in ogni modo di far odiare dai militari odiare, disprezzare e aggredire soprattutto i "radicali", le "femministe", gli "obiettori", i "froci", i "drogati", i "divorzisti", i "delinquenti" che noi tutti saremmo.

Da qualche anno tutto stava cambiando. Così è ricominciata quest'anno la strategia delle stragi. Si sono fatti ammazzare magistrati, poliziotti, carabinieri, militari e studenti e operai e disoccupati per far tornare l'odio fra le vittime che cominciavano a capirsi e a riconoscersi. Chi ha fatto ammazzare lo studente Lo Russo a Bologna e il brigadiere democratico Ciotta a Torino è lo stesso gruppo di potere, lo stesso della strage di Milano e di quella di Brescia. Coloro che, d'accordo con le mafie interne delle carceri, fanno evadere detenuti o sequestrare agenti di custodia dai detenuti più sprovveduti, disperati o folli o ricattabili, costituiscono lo stesso gruppo che sa che questi evasi ammazzeranno agenti per paura o per commissione, prima di essere loro stessi ammazzati.

Così si rinvia la riforma della polizia, o ci si prepara a farne una beffa. Così si è già ottenuto che si smetta di parlare di democratizzazione dell'esercito, e (in cambio di uno statuto diverso per gli agenti) ci si prepara a militarizzare in modo ancora più ferreo l'esercito e i carabinieri, marina e aeronautica. Così si inventava il "referendum" fra gli agenti di custodia per cercare in qualche modo di trovar pretesti e ritardi per non concedere loro quanto la lotta del Partito radicale, dei suoi militanti e dei suoi deputati rendevano ormai ineluttabile. Contando sulle rivolte estive dei detenuti esasperati, si sapeva che anche in questo caso sarebbe stato più facile rinviare definitivamente la riforma o renderla un bidone.

Il comunicato del governo Andreotti, che si impegna a fare con "immediatezza" tutte le riforme particolari chieste anche dal PCI, e entro l'inizio di giugno a varare il disegno di legge di riforma generale, è tassativo. Si tratta ora di far mantenere questo impegno. Entro il 6 aprile inizieremo a discutere alla Camera la riforma della PS, con i progetti del PCI, del PSI, della DC, del governo e di quello del partito radicale.

In questa fase, più che mai , è necessario che i principali, diretti interessati siano vigili e attenti, premano perché le loro speranze non vengano una volta di più colpite. Anche per questo abbiamo organizzato il convegno del 16 e 17 aprile a Roma, all'albergo Massimo D'Azeglio. Aspettiamo con fiducia, dunque, questo incontro necessario per proseguire questa civile e pacifica lotta.

 
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