di Marco PannellaSOMMARIO: Mancati i primi obiettivi della raccolta firme. "Lotta Continua" in drammatiche condizioni finanziarie; il Partito radicale ad un passo dalla sospensione delle attività. Non ci sono luoghi per la democrazia, e la responsabilità è delle deficienze oggettive del movimento socialista, comunista e libertario e per le soggettive volontà negative di non pochi dei suoi vertici, a cominciare dal Pdup. L'informazione di regime propone i suoi eroi, i mostri brigatisti. La maggioranza dei compagni impegnati nella raccolta firme è impreparata a condurla, a gestire un'arma nuova e diversa, quella dei tavoli, delle matite e dei cancellieri. Siamo stanchi e lo scoraggiamento rischia di farsi strada, è duro andare avanti a colpi di digiuni allucinanti e apparente distruzione del privato e del personale. ma bisogna serrare i denti e fare quel tanto che sia adeguato alla situazione e agli obiettivi.
(LOTTA CONTINUA, 5 maggio 1977)
Gli obiettivi del 2 e 3 maggio sono stati mancati: la mobilitazione, i preimpegni, lo sforzo di tutti si sono tradotti in circa 25 mila firme, la metà del previsto e del necessario. Certo, in gran parte del Nord Italia il tempo è stato pessimo. Certo, si sono ormai raggiunti i 300.000 firmatari, cioè sicuramente più di due milioni di firme autenticate.
»Lotta Continua è in drammatiche condizioni finanziarie. Il Partito Radicale, se ben capisco quel che sta succedendo alla vigilia affannata e tormentata del suo Congresso straordinario, può giungere a deliberare la sospensione di ogni attività politica per un periodo di sei mesi, o oltre.
Le Università, le fabbriche, le scuole, gli uffici, più della metà delle Segreterie comunali e delle Cancellerie dei Tribunali, le caserme e le carceri sono per lo più chiusi dinanzi e contro i referendum. Chiusi non già per la tentata, strisciante violenza istituzionale, classista, autoritaria del potere, ma per le oggettive deficienze del movimento socialista, comunista, libertario, democratico e per le soggettive volontà negative di non pochi fra i suoi vertici, a cominciare da quello del PdUP.
E' come se non esistessero, ormai, che due strategie o due lotte che mirano anche nell'immediato a sbocchi politici: la nostra e quella delle »Brigate Rosse . Diciamolo chiaramente.
La Rai-tv, la stampa di regime stanno mostrando la loro vera natura: incapaci di seguire e di informare sulla vita democratica, sugli scontri istituzionali e antiistituzionali, sulle lotte alternative; mobilitate tutt'al più a fornirsi di alibi »culturali , qua e là, per ostentare le sue patenti democratiche (la »resistenza su Dario Fo), si trovano oggi a divenire veicolo di una informazione che ha per eroi quasi assoluti (e non importa se di segno negativo o positivo) i »mostri curciani. Noi pensiamo che questo non accada a caso, ma che risponda pienamente alla logica del potere classista. La guerra con le »BR , ormai diventa la carta necessaria e preziosa per aumentare la capacità di violenza delle istituzioni, di ingiustizia, di stato d'assedio, di »unità nazionale contro gli assassini e i terroristi.
Su questo piano, a torto o a ragione (noi pensiamo e temiamo a ragione) il potere nazionale e internazionale della borghesia capitalistica pensa di poter per la terza volta in questo secolo tornare a vincere definitivamente contro ogni alternativa democratica di classe, socialista, comunista, libertaria.
E' innegabile che la stessa gente che fa la fila dinanzi ai nostri pochi tavoli, che appone milioni di firme per una alternativa pacifica, esplosiva anch'essa, costituzionale, eversiva rispetto alle leggi anticostituzionali che sono a fondamento dell'assetto di classe e del disordine costituito: questa stessa gente è quella che si ritrova nella stragrande sua maggioranza ad aver paura, a chiedere o auspicare oscuramente leggi e azioni straordinarie contro il dilagare della delinquenza comune e della guerriglia armata e assassina. Questa contraddizione può ancora non essere perdente.
Ma a condizione che il successo della tattica e degli obiettivi del referendum, di questo progetto eversivo dell'illegalità del potere, faccia esplodere le tuttora gravissime contraddizioni di regime a livello di istituzioni, di partiti della sinistra storica e del sindacato democratico.
Guai se dovessimo, nella disperazione o nella difensiva continua, nella frammentazione dei »fronti studentesco, carcerario, democratico, militare trovarci a prefigurare nelle lotte d'oggi solamente il volto di una società tragica, violenta, disperata, d'un socialismo giacobino o stalinista.
Noi sappiamo che per la stragrande maggioranza dei compagni
comunque (con motivazioni più o meno tattiche e profonde) d'accordo con il progetto dei referendum, con questa lotta comune di 60 o 70 giorni, la loro paralisi o la loro inattività discende non già da cattiva volontà ma da impreparazione e incapacità a condurla, a impossessarsi anche di questa concreta arma che sono tavoli, cancellieri, matite, segreterie comunali, carceri, caserme, luoghi di lavoro anche quando la »legalità sta per una volta dalla loro. Per questo le esortazioni non servono a nulla.
Per questo chiediamo a ciascuno di fare quel che sa fare, almeno questo; almeno quel che crede di saper fare. Per il 12 e 13 maggio bisogna mobilitarsi. Bisogna che la parola d'ordine del 13 maggio festivo nelle Università e nelle scuole, per dar vita a cortei o a »passeggiate collettive verso le segreterie comunali, le cancellerie dei Tribunali, gli altri luoghi di raccolta, i notai, venga raccolta e rilanciata. Assemblea il 12, uscite pubbliche il 13. Per celebrare così la vittoria popolare del 13 maggio 1974, per conquistarne in prospettiva, fra 13 mesi al massimo, una ancor più clamorosa, ancor più grave per il regime.
Ai miei compagni radicali, a loro, non ho che ben poco da dire. Come sempre dobbiamo serrare i denti, dar corpo, dar i nostri corpi (materialisticamente!) a questa battaglia non persa ancora. Stiamo dando una prova di forza, una dimostrazione di ancoraggio alla realtà della gente, di classe, che è semplicemente magnifica: il destino vuole che questo non basti, che dobbiamo essere una volta di più più forti e capaci di quanto sappiamo di essere, perché non si conquisti »moltissimo (come stiamo facendo), ma quel tanto che sia adeguato alla situazione e agli obiettivi, a battere l'avversario, che è questo stato, questo regime, anche - per molti versi - questa umanità zeffirelliana e caroselliana che rischiano di imporci dentro assieme a quella curciana e disperata, due volti della stessa realtà.
300.000 firmatari sono tantissimi. Ma sono meno della metà di quelli necessari. So che siamo stanchi, che lo scoraggiamento rischia di farsi rapidamente strada, che è duro andare ogni volta così avanti con digiuni, allucinanti lotte, processi, "apparente" distruzione del »privato , del »personale . Tutti al Congresso, quindi. Tutti pronti a non mancare, il 13 maggio quel che s'è mancato, duramente, nelle giornate del 2 e del 3.