Marco PannellaSOMMARIO: Marco Pannella denuncia una serie di gravi attentati alla Costituzione che rischiano di passare inosservati: dall'approvazione da parte del Parlamento italiano di una serie di norme anticostituzionali e liberticide alla presentazione, da parte del Partito comunista italiano, di una proposta di legge che, se approvata, renderebbe impossibile qualsiasi referendum popolare. Da qui l'invito a tutti i movimenti extraparlamentari a mettere in atto una strategia unitaria di "informazione di classe e di massa", non di propaganda.
(Lotta Continua 17 Settembre 1977 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)
Sarebbe forse opportuno tra l'altro informare i compagni francesi, da Sartre a Guattari, che non vi sono in Italia più di un centinaio di giorni per salvare la Costituzione dal suo assassino definitivo.
Sarebbe opportuno informarli che negli ultimi mesi il Parlamento ha votato un numero tale di norme anticostituzionali, comunque liberticide, quali in tren'anni la DC da sola, con la sua maggioranza assoluta o con quella formata dalle sue "correnti esterne" (PLI, MSI, PRI, PSDI), non aveva nemmeno tentato di immaginare. Sarebbe opportuno informarne i compagni francesi, mi pare. Ma forse anche informare il Movimento, i compagni, noi stessi, insomma. Il PCI ha proposto una legge che, se approvata, renderebbe impossibile nel futuro vicino o lontano qualsiasi referendum popolare. Questo è senza dubbio gravissimo già di per sé, perché tende a rapinare il Paese e la democrazia dei nove referendum popolari, già richiesti, per l'abrogazione di quasi tutto il corpo storico delle leggi fasciste e classiste (centinaia di norme contenute nei codici penali, militari, concordatari, nelle leggi speciali sull'ordine pubblico), a lungo presentate come un "residuo" del regime mussoliniano, e ora sostenute e potenziate dalla ma
ggioranza parlamentare guidata dal PCI. Ma ancor più grave è il fatto che con questo attacco si sta passando alla fase finale dell'assassinio vero e proprio, definitivo, della Costituzione.
Per difendere le leggi anticostituzionali, classiste, fasciste, clericali, autoritarie, contrarie ai diritti della persona e della difesa, di coscienza e di manifestazione, di certezza (sia pure "borghese") del diritto, si passa ora ad abolire quanto di realizzazione vi è stato della Costituzione. Il referendum, come più volte ha affermato e ammonito Terracini, presidente della Costituzione, in tutti questi anni, è infatti un cardine, e non un mera eventualità marginale, o comunque straordinaria, del nostro assetto costituzionale.
Come avevamo previsto, da cinque anni, da quando cioè il Partito radicale ha iniziato la sua lotta per i nove referendum abrogativi, e tutte le altre per i cosiddetti diritti civili (che sono i diritti democratici e socialisti di classe, contro i privilegi oligarchici, clericali e borghesi, legalizzati nella nostra società e nello Stato), il successo della lotta referendaria, cui siamo finalmente giunti quest'anno anche grazie alla mobilitazione del MLS, autonomi, socialisti, ecc., si rivela dunque immediatamente capace di imporre e far scoppiare contraddizioni oggettive esplosive della politica antiriformatrice e antisocialista, delle nuove maggioranze riformiste e filodemocristiane cui s'è dato corpo in Parlamento e nel Paese.
Da due mesi, ormai, il Partito radicale e i parlamentari eletti nelle sue liste sono passati a difendere i referendum attaccando in ogni sede possibile, per stroncarlo sul nascere, il tentativo truffaldino che il vertice del PCI propone all'esarchia per evitare la scadenza dei referendum che dovranno essere indetti entro il 15 febbraio prossimo. Cominciamo a raccogliere i primi frutti di questa azione. Cinquanta deputati, esponenti della Direzione e del Comitato centrale e vicesindaci del PSI, hanno ieri scritto una lettera aperta a Nenni, Craxi, Balzamo e Cipellini, denunciando appunto come assalto alla Costituzione il progetto del PCI, definito come equivalente alla "legge-truffa" del 1953, e chiedendo al PSI di pronunciarsi subito e senza riserve per la tenuta dei referendum.
Riccardo Lombardi, rispondendo a una iniziativa di Spadaccia, quale presidente del Consiglio federativo del Partito radicale, ha definito questo tentativo »aberrante .
Passiamo ora, più brevemente, al secondo punto-cardinale della situazione oggettiva non di repressione "patologica", ma della repressione legale, ufficiale, fisiologicamente fascista e democristiana, che si sta sempre più iscrivendo a passi di gigante nella legislazione italiana. Il 20 agosto La Gazzetta Ufficiale ha pubblicato leggi (contro le quali, lo sottolineo senza fierezza ma perché i compagni sappiano, tutti i compagni, siamo stati assolutamente soli, come forza politica e parlamentare, a combattere con durezza e consapevolezza) che stravolgono ulteriormente la procedura penale; con misure tecniche, riguardano tutti, tutti gli imputati (non i "politici", il che sarebbe al limite meno grave: sarebbe cioè una discriminazione incostituzionale, e non una legge repressiva contro chiunque), e che produrranno piaghe non rimarginabili dei diritti anche solamente tecnici di difesa; a migliaia si avranno processi in contumacia, a migliaia non privilegiati apprenderanno di essere stati condannati al carcere nel
momento in cui saranno arrestati, ignorando non solamente la sentenza, ma anche di aver avuto un processo. Le norme già approvate sulle "concessioni" sono leggi di guerra, con l'esecuzione giudiziaria sul posto della manovalanza del "crimine", e la definitiva messa al sicuro dei mandanti e dei grandi organizzatori della criminalità mafiosa, politica e "comune", dalle stragi di Stato all'industria della droga.
Fra pochi mesi, insomma, quanto di repressione illegale v'è in Italia (ed è tanto, ma certo minore e diversa di quella che erroneamente, senza necessità, troppi di noi enfatizzano e denunciano), cesserà del tutto di essere illegale, per divenire legalmente legittima e potenziata. Le contraddizioni, allora, saranno non più quelle di uno Stato marcato ancora dalle conquiste sociali e della Resistenza, ma nostre, cioè dello schieramento democratico di classe.
Finora la nostra forza era (o sarebbe stata, se ci fossimo trovati noi radicali di fronte a ritardi troppo tardi colmati dalla strategia alternativa dell'antica e nuova sinistra) l'essere anche i difensori delle libertà legali, borghesi, costituzionali, contro uno Stato e una politica fuori-legge. Contro, quindi, il divorzio di classe, l'aborto di classe, i diritti di classe, i giudici di classe, le prigioni di classe, la scuola di classe, la medicina di classe, le sessualità di classe, i rapporti di produzione di classe, e i rispettivi ordinamenti 'vigenti" ma pur sempre illegittimi o anticostituzionali.
Conoscere l'avversario, conoscere ogni giorno con precisione la forza, i disegni, le azioni, gli strumenti e gli obiettivi, è necessario. "Il profitto", "la repressione", "la violenza" non sono nulla di concreto, non sono che tragici mulini a vento, se non si individuano e laicizzano, volgarizzano, fanno conoscere "i profitti", "le repressioni", "le violenze", i loro meccanismi e la loro esatta fenomenologia.
Noi invitiamo di nuovo i compagni di Lotta Continua, e quelli di tutto il Movimento, senza discriminazione alcuna, alla prassi unitaria che s'è realizzata, in parte affermata e in parte prefigurata, con l'unità d'azione sulla raccolta delle firme per i referendum: unità, in certe occasioni, ricordiamolo in attesa delle ulteriori speculazioni e menzogne del Manifesto e di Corvisieri, anche con i compagni di Via dei Volsci, ad esempio il 12 maggio di quest'anno, a Roma.
E' una prassi freddamente, glacialmente nonviolenta, costituzionalista, democratica, anche liberale e socialista, nel senso in cui lo erano quelle dei Gobetti e dei Rosselli, degli Ernesto Rossi; e dei compagni comunisti dell'"interno" (non di quelli moscoviti) durante il fascismo del PNF, precedente a quello attuale.
E' una prassi difficilissima, che richiede forza e preparazione collettiva, ma finora sempre rivelatasi vincente, anche se, in se stessa, necessariamente di massa, di classe, di popolo (perché alla portata di tutti, della maturità storica, dei sentimenti di tutti), è vissuta invece come minoritaria perché affidata troppo a lungo alla sola organizzazione del movimento e del Partito radicale.
Non siamo stati invitati e coinvolti al convegno di Bologna. Non vi saremo, dunque, che marginalmente e sporadicamente. Ci auguriamo che i compagni di Lotta Continua, e ogni altro, comprendano l'urgenza e la necessità di subito saldare le lotte referendiarie di primavera (che sono poi quelle tradizionali per un secolo del movimento operaio), la rivendicazione della difesa attraverso il nostro fronte e la nostra natura di classe e politica delle libertà e dei diritti costituzionali, con questa occasione di lotta che potrà essere recuperata in mille modi, attraverso le provocazioni e le condizioni obiettive secondanti provocatori e errori violenti, attraverso l'immenso spazio mistificante che non a caso i "mass-media" di regime riservano.
L'unica verità irriducibile, esplosiva, rivoluzionaria, è quella materiale, materializzata, che deve divenire coscienza di lotta, cioè informazione di classe e di massa, ma informazione, informazione, informazione: non propaganda, grido, tattica, eccesso e genericità, drammatizzazione impropria quando i "fatti" sono già tragici, esperimento o troppo generico "scontro".
Cento giorni per salvare la Costituzione, per colpire le fonti, la forza, gli utensili stessi della repressione. Si parla di "germanizzazione"; è un errore. Lì vi sono funghi, escrescenze mostruose. Qui c'è una normalizzazione piana, generale, perfettamente tecnica, diffusa, democratica, quasi indolore.
I compagni del PCI, anche al vertice, non stanno "tradendo". E' forse più vero e grave: non sanno quello che fanno. Con la nostra prassi e le nostre possibilità stiamo organizzando un convegno per l'8 o il 9 ottobre, cui già aderiscono giuristi e politici anche liberali, democristiani, comunisti. Può sembrare a qualcuno ridicolo e grottesco, minimalista. Non lo è: già guadagnare uno scontro su questo campo è una conquista, non sufficiente ma obbligata.
Mi auguro, infine, che non si perdano altri giorni, per tornare a lottare organizzati, insieme, con i compagni di lavoro di questa primavera e con molti più altri. C'è qui un obiettivo, una possibilità di vittoria non di un solo giorno o di una sola stagione. Ci pensino sia gli Oreste Scalzone, sia e perfino le Rossana Rossanda.