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Barbato Andrea - 16 aprile 1977
Pannella vuole arrestarmi
di Andrea Barbato

SOMMARIO: Apparso nella rubrica fissa da lui tenuta sul quotidiano "La Stampa" ("Nomi e cognomi") l'articolo vuole essere la risposta, pesantemente ironica, alla denuncia di Pannella per la censura praticata nei suoi confronti dalla RaiTV, piu' specificamente dal settore giornalistico allora sotto la responsabilità di Barbato. Barbato polemizza con la espressione usata da Pannella, che - dice - vorrebbe "arrestarlo", e ironizza perchè il leader radicale "stavolta fa il carabiniere". Rievoca poi l'ambiente del "Mondo", dove - a suo avviso - si "respirava un'aria di solide letture" e di "saggia coerenza", assai differente dalle frequentazioni attuali di Pannella, da Armando Plebe a Massimo De Carolis. Ripetendo abusati clichés, Barbato accusa infine Pannella di praticare un nuovo "conformismo" e conclude chiedendosi se debba essere "una prova di libertà, in Italia, dispiacere all'on. Pannella"?

(N.B. = L'articolo è interessante documento delle polemiche antiradicali nel "sinistrese" dell'epoca).

(LA STAMPA, 16 aprile 1977)

"La puntata di oggi è dedicata all'onorevole Marco Pannella. L'onorevole Marco Pannella vuole arrestarmi. Lo ha scritto mercoledì scorso, a grandi titoli, sul quotidiano" Lotta Continua: "e poi, affinché il suo proposito non sfuggisse a nessuno, lo ha ripetuto nelle locandine pubblicitarie. Dalla latitanza in cui vivo ora, scrivo queste poche note: un partito libertario e non-violento non mi negherà il diritto alla difesa. L'argomento dell'onorevole Pannella è follemente semplice: sequestrare una persona è grave come sequestrare notizie, in particolare notizie sui referendum radicali e su Marco Pannella. Vengono indicati anche i miei complici, altri giornalisti e lo stesso Ministro dell'Interno. Spero che Pannella non riesca ad ottenere che ci rinchiudano in una cella comune, mi sia concesso l'isolamento.

Mi accorgo che non posso rispondere all'onorevole Pannella sulla modesta sostanza del suo discorso. Lui è un vigilante, io un vigilato: lui un controllore, io un controllato. Che nessuna notizia sia stata sequestrata, posso provarlo solo dinanzi alla Commissione parlamentare, se me lo chiederà, e ciò per il rispetto dovuto agli altri deputati e senatori che siedono in quell'importante organismo. La mia risposta dovrà essere perciò strettamente privata, giornalistica, umorale, personale.

Che altro posso fare? L'onorevole Pannella gode dell'immunità parlamentare, io no. Potrei sfidarlo a duello, ma non so tirare di scherma, e il sangue mi fa orrore. In questa piccola vicenda che mi riguarda, Pannella si presenta in uno dei suoi più riusciti travestimenti. Di solito fa tutte le parti in commedia: è Lucignolo ma anche Pinocchio, il Grillo parlante ma anche Mangiafuoco, la Fata dai capelli turchini ma anche la Balena. Stavolta, fa il carabiniere, con la sciabola e la lucerna. Purché la favola non smetta di essere raccontata.

Ricordo senza molti rimpianti politici ma con grande nostalgia umana, i radicali di una volta. Austeri signori in grisaglia, sulle teste dei quali il berretto frigio delle loro tessere avrebbe stonato come un'offesa all'eleganza. In quel tempo, credo, il futuro on. Pannella si purificava dei suoi peccati monarchici. Non c'è niente di peggio che nascere pompiere e finire incendiario, è persino peggio del contrario. Di quei radicali d'annata, invece, ricordo che incutevano soggezione, anche se spesso le loro idee erano discutibili, e se inseguivano un'utopia borghese. Tuttavia, in via della Colonna Antonina, si respirava un'aria di solide letture, di cultura assimilata, di professioni ben fatte, e talvolta anche di sacrosante carceri antifasciste. Forse le ideologie erano conservatrici, ma la sintassi era a posto. Rossi, De Caparis, Piccardi, Villabruna, Pannunzio, Carandini, Benedetti tiravano al bersaglio giusto, con saggia coerenza. Si poteva dissentire, ma non si rideva mai.

L'onorevole Pannella può far "arrestare" me, io non posso far arrestare lui. E poi, non vorrei mai: mi sentirei violento e antilibertario. Da quei caffè della borghesia radicale, che ho frequentato nell'adolescenza, m'è rimato addosso un rispetto per le idee altrui. Ho sofferto quando una mano ignora ha stampato uno schiaffo sul viso dell'onorevole Pannella, in via delle Botteghe Oscure. Compagni, i ceffoni non sono argomenti. L'ultimo radicale autentico è stato forse Pasolini, che si faceva largo a colpi di libri, di saggi e di poesia.

Ricordo nottate giovanili, trascorse in cameretta di piazza di Pietra, a timbrare e numerare tessere radicali, sotto l'occhio severo di Lily Marx. M'è dispiaciuto sapere che una tessera uguale potrebbe finire nelle tasche di Armando Plebe. Partito di eloquenti avvocati e di penalisti insigni, ora addolora vederne la tradizione giuridica al servizio di Ventura, a Catanzaro. Partecipare ai dibattiti degli amici del "Mondo" era un'iniziazione intellettuale: ora dovremmo assistere agli incontri amichevoli con Massimo De Carolis. Rifletto che anche le cause più giuste possono avere un condottiero sbagliato, per esempio. Pannella è perseguitato da molte critiche e molti sarcasmi, e nel mio animo minoritario s'insinua il dubbio che talvolta anche la maggioranza possa avere ragione. E' una crisi, e Pannella non fa nulla per lenirla.

A suo tempo, giudicai volgare e ingiusta una vignetta di Feiffer, che mostrava un uomo di mezza età perplesso: non sono giovane - diceva - non sono donna, non sono negro, non sono omosessuale, come farò a girare per le strade? Credo invece che su questa materia ci sia poco da scherzare, e che Pannella le renda un mediocre servizio. Ma non spetta a me giudicare. Le vie del conformismo sono in discesa ripida: che stia diventando una prova di libertà, in Italia, dispiacere all'onorevole Pannella?"

 
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