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Spadaccia Gianfranco - 16 luglio 1977
Battere la logica della guerra civile
Contro gli accordi di regime

di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: L'accordo di sostegno al governo realizzato da Dc, Psi, Pli, Pri, Psdi e Pci consente per la prima volta alla Democrazia cristiana di realizzare, grazie al consenso determinante dei comunisti, la restaurazione di uno stato di polizia. L'analisi dei provvedimenti illiberali e anticostituzionali sull'ordine pubblico decisi nell'accordo fra i sei partiti.

(NOTIZIE RADICALI n. 163, 16 luglio 1977)

L'accordo a "sei" raggiunto dopo tre mesi di trattativa ha una connotazione politica precisa: l'attacco senza precedenti ai diritti costituzionali dei cittadini e alle garanzie di libertà personale previste dalla carta costituzionale, contenuto in una serie di misure repressive, peggiorative del Codice Rocco e della legge Reale.

Ciò che la DC ha a lungo inseguito in questi anni di strategia della tensione, senza mai riuscire ad ottenerlo, o riuscendoci solo parzialmente, cioè, la restaurazione di uno stato di polizia, viene conseguito oggi grazie all'accordo e al consenso del PCI. Una serie di leggi liberticide si andrà quindi ad aggiungere alla serie numerosissima di leggine stralcio e di decreti e decretini con cui, già nei mesi scorsi la maggioranza della non sfiducia e il Governo Andreotti avevano profondamente alterato il quadro legislativo nel campo della procedura penale.

Se a queste misure repressive, si aggiunge il mancato accordo sul sindacato di polizia (scelta che viene rinviata al Parlamento), e la rinuncia a una riforma profonda dei servizi di sicurezza, completano il quadro, cioè mostrano sotto quale segno comincia la nuova fase politica aperta da questi accordi programmatici.

Si è fatto spesso il paragone, durante i tre mesi della defatigante trattativa, con la fase preparatoria del centro-sinistra. Ma il centro-sinistra nasceva almeno sotto il segno della illusione, se non della speranza, di una svolta riformatrice. I fatti hanno poi dimostrato come quella illusione abbia consentito l'installarsi e il costituirsi del partito delle stragi di stato e della strategia della tensione. Ma, rispetto ai processi politici anche gravi e drammatici di quegli anni, agiva la maturazione democratica del paese, il rafforzamento del movimento sindacale, la nascita del movimento per i diritti civili, l'opposizione comunista non solo in Parlamento ma nel paese con l'esercizio dei suoi poteri reali. Ed occorre riconoscere che, all'interno del centro-sinistra, negli equilibri politici del regime, il PSI ha sempre rappresentato in qualche misura un elemento di contraddizione permanente e a volte di crisi.

L'accordo di potere DC-PCI, con l'avallo volta a volta riottoso ma nel momento decisivo sempre complice e rassegnato del PSI e dei partiti laici minori, nasce all'insegna della contro-riforma, della razionalizzazione dei disegni di regime, della normalizzazione.

Ma vediamo i punti più qualificanti dell'accordo raggiunto sull'ordine pubblico dai partiti dell'esarchia.

Con la dizione eufemistica di "arresto preventivo", la DC ottiene ed istituzionalizza il fermo di polizia, prevedendolo ed estendendolo all'ipotesi di "indizi di atti preparatori di un delitto", che è una dizione equivoca per sanzionare il fermo di polizia sulla base del semplice sospetto. Ma non basta, con le nuove leggi, la polizia sarà autorizzata a fermare qualsiasi cittadino sulla base del semplice sospetto che le generalità dichiarate sono false: un fermo di polizia che riguarda quindi potenzialmente tutti i cittadini e qualunque cittadino può essere, in base a un sospetto non insindacabile, trattenuto in questura 24 ore. Questo provvedimento va coordinato con altri già varati in precedenza dal governo e che consentono interrogatori e perquisizioni alla polizia in assenza di giudici ed avvocati. Il ricordo del "suicidio" di Pinelli è sufficiente per intendere la gravità di questa restaurazione.

Sempre sulla base di "indizi" e sospetti, le misure di sicurezza previste a suo tempo per i sospetti di attività mafiose, misure a cui si deve l'esportazione, grazie al confino, della mafia nell'Italia settentrionale, vengono estese ai reati politici.

Viene abolito ogni limite di tempo per le intercettazioni telefoniche. Non solo, per attivare le intercettazioni telefoniche sarà sufficiente d'ora in poi la sola autorizzazione orale del magistrato.

La riforma del servizio di sicurezza non abolisce e non limita l'opposizione da parte dell'esecutivo del "segreto di stato", mentre viene inferto un colpo gravissimo al segreto istruttorio che rappresentava fino ad oggi una garanzia non solo per l'efficacia dell'istruttoria, ma per lo stesso imputato: il ministero dell'interno può infatti chiedere ed ottenere dal giudice istruttore copia degli atti istruttori.

Ancora: sequestro delle radio libere e sospensione dei loro programmi, ad libitum dell'autorità di pubblica sicurezza: misure gravissime che contrastano con le norme fondamentali della libertà di stampa.

Questi cenni sono sufficienti. Basterà aggiungere che il primo atto parlamentare, dopo la firma degli accordi, è stato l'approvazione da parte della Commissione giustizia della Camera delle norme limitatrici del regime dei permessi dei detenuti, un istituto fondamentale della riforma carceraria, e che queste misure sono state varate nonostante il parere contrario, documentato da una dettagliata inchiesta, del Consiglio superiore della magistratura.

La logica cui gli accordi si ispirano è dunque la logica della guerra civile, in ci il sospetto sostituisce la necessità della prova dell'esistenza del reato e della colpevolezza dell'imputato.

Un uomo come Beria D'Argentine, un magistrato al di sopra di ogni sospetto perché in questi ultimi due anni si era unito al coro di quanti chiedevano un aumento dei poteri repressivi dello Stato, ha criticato queste decisioni e questi accordi, avvertendo che non si può scambiare la prevenzione dei reati con la detenzione preventiva. Le critiche di Beria D'Argentine, pubblicate sul "Corriere della Sera", sono la migliore prova forse della gravità di questi accordi.

E' la regola, della guerra civile: i carceri pieni d sospettati e di indiziati, anziché di colpevoli e di condannati.

Comincia dunque in condizioni difficili una nuova lotta, che ritenevamo non più necessaria: la lotta per ripristinare diritti e garanzie che non pensavamo potessero essere fino a questo punto intaccati e annullati. A tanto non erano arrivati neppure Rocco e neppure Reale.

 
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