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Camera dei deputati - 30 giugno 1977
LEGGE MANICOMIALE: Referendum per l'abrogazione di alcuni articoli della Legge 14 febbraio 1904, n. 36 - Disposizioni sui manicomi e sugli alienati

SOMMARIO: Scheda sul referendum abrogativo della legge manicomiale, promosso dal Partito radicale. Ordinanze della Corte di cassazione.

(IL REFERENDUM ABROGATIVO IN ITALIA: LE NORME, LE SENTENZE, LE PROPOSTE DI MODIFICA - CAMERA DEI DEPUTATI - QUADERNI DI DOCUMENTAZIONE DEL SERVIZIO STUDI, Roma 1981)

"30 giugno 1977": presentazione della richiesta

"6 dicembre 1977": ordinanza Ufficio centrale Cassazione che dichiara legittima la richiesta

"2 febbraio 1978": sentenza n. 16 Corte costituzionale che dichiara ammissibile la richiesta (pubblicata sopra a p. 300)

"Legge 13 maggio 1978, n. 180" »Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori

"25 maggio 1978": ordinanza Ufficio centrale Cassazione che dichiara cessate le operazioni referendarie

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Corte di cassazione - Ufficio centrale per il referendum

Ordinanza del 6 dicembre 1977

Sulla richiesta di "referendum" abrogativo degli articoli 1, 2, 3-"bis" legge 14 febbraio 1904 n. 36: »Disposizioni sui manicomi e sugli alienati e successive modificazioni.

Ritenuto in fatto e in diritto.

.....

"Si omette la prima parte di questa ordinanza e delle altre emanate nella stessa data che - con le ovvie modifiche derivanti dalla diversità dei dati di fatto citati - è del tutto simile alla prima parte dell'ordinanza sulla richiesta di" referendum "abrogativo della legge 22 maggio 1975, n. 152, pubblicata sopra per intero".

Considerato per altro che il compito dell'Ufficio Centrale si esaurisce tutto nella verifica della legittimità formale della proposta di "referendum" implicante il riscontro del rispetto dei limiti modali e temporali di questa;

- che, pertanto, relativamente all'oggetto del "referendum", spetta a questo Ufficio constatare esclusivamente se l'atto considerato è una legge o un atto normativo avente forza di legge e se al riguardo è intervenuta abrogazione legislativa o sentenza di annullamento della Corte costituzionale;

- che è demandato invece alla Corte costituzionale il giudizio sull'ammissibilità del "referendum ratione materiae" e correlativamente l'individuazione dei limiti di questo giudizio;

- che nella specie è indubbio il carattere legislativo della legge n. 36 del 1904;

- che le pronunce della Corte costituzionale riguardanti l'articolo 2 commi 2 e 3 (sentenze n 74 del 1968 e n. 223 del 1976) non incidono sui testo dei commi dell'articolo, ma sul contenuto normativo;

- che, pertanto, nonostante tali pronunce, la legge va sottoposta ugualmente a "referendum" nella sua interezza.

Per questi motivi, letti gli articoli 75 Cost., 8, 9, 27 e 32, legge 25 maggio 1970 n. 352 e successive modificazioni;

l'Ufficio Centrale per il "referendum" dichiara legittima la richiesta di "referendum" popolare sul seguente quesito: »Volete voi l'abrogazione degli articoli 1, 2, 3, 3-"bis" legge 14 febbraio 1904 n. 36: ``Disposizioni sui manicomi e sugli alienati'' e successive modificazioni? .

Dichiara cessate le operazioni di sua competenza relativa a questa fase del "referendum".

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Corte di cassazione - Ufficio centrale per il referendum

Ordinanza del 25 maggio 1978

Sulla richiesta di "referendum" abrogativo degli articoli 1, 2, 3, 3-"bis" legge 14 febbraio 1904 n. 36: »Disposizioni sui manicomi e sugli alienati e successive modificazioni.

Vista la precedente ordinanza dell'Ufficio in data 6 dicembre 1977, con la quale è stata riconosciuta la legittimità della richiesta di "referendum" popolare abrogativo, presentata il 30 giugno 1977 dai Signori Pietroletti Glauco, Capuzzo Francesca Romana, Pallicca Davide, Calderisi Giuseppe, Zeno Zencovich Vincenzo, Vigevano Paolo, diretta a sottoporre a "referendum" gli articoli 1, 2 (già dichiarato parzialmente illegittimo con sentenza n. 233 del 1976), 3 e 3-"bis" (aggiunto dall'art. 5 r.d. 2 dicembre 1915 n. 1847) della legge 14 febbraio 1904 n. 36, »Disposizioni sui manicomi e sugli alienati ;

vista la sentenza della Corte costituzionale 7 febbraio 1978 n. 16, che ha dichiarato ammissibile la relativa richiesta;

visto l'articolo 39 legge 25 maggio 1970 n. 352, nel testo risultante dalla sentenza della Corte costituzionale 17 maggio 1978 n. 68, che lo ha dichiarato costituzionalmente illegittimo »limitatamente alla parte in cui non prevede che, se l'abrogazione degli atti o delle singole disposizioni cui si riferisce il "referendum" venga accompagnata da altra disciplina della stessa materia, senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti, il referendum si effettui sulle nuove disposizioni legislative ;

lette le deduzioni presentate dai promotori in data 23 maggio 1978 ed illustrate oralmente nella seduta odierna dagli avvocati Corrado De Martini e Mauro Mellini;

ritenuto che, posteriormente all'emanazione della precedente ordinanza, è stata promulgata la legge 13 maggio 1978, n. 180 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori), pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale" 16 maggio 1978, n. 133 (ed entrata in vigore il giorno successivo);

che l'art. 11, comma primo, della suddetta legge n. 180 del 1978 ha espressamente abrogato gli articoli della legge n. 36 del 1904, sottoposti a "referendum";

che, per effetto della sopravvenuta normativa, si è verificata l'ipotesi, contemplata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 1978, di abrogazione sostitutiva;

che di tale abrogazione occorre valutare gli effetti sulle operazioni referendarie;

ritenuto che sono state sollevate, da parte dei promotori del "referendum", due distinte questioni di legittimità costituzionale riguardanti, l'una, la mancata previsione, nell'art. 39 legge n. 352 del 1970, di limiti temporali all'esercizio del potere legislativo sulle materie oggetto di "referendum", quanto meno nel periodo successivo alla indizione dei comizi elettorali, e, l'altra, la incostituzionalità della legge 16 maggio 1978, n. 180, abrogativa di quella sottoposta a "referendum", in quanto mossa dall'intento di impedire l'espressione della sovranità popolare;

considerato che quest'Ufficio è legittimato a sollevare questioni di legittimità costituzionale;

che l'accesso alla Corte costituzionale comporta la previa delibazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della sollevata questione; che sussiste la rilevanza, dovendosi il giudizio sulla cessazione o meno delle operazioni referendarie svolgere alla stregua del denunziato articolo 39, e potendo, in tesi, la eventuale incostituzionalità dell'intera legge abrogativa incidere sulla idoneità della stessa a produrre l'effetto da cui consegue la cessazione delle operazioni referendarie; che, però, entrambe le questioni sono manifestamente infondate; che, invero, quanto alla prima, la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 68 del 1978, ha affermato che »le Camere conservano la propria permanente potestà legislativa ... (anche) ... successivamente alla stessa indizione del "referendum" abrogativo , e, quando alla seconda, la denunzia concerne un (preteso) eccesso di potere del legislatore, non riconducibile - sotto l'aspetto qui profilato - nell'ambito del giudizio di legittimità delle leggi;

che è invece irrilevante la questione di legittimità costituzionale sollevata relativamente all'articolo 2, comma secondo, legge 13 maggio 1978, n. 180 in quanto, a differenza dalle precedenti, il suo eventuale accoglimento non influirebbe sull'effetto abrogativo prodotto dalla legge stessa;

considerato che la Corte costituzionale - dopo aver premesso che ogni vicenda abrogativa, comunque attuata, esclude che il "referendum" possa avere ad oggetto le disposizioni abrogate - ha precisato che, quando l'abrogazione sia accompagnata da altra disciplina della stessa materia, per stabilire i criteri di distinzione fra l'ipotesi in cui le operazioni referendarie non debbono avere più corso (in tutto o in parte) e quella in cui il "referendum" si trasferisce (o si estende) alle nuove disposizioni, occorre separare il caso della richiesta riguardante una legge (o atto equiparato) nella sua interezza o un organico insieme di disposizioni altrimenti individuate dal legislatore, da quello della proposta diretta soltanto alla abrogazione di disposizioni specifiche; che, alla stregua dei criteri ricavabili da detta sentenza, nel primo caso la cessazione totale delle operazioni referendarie consegue alla modificazione comunque attuata dei principi informatori della complessiva disciplina legislativa preesisten

te e la cessazione parziale alla non riconducibilità a quei principi delle singole disposizioni modificative (altrimenti il "referendum" si trasferisce o si estende alle nuove disposizioni) e nel secondo caso il "referendum" non deve avere più corso quando siano stati modificati i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti;

considerato che, sulla base di tali criteri, la disciplina introdotta dalla citata legge 13 maggio 1978, n. 180, comporta la totale cessazione delle operazioni referendarie riguardanti gli articoli sopra indicati della legge sottoposta a "referendum";

considerato che ricorre, invero, il primo dei casi sopra enucleati in quanto, pur essendo formalmente oggetto della richiesta una parte soltanto delle disposizioni costituenti la ripartizione della legge, contraddistinta dalla rubrica »disposizioni sui manicomi e sugli alienati - Custodia e cura degli alienati , composta di sei articoli, tuttavia esse nel loro insieme, costituiscono un complesso normativo sostanzialmente unitario, dirette come sono a dettare la disciplina essenziale della materia: sia per quanto attiene al procedimento per l'internamento dei soggetti affetti da malattie mentali, nei suoi presupposti formali (persone legittimate all'istanza, certificato di medico generico esercente, atto di notorietà) e sostantivi (periodo di violenza o di pubblico scandalo), sia per quanto riguarda lo "status" del ricoverato, la tutela della cui personalità è posposta alle istanze di difesa sociale, assunte a criterio decisivo della regolamentazione;

che pertanto, a prescindere dal confronto tra le singole previsioni, occorre raffrontare i principi complessivamente ispiratori dell'una e dell'altra disciplina;

che la nuova legge, tra l'altro: ha soppresso, in principio, la struttura del »manicomio come luogo di segregazione, prevedendo che, quando il trattamento sanitario debba prestarsi »in condizioni di degenza ospedaliera , questa abbia luogo a cura dei servizi psichiatrici presso ospedali generali, con divieto di istituire partizioni organizzatorie speciale; ha inoltre, da un lato, invertito l'ordine di preferenza fra ricovero ospedaliero e cure extra-ospedaliere, così recuperando il valore della libertà e personalità del malato, prima largamente sacrificato alle esigenze di difesa della collettività, ed ha, dall'altro, presidiato la tutela dell'infermo, di fronte alla imposizione del trattamento sanitario in condizioni di degenza ospedaliera, con un sistema di rigorose garanzie procedimentali - in sede amministrativa, prima, e giurisdizionale, poi - attribuendogli la legittimazione personale e diretta a richiedere tale tutela; ha, comunque, configurato la degenza a lungo termine come evenienza speciale, pres

crivendo la rinnovazione del procedimento per la prosecuzione di essa oltre un determinato, breve periodo;

che pertanto, complessivamente, la nuova disciplina si ispira a principi sostanzialmente diversi da quelli della precedente;

ritenuto che, in conclusione, le operazioni referendarie devono dichiararsi cessate.

Per questi motivi, l'Ufficio centrale per il "referendum" dichiara che le operazioni di cui alla richiesta di "referendum" popolare presentata il 30 giugno 1977, riguardante gli articoli 1, 2, 3 e 3-"bis" legge 14 febbraio 1904, n. 36, »Disposizioni sui manicomi e sugli alienati , non hanno più corso.

 
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