SOMMARIO: Una puntuale contestazione di quanto affermato dal sottosegretario Carlo Pastorino a proposito della liberazione di Kappler. E' falso quanto affermato alla Camera sulla contrarietà del governo alla liberazione di Kappler poichè proprio il ministro della difesa Forlani aveva disposto la sospensione della esecuzione della pena.
(NOTIZIE RADICALI N. 219, 12 settembre 1977)
Roma, 12 settembre 1977 (N.R.) - Il gruppo parlamentare radicale ha diffuso oggi sul caso Kappler il seguente documento:
1) Rispondendo ad alcune interrogazioni alla Camera dopo la nota decisione del Tribunale Militare Territoriale di Roma del 10 novembre 1976 (poi annullata dal Tribunale Supremo Militare dopo la sollevazione della pubblica opinione, il sottosegretario sen. Pastorino dichiarò che il governo era sensibile alle manifestazioni di quanti avevano desiderato e desideravano che Kappler restasse in carcere quale segno che gli orrori delle stragi di cui era stato protagonista non erano stati dimenticati, tanto è vero che esso aveva sempre rifiutato la grazia. Ma oramai, disse Pastorino, la sentenza n. 192 della Corte Costituzionale aveva attribuito tale potere di concedere la liberazione condizionale dopo 28 anni di reclusione al Tribunale Militare e non più al governo. Tali affermazioni, alla luce dei documenti e dei rilievi di cui ora si può disporre, appaiono se non falsi, quanto meno equivoche e ipocrite.
2) Quando il sen. Pastorino faceva alla Camera tali dichiarazioni, in realtà "Kappler era già stato liberato" con provvedimento del ministro della Difesa Forlani "in data 12 marzo 1976", che disponeva, ai sensi degli art. 147 prima parte n· 2 c.p. e 589, IV cpv. CCP 402 Codice Militare di Pace, la sospensione dell'esecuzione della pena. Tali disposizioni comportano che l'organo competente "provvede per la liberazione" del condannato.
Tale provvedimento, diversamente dalla "liberazione condizionale" disposta dal Tribunale Militare e poi annullata, "non comporta o consente condizioni" particolari circa la vigilanza sul condannato. Essa è tuttavia revocabile, naturalmente, però, se venga meno o risulti inesistente l'infermità del condannato stesso, non invece in relazione alla sua condotta. E' da notare, infatti, che in data 16 agosto 1977 il ministro Lattanzio ha revocato la sospensione non per il fatto che il Kappler è fuggito in Germania, ma perché allontanandosi volontariamente dall'ospedale fa ritenere che la sua infermità fisica non costituisca, allo stato, impedimento all'esecuzione della pena, mentre impedisce i periodici controlli atti ad accertare lo stato dell'infermità.
3) Pertanto il provvedimento del Tribunale Militare di Roma del 10 novembre 1976 (di fronte al quale il governo si dichiarava sensibile alle proteste di chi voleva che Kappler restasse in galera) non mutava la condizione del Kappler; se non nel senso di imporre nei suoi confronti una vigilanza, non imposta dal decreto Forlani.
Per giustificare la sorveglianza cui Kappler avrebbe dovuto essere sottoposto al Celio, è stato affermato che essa era imposta non dalla sua condizione di condannato oramai liberato (anche se con provvedimento revocabile) ma dalla sua "condizione di prigioniero di guerra", che sarebbe sopravvissuta a quella di detenuto. Tale sopravvivenza è teoricamente possibile, tanto che è espressamente prevista dalla convenzione di Ginevra del 1949. Ma il punto dolente della questione è quello che "appare almeno discutibile che Kappler sia stato mai prigioniero di guerra delle Forze Armate Italiane", essendo stato consegnato all'autorità giudiziaria italiana quando era già inquisito per i reati di cui ha poi dovuto rispondere e quindi in forza di un provvedimento del tutto simile all'estradizione.
Fino a questo momento, malgrado la questione sia stata sollevata espressamente in Commissione Difesa, il Governo non ha fornito alcun elemento chiaro e tranquillante al riguardo, né ha dato la prova di avere affrontato tempestivamente e definitivamente la questione all'epoca del decreto Forlani (12 marzo 1976) è chiaro che per questa sola omissione le responsabilità del governo dell'epoca sarebbero gravissime, come gravissime sarebbero quelle del governo successivo.
E' ovvio infatti che, "ove Kappler non potesse considerarsi essere mai stato prigioniero di guerra", avergli impedito (ammesso che mai gli sia stato effettivamente impedito) di tornare - avrebbe rappresentato un vero e proprio "sequestro di persona".
4) Anche se Kappler sia mai stato prigioniero di guerra in potere o in custodia come tale delle Forze Armate Italiane, è almeno discutibile che, sospesa la pena o disposta la liberazione condizionale, potesse essere trattenuto in Italia appunto quale prigioniero di guerra, in quanto la convenzione di Ginevra, all'art. 119, stabilisce che, cessato lo stato di guerra, i prigionieri debbono essere riconsegnati e possono essere trattenuti fin tanto che abbiano da scontare una pena loro inflitta nello stato che li detiene, ma non oltre.
Fare distinzione tra pena interamente scontata e liberazione per sospensione della pena è a tal fine un cavillo difficilmente sostenibile, specie se si considera che la sospensione della pena era stata disposta per una malattia dichiarata inguaribile e non suscettibile di miglioramento.
5) Il sottosegretario Pastorino, nella stessa occasione di cui al n. 1 dichiarò al Parlamento che il governo si era opposto avanti alla Corte Costituzionale al trasferimento del potere di concessione della liberazione condizionale (che come si è detto non avrebbe influito sotanzialmente sulla posizione di Kappler già liberato dal Ministro) dal Governo stesso al Tribunale Militare.
Ora a parte il fatto che i Tribunali Militari sono privi di qualsiasi indipendenza dal Governo, l'affermazione di Pastorino è solo formalmente vera. Il Governo attraverso l'Avvocatura dello Stato, si oppose all'accoglimento dell'eccezione di incostituzionalità sollevata nel caso di Kappler e di Reder, ma, "stranamente, l'Avvocatura dello Stato non eccepì una evidente inammissibilità" della questione sollevata da giudice militare di sorveglianza in sede di parere e quindi al di fuori di una fase decisoria. Questa eccezione avrebbe rappresentato un sicuro mezzo, e l'unico mezzo, per non spogliare il Governo di questa facoltà. L'Avvocatura dello Stato ha sempre difeso molto bene gli interessi dell'Amministrazione e non è solita dimenticare eccezioni.
6) La questione dell'estradizione di Kappler dalla Germania, dove "si sarebbe rifugiato" appare una pia illusione ed un palliativo per tranquillizzare in qualche modo la pubblica opinione. E' semplicemente ridicolo che uno Stato, quali che siano le sue leggi, possa consegnare un proprio cittadino ad un altro Stato che lo abbia volontariamente liberato dalla reclusione che scontava per il reato invocato per l'estradizione, e ciò è tanto più che la revoca della estradizione trova motivo null'altro che nell'essersi tale cittadino sottratto alla vigilanza che gli veniva imposta quale prigioniero di guerra.
7) E' appena il caso di notare che la liberazione di Kappler compiuta dal Ministro Forlani il 12 marzo 1976, non sollevò da parte delle forze allora rappresentate in Parlamento quelle reazioni che poi intervennero quando si parlò di liberazione condizionale e poi ora è intervenuta la fuga del "prigioniero di guerra".
Indipendentemente da ogni valutazione circa il ritorno di Kappler assassino in stato di libertà dopo 30 anni di reclusione, non sembra decente che uno Stato, a 30 anni dalla fine della guerra, pretenda di detenere prigionieri di guerra. Ancora meno decente appare il fatto che tale detenzione serva in realtà a coprire a metà una liberazione di cui non si ha il coraggio di assumere la responsabilità, come non si è avuto il coraggio di negarla.