SOMMARIO: Documento di apertura del congresso del PR. Il partito radicale è cresciuto e deve attuare del tutto lo statuto per diventare un vero partito di alternativa: Il partito si è allargato a settori sociali e culturali differenziati. Per mantenere l'omogeneità sono necessari gli strumenti della selezione, dell'addestramento e del professionismo, anche per tutelarsi dal frazionismo. Predisposti gli strumenti adeguati occorre valorizzare le diversità di opinioni. Contro la burocratizzazione si stabilisce il principio della rotazione e della temporaneità, anche nei confronti del leader, per creare un partito dei " cittadini ". Problemi di funzionamento del partito. Fine della confusione dei ruoli tra Segreteria e giunta. Riorganizzazione della stampa, riorganizzazione della tesoreria e controllo dei bilanci. Rotazione delle funzioni per i contratti di collaborazione e per le cariche politiche. Regolamento del Consiglio Federativo. Regolamento e ruolo dei movimenti federati. Ruolo del Congresso. Rapporto pa
rtito - parlamentari. Incompatibilità fra cariche . Autofinanziamento e finanziamento pubblico.
(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Agosto-Novembre 1977, n.3-4)
"Apriamo con questo numero della rivista un dibattito sullo stato del partito che vuole essere un primo momento di riflessione sui problemi dell'organismo radicale. Il documento che pubblichiamo qui di seguito e con il quale abbiamo aperto il dibattito, è frutto di discussioni e di scambi di idee fra i componenti della redazione e in particolare di Enzo Belli-Nicoletti (CF. lombardo), Ernesto Bettinelli (C.F nazionale), Mercedes Bresso (C.F nazionale), Umberto Cerqui (della segreteria PR milanese), Franco Corleone (della segreteria nazionale), Carlo Lomartire (presidente CF. lombardo), Angelo Panenianco, Giorgio Pizzi (segretario della Associazione milanese), Lorenzo Strik Lievers (del C.F. lombardo), Massimo Teodori (del C. F. nazionale).
Obiettivi limiti di spazio ci hanno obbligato a proporre il documento sollecitando risposte di un numero ristretto di militanti. I compagni interpellati sono stati scelti cercando di affiancare sensibilità, provenienze ed esperienze diverse.
Il documento è stato inviato a: G. Ercolessi, S. Stanzani, S. Pergameno, A. Napoli, G. Aghina, G. Caputo, M. Pannella, G. Spadaccia, A. Pezzana, F. Landi, P. Curatola, L. Marasca, W. Mauracher, L. Sircana, G. Ramadori, L. Ingargiola, A. Taschera, G. Sandroni, C. pogliano, G. Lancini, A. Gardin, G. Peppini, G. Calderisi, A. Grassi, I. Puggioni, A. Faccio, R. Paci, L. Remiddi, I. Di Domizio, L. Fossetti, P. Lupo.
La rosa dei nomi, dalla quale è stata esclusa la segretaria nazionale per non dare carattere di ufficialità a un dibattito che, almeno per ora, coinvolge solo il parere personale degli intervenuti, è il frutto di una scelta necessariamente soggettiva e quindi opinabile. Ma contiamo che, stimolati da questo inizio di dibattito sul partito anche molti altri decidano di intervenire purtroppo solo una parte degli interpellati ha risposto in tempo utile. Ciò può non essere un danno se i radicali considereranno quello attuale solo l'inizio e non la conclusione di una discussione che richiede di essere sviluppata in tutte le sedi possibili.
Nel documento, come si vedrà, non si indicano soluzioni. Ci è parso che fosse più utile individuare almeno alcuni dei principali problemi politico-organizzativi ritenendo che le eventuali soluzioni possono essere trovate solo attraverso la continuazione e l'approfondimento del dibattito. Ovviamente, questo ci era molto chiaro quando abbiamo steso il documento, mettere in luce i problemi non significa né attribuire responsabilità di sorta né credere che i problemi di contenuto e della lotta politica quotidiana siano di per sé risolvibili con interventi sul corpo del partito. Del resto, tutto il lavoro di "Argomenti Radicali" lo dimostra. Si tratta piuttosto, e soltanto, di sollecitare una riflessione collettiva che consenta di individuare gli strumenti più adeguati per un partito che cresce".
Il documento di "Argomenti Radicali": attuare integralmente lo statuto per realizzare il "partito nuovo".
Non c'è dubbio che oggi il Partito Radicale sia entrato in una nuova fase della sua vicenda politica. Sono stati i ripetuti successi della sua azione a determinare l'apertura di questa nuova fase: nel 1974 la conferma alle ipotesi di un Paese più maturo della sua classe dirigente con i risultati del referendum sul divorzio; nel 1975 il conseguimento delle firme necessarie ad indire il referendum sull'aborto; nel 1976 lo sfondamento della soglia ritenuta invalicabile per un nuovo gruppo con l'entrata in Parlamento; nel 1977 la inimmaginabile ed unica mobilitazione sugli otto referendum ed il raggiungimento delle settecentomila firme per ciascuno di essi.
Questo susseguirsi annuale di obbiettivi raggiunti che il partito mano a mano si è dati ha determinato una crescente aspettativa e
domanda del Paese verso il PR e, contestualmente, è stato all'origine dell'espansione dei militanti, degli aderenti e dei simpatizzanti che hanno partecipato in sempre maggior numero alla realizzazione dei progetti politici radicali.
Il partito, che fino al 1972 era di un centinaio di persone, è divenuto nel 1973-74 di un migliaio, nel 1975-76 di qualche migliaio, con le elezioni del '76 ha visto moltiplicarsi i gruppi e le associazioni (da circa 50 a circa 250), e con gli otto referendum del 1977 è arrivato a mobilitare per tre mesi fino a ottomila militanti con ormai quasi cinquemila iscritti reali.
E' perciò che, per la prima volta nella sua storia, il PR può porsi il problema della realizzazione e attuazione integrale di quello statuto, approvato nel 1967, che per lunghi anni è rimasto un manifesto di indicazione politica del "come" si deve modellare il "partito nuovo", libertario e socialista nelle forme oltre che negli obiettivi, davvero alternativo, nel modo di essere e di vivere, ai modelli leninisti e socialdemocratici-burocratici.
Per un lungo periodo le strutture reali che il partito si è dato, pur non essendo completamente modellate sullo statuto, si sono rivelate funzionali agli obiettivi politici. La funzionalità era legata al fatto che quelle strutture erano proprie di un piccolo movimento, caratterizzato verso l'esterno dall'intervento su battaglie e obiettivi delimitati, e da una domanda politica esterna che non chiedeva di superare quelle battaglie. Oggi queste condizioni sono mutate, e la domanda che sale dal Paese è quella di un intervento che, salvaguardando la metodologia di lotta politica specifica del partito (mobilitazione su progetti precisi), affronti un arco di temi più ampio e assicuri una presenza più diffusa. Ciò non deriva dalle intenzioni soggettive di questo o quel settore radicale, ma dalla stessa situazione venutasi a determinare con il compromesso storico e la fine delle opposizioni nel Paese e nelle istituzioni.
Il PR, non ancora adeguato ad essere il partito dell'alternativa, deve certamente dimostrarsi capace di essere "partito dell'opposizione non gruppuscolare né marginalizzata". Tale domanda esterna trova peraltro riscontro diffusamente all'interno del partito per una maggiore e migliore qualificazione del progetto politico.
Del resto, quello che potevano, dovevano e sapevano fare alcune centinaia di militanti con il PR, in una situazione di flessibile collocazione della sinistra prima del 1976, è ben diverso da quello che può e deve saper fare una forza politica in grado di mobilitare una decina di migliaia di militanti, nel nuovo regime di democrazia consociativa come quella determinatasi nell'ultimo anno.
In questa fase, le vecchie regole di funzionamento dell'organismo politico radicale si rivelano sempre meno adeguate ai nuovi compiti. L'applicazione dello statuto - quello statuto che era stato concepito inizialmente con un fine ambizioso, proporre cioè alla sinistra italiana il modello del grande partito socialista libertario - comincia ora a divenire sempre più possibile nel corpo ormai non minuscolo del partito, sicché si può passare dalla costituzione formale realizzata solo per punti ad una integrale costituzione che vive le difficoltà stesse di un partito nuovo.
Se il partito vuole fare un salto di qualità, è questo il momento di proporre, anche sul terreno delle strutture interne davvero realizzate, l'adeguamento al modello teorico ipotizzato. Nessuno può pensare però che questo adeguamento possa avvenire in modo automatico, per decreto, per delibera di chicchessia o per decisione di maggioranze. Occorre invece una volontà collettiva e concorde (per lo meno nelle ipotesi di ricerca e nello spirito che le anima) che può formarsi attraverso un dibattito aperto e spregiudicato che investa tutti i nodi fondamentali della struttura politica nella sua effettiva materialità.
Il partito libertario
Il funzionamento passato e attuale dell'organismo radicale ha garantito l'efficacia dell'intervento politico e il carattere libertario, in presenza di una forte omogeneità politico-culturale (mai enunciata in senso ideologico ma sempre praticata nell'azione politica) propria di un gruppo ristretto. Oggi però l'allargamento del partito a settori sociali e culturali sempre più differenziati nonché la sua diffusione territoriale pongono all'immediato ordine del giorno il problema di un modo di organizzazione politica capace di impiegare al massimo il potenziale raccolto intorno al partito, ed in grado al tempo stesso di salvaguardare tanto l'efficacia che il carattere libertario.
Lo stato attuale del partito è quello di un organismo cresciuto in fretta, sicché alcune sue parti possono avere reazioni sbagliate, con il rischio che l'omogeneità politico-culturale si diluisca e si mettano in moto spinte centrifughe che finiscono per indebolire la capacità di incidenza delle battaglie politiche sui progetti di mobilitazione. Si rischia, per esempio, di non avere più gruppi dirigenti che, nelle varie località, sappiano pensare e muoversi "da radicali".
Oggi spesso il militante radicale (ci riferiamo a quella decina di migliaia che da ultimo hanno permesso la realizzazione del progetto referendario) può non saper rispondere adeguatamente sulle cose che la situazione politica continuamente gli presenta, perché non ha partecipato di una maturazione politica collettiva (e non già per la sua propria formazione personale e la sua strada individuale all'esser radicale), rivelandosi così un interlocutore inidoneo nel rapporto e nel confronto quotidiano con le altre forze politiche. Il PR rischia di perdere quella funzione, indispensabile, di educazione politica ad una visione diversa che è stata ed è anche caratteristica radicale a partire dai progetti di lotta.
Infatti, al di là dei progetti di lotte che per il loro carattere sono intermittenti, sono proprio le culture politiche dominanti nel Paese e nella sinistra (la maggiore delle quali è rappresentata dalla "vulgata marxista") a introdurre nel più largo corpo politico del partito fattori alla lunga dirompenti se non si procede ad un salto coscienziale politico dell'intero nuovo organismo di partito.
Ricostruire una cultura politica omogenea è oggi un compito fondamentale per dare, da un lato, ai militanti strumenti di
partecipazione reale non plebiscitaria né intermittente, e, dall'altro, per far crescere politicamente i gruppi dirigenti locali.
L'obiettivo dell'omogeneità politica è comune a molte forze che vogliono perseguire con efficacia i loro obiettivi. E' noto che il modello che meglio ha perseguito questo obiettivo è quello del partito "leninista". Questo tipo di partito realizza l'omogeneità attraverso gli strumenti della "selezione", dell'"addestramento" (scuole di partito), del "professionismo" dei quadri dirigenti (partito di apparato) e attraverso il meccanismo dello scambio delle informazioni dalla base al vertice e delle decisioni dal vertice alla base (centralismo democratico).
Il partito libertario, invece, a cui noi vogliamo dar corpo, per raggiungere un identico obiettivo, deve individuare strumenti diversi per non rinnegare se stesso. In questo caso l'omogeneità di cultura politica diventa ancora più indispensabile (perché mancano strumenti di controllo centralizzato del processo decisionale).
Strumento principale di ciò è probabilmente il "miglioramento e l'intensificazione dell'informazione all'interno del partito". Si tratta di evitare che l'informazione essenziale sia concentrata nelle mani di pochi (che è poi una delle risorse tipiche che consentono la formazione di gruppi di potere).
I problemi che su questo versante si pongono sono di due tipi: da una parte la migliore diffusione a tutti i livelli delle informazioni; dall'altra l'invenzione di canali che consentano di aumentare il volume complessivo della comunicazione politica all'interno del partito. Si tratta quindi di migliorare la qualità dei canali esistenti (ad esempio gli organi del partito come "Notizie Radicali" o l'agenzia stampa quotidiana e quelli nel partito come le radio, questa stessa rivista e le altre iniziative che autonomamente sorgeranno) e di moltiplicare le possibilità di comunicazione e dibattito tanto tra centro e periferia (nelle due direzioni) quanto fra le diverse realtà del partito (fra associazioni e associazioni, fra partiti regionali, fra movimenti federati e le diverse realtà associative del partito).
Creare omogeneità e processi di unificazione (che certo non significa uniformità) è anche un modo di tutelarsi contro il rischio, sempre più reale man mano che il partito si sviluppa, sia del frazionismo che ricalca moduli in atto negli altri partiti, magari sotto la sollecitazione e il sostegno esterno, sia la formazione e la cristallizzazione di gruppi di potere (al centro non meno che in periferia) a carattere stabile e in lotta fra loro. Un partito frazionato non è libertario né politicamente efficace né, tantomeno, è un partito in cui è tutelata la ricchezza delle diversità. Occorre valorizzare la diversità delle opinioni e delle esperienze, che di per sé può solo arricchire la qualità del dibattito, allorché queste hanno la possibilità di confrontarsi e di contribuire ai progetti comuni, una volta predisposti gli strumenti adeguati che ne possano consentire l'espressione.
La frontiera fra frazionismo, da un lato, e contributo critico e dissenso, dall'altro, passa, in un partito libertario, attraverso la capacità di matenere il conflitto a livello politico non trasformandolo in uno scontro fra gruppi o persone.
Un partito di cittadini
Esistono diverse forme di burocratizzazione, da quelle ufficializzate del partito leninista e del partito socialdemocratico a quelle striscianti che possono crescere, al di là delle intenzioni soggettive, in qualsiasi organismo (anche in quello libertario) in cui non si mettono in atto verifiche e controlli democratici per la minimizzazione delle funzioni assolte permanentemente dalle stesse persone senza possibilità di ricambio.
E perciò che va riaffermato il concetto dei radicali impegnati in quanto cittadini: ""sì al pieno tempo mentale, no al pieno tempo retribuito"". Questo significa sottoporre ad una disciplina rigorosa e ad un controllo politico quelle funzioni che richiedono un impegno a tempo pieno.
Certamente, i nuovi compiti dei radicali richiedono una espansione, un rafforzamento e una istituzionalizzazione delle nuove funzioni. Sarebbe ingenuo pensare che una forza (pur piccola) ma che oggi riesce a mobilitare diecimila persone su un progetto concreto e che ha un bilancio di circa un miliardo l'anno, possa essere gestita con quell'assoluto, generale volontariato che fino a qualche anno fa era il segno distintivo (la forza) del partito-gruppo-movimento radicale.
Occorre però evitare le spinte alla burocratizzazione generate (soprattutto al centro ma anche in periferia) dalla occupazione stabile di certe funzioni da parte di compagni che lavorano a tempo pieno nel partito Poco importa che si chiamino "funzionari" o "quadri" permanenti, o che si inventino altre denominazioni quando ciò serva a rappresentare una realtà: il compagno che da anni vive nel partito e del partito, assolve le stesse funzioni, non ha per sé altre prospettive anche in termini di esistenza e quindi finisce per stabilire un legame di necessarietà con il partito.
Se, per un verso, ciò crea un gruppo di militanti capaci e dediti incondizionatamente al partito (ed è sempre questa la caratteristica dell'avanguardia leninista) e quindi rafforza l'efficacia dell'azione, per un altro verso la sua permanenza è la tipica situazione esistenziale - prima ancora ed oltre che politica - che crea le premesse della nascita della burocrazia.
"Il partito libertario è invece", quanto più possibile, "il partito dei cittadini e non dei professionisti della politica". Per i compiti che richiedono il pieno tempo - ed ormai se ne accrescono in quantità e qualità - occorre stabilire il principio della "rotazione", della "temporaneità" e della piena "responsabilità" politica dell'assolvimento della funzione con adeguate verifiche democratiche.
Del resto la scarsa circolazione delle informazioni e le spinte oggettive all'enuclearsi di un gruppo di permanenti nel partito sono all'origine di profondi squilibri nella partecipazione, i quali portano
di fatto inevitabilmente alla formazione di diverse classi di radicali. Si viene a privilegiare l'aspetto avanguardistico e si favoriscono tutti coloro che, per tempo, per danaro, per stile di vita, hanno maggiori possibilità di partecipare materialmente e continuativamente alla elaborazione ed all'attività del partito.
Un partito di mobilitazione su progetti
Il Partito Radicale è nato e cresciuto come partito di mobilitazione, un partito che si è mosso aggregando consensi su singoli progetti. Questa caratteristica va difesa e mantenuta anche nel mutare delle situazioni.
La continuità politica ad oggi è stata assicurata da un'anima centrale ristretta; la debolezza della periferia, combinandosi con questa caratteristica, ha fatto del PR un partito fluttuante privo di forti strutture organizzative periferiche, con un elevatissimo tasso di ricambio dei militanti (basti solo pensare che negli ultimi tre anni non più di un terzo degli iscritti dell'anno successivo sono stati i medesimi di quello precedente). Oggi il grande problema di attuazione della costituzione materiale dello statuto è quello di garantire la continuità del corpo politico (memoria collettiva) non solo nella sua anima centrale, mantenendo ed anzi potenziando, grazie all'allargamento della classe dirigente, le caratteristiche e le potenzialità del partito di mobilitazione.
Ai radicali si pone oggi una nuova sfida, dopo quelle che ogni anno, ogni giorno, essi hanno posto a se stessi, sulla base della domanda del Paese e per offrire possibili risposte in termini di nuova sinistra socialista e liberale. E' la sfida, per ciò che riguarda i riflessi sul partito, di articolare e rendere palese il progetto politico complessivo cui ricondurre le mobilitazioni sulle singole battaglie. Ancora una volta l'unità del corpo politico passa innanzitutto per la definizione collettiva del progetto politico. Ma ciò non basta e non avrebbe sufficiente forza se non avvenisse attraverso un collettivo adeguamento, nelle coscienze non meno che nelle strutture, dell'organismo politico, non solo quantitativamente maggiore, ma anche qualitativamente migliore di quello che tale organismo è stato fino ad oggi.
Da molti orizzonti si fa notare che gran parte del Partito Radicale consiste nel rapporto tra il suo leader carismatico, Marco Pannella, ed il Paese. Poco importa stabilire fino a che punto l'osservazione sia vera o falsa. L'importante oggi è rispondere con un salto di qualità all'attuale situazione in cui, certamente, il rapporto del leader con il Paese e con il partito ha avuto storicamente gran peso. Se non si crea un'identità collettiva si rischia di perpetuare un rapporto politico con il Paese che passa prevalentemente attraverso la mediazione del leader. E se il partito non riesce a rispondere alla sfida che pone al suo stesso modo di essere (adeguamento delle strutture e delle coscienze), inevitabilmente l'aspettativa per una nuova qualità si indirizzerà sull'intervento miracolistico esterno del leader storico radicale che già in altre occasioni è riuscito a dare un contributo determinante al superamento della sfida del momento.
Ma quasi sicuramente oggi, per tutto ciò che è accaduto negli ultimi anni con il duro lavoro politico svolto, il partito ha acquisito una forza collettiva ed una potenzialità che gli permettono di "trovare in sé le risorse necessarie al proprio mutamento qualitativo": rendere cioè sempre più realizzata e sempre meno ipotizzata la speranza e l'esperimento del partito nuovo in grado di affrontare i compiti oggi posti dal Paese.
I nodi fondamentali
Passare progressivamente da una costituzione formale a una costituzione materiale libertaria, cioè adeguare le strutture reali allo spirito oltre che alla lettera delle norme statutarie, richiede una preliminare riflessione sui principali problemi legati al funzionamento del partito. Si propone quindi una prima analisi di tali nodi da sottoporre all'attenzione del partito, avvertendo tuttavia che i problemi di un organismo politico sono tutti strettamente collegati tra loro e che quindi vanno considerati in una visione d'insieme.
a) "Segreteria e Giunta"
L'equivoco segreteria-giunta va sciolto. La segreteria è un organo con responsabilità politica ed è eletta dal congresso (sotto la forma di segretario unico o di segreteria collegiale eletta congiuntamente dal congresso). La giunta è un organo ausiliario di collaborazione con il segretario, ad esso e solo ad esso risponde, ed è ratificata dal congresso su proposta del segretario.
Fino ad ora c'è stata spesso una "confusione di ruoli e di funzioni fra giunta e segreteria", mentre è ben chiaro statutariamente che la giunta non ha alcun tipo di responsabilità e rappresentanza politica diretta. Tanto è vero che è soltanto il segretario che risponde politicamente del suo operato al congresso.
Per alcune funzioni particolarmente importanti e chiaramente enucleate (per esempio la stampa), si potrebbe prevedere una diretta indicazione del congresso, in seguito ad indicazione della segreteria. In tal modo potrebbero essere meglio valorizzate la competenza e la responsabilità politica di quei compagni che ricoprono funzioni e responsabilità importanti per tutto il partito.
b) "Stampa"
Il tema è sempre stato trattato esplicitamente nelle deliberazioni congressuali decidendo, anno dopo anno, la realizzazione di adeguati strumenti e canali per una migliore e più costante informazione, ma questi impegni sono stati la maggior parte delle volte disattesi, in tutto o in parte.
Tra gli attuali strumenti occorre scindere le funzioni e le responsabilità e quindi il carattere dell'agenzia stampa quotidiana da "Notizie Radicali"a stampa.
Mentre "l'agenzia quotidiana" è uno strumento di contatto con la stampa e con il mondo politico e serve per lo più per le dichiarazioni di esponenti del partito e del gruppo parlamentare, "Notizie Radicali" periodico è uno strumento per la circolazione delle idee nel partito e nell'area radicale nel Paese (i firmatari dei referendum e gli altri che sono negli indirizzari), con funzioni al tempo stesso di mobilitazione e di maturazione politica dell'organismo radicale e della sua sfera d'influenza.
E' per questa diversa natura di "N.R", agenzia stampa ciclostilata quotidiana (300 copie), e di quella periodica a stampa (da 15.000 a 600.000 copie) che le rispettive responsabilità vanno più chiaramente individuate ed eventualmente messe in relazione con diversi organi del partito. L'agenzia quotidiana potrebbe essere sotto la diretta responsabilità della segreteria, in eventuale collaborazione con il gruppo parlamentare, mentre il foglio periodico (in osservanza delle norme statutarie che affidano al Consiglio Federativo di "garantire la circolazione delle informazioni all'interno del partito") potrebbe essere affidata a questo organo.
In ogni caso è necessario definire quella della stampa come una responsabilità politica che non può essere di eventuali cooperative tra chi lavora nel settore stampa, o di chi ne ha le quote, ma della persona politicamente più adatta e tecnicamente più attrezzata la quale, se necessario, dovrebbe presentare un progetto di realizzazione e proporre eventuali contratti a termine per i suoi collaboratori.
Naturalmente tutto questo deve valere per la "stampa e gli strumenti di informazione ufficiale del partito", da questo finanziati, mentre resta evidente il diritto dei radicali di costituire autonomamente centri e strumenti di formazione e di informazione.
c) "Tesoreria"
Si può lasciare sulle spalle di una sola persona un autofinanziamento che sfiora ormai il mezzo miliardo, o non si deve piuttosto pensare di sostituire la figura del tesoriere con un "consiglio di tesoreria" con un suo presidente responsabile?
La figura del tesoriere e l'istituzione della tesoreria è certamente un cardine dello statuto come contraltare del segretario e con il diritto di veto; come tale va mantenuta, restituendola tuttavia ad una funzione dialettica piuttosto che integrata con la segreteria.
Si dovrebbe dare il giusto valore ai bilanci preventivi che consentendo una valutazione realistica delle entrate e quindi delle possibilità operative del partito. I bilanci preventivi dovrebbero essere sottoposti a vari filtri ed occorrerebbe rispettare, quanto più possibile, il principio che le deliberazioni di spesa spettano alla segreteria e che la tesoreria opera solo in conseguenza di esse.
Attualmente alla tesoreria fanno capo anche funzioni che sono proprie della segreteria e che dovrebbero essere ricondotte alla responsabilità di questa: "tesseramento, banca dati del partito, indirizzario". Occorrerebbe inoltre ribadire ed attuare in pratica il diritto di disposizione da parte del Consiglio Federativo di tutti questi fondamentali strumenti di informazione.
d) "Burocrazia e professionalismo"
Emerge la necessità di riaffermare quello che è stato sempre un dettato implicito (e magari renderlo esplicito con emendamenti esplicativi) dello statuto, già affermato apertamente nel 1967: che cioè si può lavorare a pieno tempo solo in un rapporto definito, con contratto specifico (o comunque lo si chiami, "stage", etc), su progetto determinato, e per un certo tempo. Gli eventuali contrattisti non dovrebbero esser tali oltre un determinato tempo e non potrebbero esserlo di nuovo se non dopo, per esempio, un anno. Si possono prevedere, a questo proprosito, misure progressive di attuazione della norma, senza tuttavia accreditare diritti di stabilizzazione.
Tali regole di comportamento, ispirate al principio della rotazione delle funzioni (rotazione fra persone e non di stesse persone in incarichi diversi), dovrebbero essere valide sia per la realtà centrale del partito che per le realtà locali, laddove con la crescita del partito si presenti la necessità politica di alcuni limitati incarichi a tempo pieno. La rigorosa affermazione di questi principi è la sola che garantisca che il partito non si trasformi in un partito di professionisti della politica e che si formino posizioni di potere.
Occorrerebbe riflettere anche sull'opportunità di estendere l'eventuale principio della rotazione non solo ai contratti di collaborazione ma alle stesse cariche politiche (alcune se non tutte). Quello della rotazione, infatti, è un principio tipico degli organismi federativi e libertari che sono entrati in fasi istituzionali mature.
e) "Consiglio Federativo"
Secondo lo statuto, il Consiglio Federativo (composto dai segretari regionali, dagli eletti dal congresso e dai rappresentanti dei gruppi federati) dovrebbe essere il luogo reale di direzione politica del partito.
Fino ad oggi questo è stato un nodo irrisolto, dal momento che il C.F. non si è configurato come organo permanente con propri strumenti e funzioni: una Presidenza che assicuri la continuità, progettazione delle discussioni, bilancio autonomo, dossiers preventivi, ordini del giorno rigorosamente fissati, responsabilità personale dei membri, circolazione delle idee, lavoro per gruppi progettuali.
Quest'anno il presidente del Consiglio Federativo ha funzionato soprattutto come presidente del partito, proiettandosi necessariamente tutto all'esterno, ma senza preoccuparsi di organizzare una intensa vita politica interna, come previsto dalle deliberazioni del 1976 e dai compiti istituzionali del C.F.
Soprattutto se si mantiene l'attuale composizione del C.F (due rappresentanti regionali, due per ciascun movimento federato, dieci eletti in congresso) occorre tendere finalmente alla realizzazione del vero C.F. con una o più persone che assicurino continuità di lavoro, coordinamento e progettazione e che creino canali di dibattito politico.
Quindi, come prevede lo statuto, il CF dovrebbe darsi un regolamento. E' da valutare la proposta che la sede del C.F. sia la città del presidente e che alcune riunioni siano di tipo seminariale e magari si svolgono in luoghi residenziali. In ogni caso l'istituzione di commissioni di lavoro su progetti futuri con funzione di impostazione politica dei problemi meno incalzati dall'attualità appare uno strumento insostituibile. In particolare il C.F. dovrebbe assumere il ruolo propulsore nella circolazione delle idee e delle informazioni; che è strumento fondamentale per costruire una omogeneità nel partito.
f) "Movimenti federati e esternalizzazione delle funzioni"
I gruppi federati sono storicamente nati o su iniziative autonome o su iniziativa del partito.
I rapporti tra movimenti federati e partito sono stati fino ad oggi scarsamente definiti. Poiché il peso dei movimenti, reale e statutario, nella vita di partito è rilevante, occorrerebbe una migliore definizione di questi rapporti. In particolare, sarebbe necessario che i movimenti si dotassero di strutture tali che diano ai loro stessi aderenti quelle garanzie di pubblicità dei bilanci e di democraticità che lo statuto prevede per il PR.
Un movimento, per essere e rimanere federato, dovrebbe rispondere ad alcuni requisiti di base: uno statuto, un bilancio pubblico, la tenuta regolare di congressi nei quali in particolare dovrebbero essere eletti i rappresentanti nel PR. Spesso, in passato, la rappresentatività dei delegati dei movimenti non derivava da una indicazione collettiva, ma aveva carattere di temporaneità.
Occorre poi distinguere tra i problemi legati alla federazione (o alla eventuale sfederazione) di movimenti che hanno una vita propria rispetto al partito, dall'impulso che il partito può decidere di dare alla nascita di un movimento su temi emergenti che considera di particolare interesse.
"E' politicamente giusto ed efficace operare attraverso delle specie di "agenzie" esterne" (Lega, Fondazione o altro), ma quando queste nascono su temi emergenti o su battaglie necessarie per il partito, sarebbe una finzione fare come se esse fossero entità davvero autonome e separate. In questi casi - che si sono verificati e che potranno verificarsi sempre più - dovrebbe spettare al C.F. (o al congresso) la responsabilità di discutere i termini di investimento politico ed organizzativo che comporta un simile processo di esternalizzazione di battaglie politiche, e di azione attraverso agenzie autonome ad hoc.
E' solo un dibattito preliminare all'interno del partito quello che può garantire che l'esternalizzazione di battaglie politiche non si risolva nei fatti in una sottrazione o imposizione di temi che di fatto sfuggono al processo decisionale nel partito.
g) "Congresso"
Il congresso aperto a tutti gli iscritti è stato ad oggi una caratteristica importante del PR, anche se lo statuto prevede il congresso per delegati. Il problema di un adeguamento allo statuto non si può concretamente porre per il prossimo congresso. Si può tuttavia pensare di dare mandato al Consiglio Federativo di valutare la convenienza, in caso di una ulteriore crescita degli iscritti, di un congresso nazionale per delegati, mantenendo tuttavia i congressi regionali e di associazione per iscritti.
Fino ad oggi i congressi sono stati momenti di apertura, di rapporto col Paese, più che momenti di dibattito o decisionali In caso di cambiamento occorrerà pensare a come sostituire i momenti esterni.
Non deve peraltro sfuggire il significato che potrebbe assumere una inflazione di congressi ripetuti straordinariamente durante l'anno: essi tenderebbero a riportare ad una dimensione ristretta e avanguardistica quello che è ormai un corpo politico di molte migliaia di compagni. E si deve anche valutare che un congresso costa denaro e sottrae questo ed energie ad altri momenti di azione politica: duemila persone che si riuniscono valgono almeno cento milioni.
h) "Partito e Gruppo parlamentare"
"L'autonomia dei parlamentari dal partito, che va ribadita, non può significare separatezza". I parlamentari sono e devono restare autonomi, ma non possono essere totalmente slegati dal partito; tra partito e parlamentari esiste infatti un rapporto, almeno in quanto essi sono stati eletti anche dai tremila radicali (che hanno organizzato il consenso dei quattrocentomila elettori) e in quanto l'opinione pubblica non fa giustamente alcuna distinzione.
Sia per questi rapporti strutturali, che per l'immagine che la "cosa" radicale ha nel Paese, gruppo e partito sono strettamente intrecciati, pur nella giusta divisione di compiti, delle sfere di azione e delle responsabilità. Bisogna trovare i modi affinché questo legame (che di fatto esiste) trovi modi e luoghi in cui manifestarsi. Per esempio, i parlamentari radicali potrebbero essere attivamente presenti nei momenti della formazione delle deliberazioni del partito (congresso, consiglio federativo) per confrontare e individuare i progetti politici. Magari il gruppo potrebbe essere federato al PR.
i) "Incompatibilità"
L'incompatibilità fra certe cariche è, insieme alla rotazione, uno strumento per evitare la cristallizzazione di gruppi di potere In particolare, si potrebbe stabilire l'incompatibilità fra l'appartenenza ad esecutivi regionali ed esecutivi nazionali, quella fra esecutivi regionali e consiglio federativo nazionale (con l'ovvia eccezione dei segretari regionali che ne sono membri di diritto in base allo statuto) per evitare che la rappresentanza dei partiti regionali sia concentrata nei soli esecutivi.
Oltre a queste incompatibilità va ribadita anche quella, peraltro già consuetudinaria, fra esecutivo nazionale (segreteria e giunta) e consiglio federativo.
l) "Autofinanziamento e finanziamento pubblico"
Il partito ha già affrontato in due congressi ed in numerosi consigli federativi la questione dell'autofinanziamento e del finanziamento pubblico, venuti drammaticamente all'ordine del giorno nell'ultimo anno, data la mole del progetto politico.
Non si possono qui riprendere tutti i temi della questione. Si deve solo richiamare una serie di decisioni che non possono essere più a lungo rinviate oltre il congresso annuale del novembre 1977:
- la "destinazione definitiva" del finanziamento pubblico (sia dei 900 milioni passati che dei prossimi annuali) ed i modi operativi del suo controllo da parte del partito;
- la fissazione di una serie di soglie di spesa (o standard) attraverso i bilanci preventivi che riguardino in maniera particolare la "gestione ordinaria" del partito a cui va rapportato il progetto di autofinanziamento;
- "l'elaborazione definitiva e la presentazione" (per lo meno alla pubblica opinione) "del progetto di legge alternativo sul finanziamento pubblico" che rafforzi tutte le altre nostre scelte, il rifiuto cioè di questo finanziamento pubblico e l'autofinanziamento.