di Marco PannellaSOMMARIO: Il progetto democratico e di attuazione costituzionale contenuto nella proposta degli "otto referendum contro il regime" (abrogazione del Concordato, dei Tribunali militari, dei reati d'opinione del Codice penale, di parte della legge manicomiale, della legge che attribuisce alla polizia poteri speciali in materia d'arresto, perquisizioni e intercettazioni telefoniche, del finanziamento pubblico dei partiti, della "Commissione inquirente")
(LA STAMPA, 9 giugno 1977)
In meno di 70 giorni, 550.000 cittadini hanno apposto oltre quattro milioni di firme autenticate sotto il progetto radicale di un unico grande "referendum" di attuazione costituzionale, abrogativo di leggi ingiuste e violente, che da trenta anni continuano abusivamente ad essere mantenute, mettendo lo Stato fuorilegge; o altre che, come la legge Reale, hanno in pochi anni mostrato il loro carattere letale per la democrazia e per gli stessi agenti incaricati di difenderla, i quali hanno visto triplicare i loro morti in servizio, mentre il ministro Cossiga, lui per primo, ha ufficialmente dichiarato che non è servita e non serve a niente di buono, almeno contro la criminalità politica e comune.
Queste firme sono state raccolte attorno a non più di 200 tavolini, posti per circa quattro ore al giorno, nelle strade di poche decine di città in tutta Italia. La jugulatoria legge di attuazione del diritto costituzionale al "referendum" non ha consentito di firmare dunque, che ai passanti dinanzi a questi tavoli, o a coloro che spontaneamente sono andati nelle segreterie comunali e nelle cancellerie di tribunali a far la fila dinanzi agli sportelli già ingorgati per compiere questo loro diritto-dovere.
Questi 550.000 elettori hanno anche in gran parte finanziato, con centinaia di milioni di sottoscrizioni e contributi l'iniziativa referendaria che è indubbiamente il più massiccio impressionante fenomeno di partecipazione costituzionale del popolo alla vita delle istituzioni, di cittadini di null'altro armati che di una maturità, che hanno così inviato alle istituzioni ed al potere l'equivalente di milioni di pubbliche diffide, di lettere invitandolo con questo mezzo a mutare, e a fondare sulla Costituzione l'ordine e la pace civile.
Questo progetto democratico e questo esemplare comportamento di donne e uomini che in tal modo vivono i loro ideali repubblicani hanno suscitato reazioni unanimi di partiti "unanimi" nel sostenere il potere della dc, e il governo di Andreotti e Cossiga, come via obbligata per il progresso, la pace sociale, l'ordine civile e costituzionale. Così si è giunti alla misura letteralmente fascista della Rai-Tv cui non è stato nemmeno consentito o ordinato di assicurare il servizio pubblico di informare i cittadini sul contenuto delle 8 proposte di referendum onde permettere loro di ben conoscere prima, per ben giudicare e ben decidere poi, se firmare o non il progetto radicale. Perché? Il potere, i vertici del pci, del msi, della dc, del psi, di dn, del psdi, del pri, e del pli, i partiti ufficiali insomma, sapevano dai sondaggi demoscopici che oltre l'80 per cento dei cittadini, se informati sui contenuti dei "referendum", avrebbero firmato. Il pci, in particolare, sapeva che l'immensa maggioranza dei propri elett
ori era nettamente favorevole alla convocazione di questi referendum così se ne è abrogata la conoscenza e l'esistenza, enunciando un paio di volte, tutt'al più, i temi ma non i contenuti, gli oggetti, delle richieste di referendum.
Quel che si è più temuto e si teme è che gli elettori e gli iscritti dei partiti democratici, a cominciare da quelli del pci, trovassero finalmente il modo di non vivere passivamente le loro obbedienze partitiche, ma di agire dal basso, dalle strade, dalla realtà della loro vita quotidiana, per imporre al potere di essere finalmente, dopo trenta anni regolato dalla Costituzione.
In questo i "referendum" sono necessari e preziosi: consentono ai cittadini, ai militanti dei partiti di non vivere esclusivamente come obbedienti attivisti, come deleganti ogni giudizio e ogni azione ai vertici dei partiti, come sudditi inerti e irresponsabili. Così si odono ora le più insulse affermazioni: questi "referendum" che comporterebbero per motivi tecnici l'apposizione su una stessa scheda di 8 "sì" o "no", lo stesso giorno, sarebbero "troppi". Mentre non sarebbero "troppi" i settanta anni delle leggi manicomiali, i 50 del concordato clerico-fascista, i 40 delle leggi penali e militari, promulgati da Sua Maestà Vittorio Emanuele III e dal cavalier Benito Mussolini, che le opposizioni parlamentari non hanno finora nemmeno scalfito, complici per incapacità od omertà delle maggioranze dc e delle loro vocazioni clerico-autoritarie e corruttrici. O, ancora, si dice che si tratterebbe di una sorta di offesa al Parlamento: mentre tutti riconoscono che poiché l'attuazione della Costituzione è per ora del
tutto estranea ai "pacchetti" delle trattative fra l'on. Moro e l'on. Berlinguer (per tacere degli altri, che non contano), solamente se queste richieste di referendum vanno in porto di potrà sperare che al Parlamento sia consentito finalmente di legiferare in senso democratico e costituzionale.
L'unica opposizione vera, pericolosa per il potere è quella della gente comune così com'è, con la sua pulizia, la sua semplicità, la sua immensa, democratica pazienza e responsabilità. Ed è a questa gente che noi radicali, non violenti abbiamo cercato e cerchiamo di dare la parola, il "servizio pubblico" dei tavoli e delle matite perché possa difendersi secondo legge e Costituzione, e non con violenza, con il disgusto, con la sfiducia e la rassegnazione.
Qua e là c'è perfino chi ci accusa di campagna demagogica contro il Parlamento e i partiti: è la vecchia storia con cui si cerca di attribuire la responsabilità dello scandalo a chi lo denuncia o vuole superarlo.
Per finire, concordo almeno in una cosa con il Presidente del Gruppo parlamentare del psdi alla Camera, che in questi giorni molto s'agita, parla e scrive quel che altri pensano e vogliono: è ancora possibile, probabile addirittura, che non ce la facciamo, che si vada incontro ad un "clamoroso insuccesso". Ci occorrono infatti immediatamente altri centomila firmatari comunisti, socialisti, socialdemocratici, repubblicani, cristiani, liberali, firme di donne e uomini che vogliono vivere da cittadini e non da sudditi la vita nel Paese e anche nei loro partiti. Ci occorrono per le prossime ore, i prossimi giorni: che si rechino nelle segreterie comunali, nelle cancellerie dei tribunali e delle preture, ai tavolini, dove ce ne sono. Occorre che chi ha già firmato, se non vuole che i quattro milioni di firme già apposte vengano scippate, sequestrate dalla violenza dello Stato, induca subito altri, inerti, pigri o distratti, a firmare subito, oggi, domani, dopodomani. Altrimenti sarà troppo tardi e il volto del po
tere, nel nostro Paese, resterà ancora per altri trenta anni quello dell'on. Luigi Preti o dell'on. Moro e dei loro coevi co-unanimi con il potere dc. E' questo che si vuole? Allora, davvero, è meglio non firmare.