Intervista con i capigruppo della Camera e del Senato: Pannelladi Ottorino Gurgo
SOMMARIO: Ormai chi decide sono i partiti, e deputati e senatori non fanno che seguirne pedissequamente le direttive. Il regolamento, che dovrebbe essere il "libro sacro" dei rappresentanti del popolo, sistematicamente eluso. I radicali pronti allo scontro nonviolento per difendere l'istituto del referendum. Diciotto mesi senza poter votare. L'"arroganza del potere" comune a democristiani e comunisti. Una miriade di leggine corporative.
(IL GIORNALE, 10 gennaio 1978)
Roma, gennaio
"Più che sottoporsi ad una intervista, Marco Pannella, presidente dei deputati radicali e" leader "carismatico dei radicali italiani, pronuncia una requisitoria: un atto d'accusa, senza peli sulla lingua e senza perifrasi - com'è nel suo costume - contro i responsabili dei mali che affliggono il Parlamento e, per conseguenza, l'intera democrazia italiana.
La sua prima risposta, quando gli chiediamo un bilancio dell'attività parlamentare dell'anno appena concluso, è tutta un programma: "Non centralità, ma subalternità del Parlamento, non governo di assemblea, ma riduzione a organo di esecuzione, obbediente e pronta, dei fallimentari mercati esarchici". E aggiunge, a dimostrazione e conforto della sua tesi: "Alla Camera il presidente è giunto al punto di dover diradare sempre più le conferenze dei capigruppo, incapaci di fornire il necessario contributo per la programmazione dei lavori e l'approvazione dei calendari regolamentari. Chi decide sono i partiti, in altra sede. E l'efficienza parlamentare s'è rivelata solamente nell'approvazione obbligatoria di gragnuole di decreti legge e di convenzioni internazionali".
L'oppositore
Per chi, come Pannella, assolva il compito quanto mai ingrato (specie in periodi come l'attuale) dell'oppositore, il regolamento parlamentare è una sorta di "libro sacro". E proprio ad esso Pannella fa riferimento per spiegare le degenerazioni del sistema. "Il regolamento - dice - è come la Costituzione: i partiti che hanno avuto l'impudicizia, per trent'anni, di non attuarla, richiamandosi, poi, ad un comune" arco costituzionale, "sembra siano convinti che prassi antiregolamentari siano perfettamente naturali. Abbiamo, per la verità, un presidente attentissimo a tutto quanto possa allargare il perimetro dell'attuazione regolamentare, ma che deve fare i conti con una vera e propria cultura trentennale di tutte le forze parlamentari di massima corrività su questo piano. Esempio: è prassi la contemporanea tenuta di lavori d'aula e di commissione, vietata e prevista soli in casi straordinari dal regolamento; è prassi la ammucchiata delle votazioni d'aula in un paio d'ore di un solo giorno della settimana, dista
ccando chirurgicamente dibattiti e votazioni, non per motivi regolamentari, ma per riuscire ad ottenere il numero legale; è prassi ferrea l'accumulazione di migliaia di mancate risposte regolamentari da parte del governo agli strumenti di controllo, interrogazioni e interpellanze. E solo su quest'ultimo punto, centrale e vitale, l'azione congiunta del presidente, in primo luogo, e del gruppo radicale, è riuscita a far registrare qualche progresso".
Al tema del regolamento, com'è ovvio, Pannella è particolarmente sensibile. E, parlandone, si infervora. "Si forzano - afferma - anche le più elementari e anodine norme regolamentari per piegarle alle urgenze ed alle necessità conseguenti alla gestione fallimentare sussultoria, caotica degli accordi a cinque, sei o sette. E' possibile che nelle prossime dieci o quindici settimane venga attuato il tentativo di fare saltare i referendum, di imporre l'approvazione di leggi poliziesche prima che l'opinione pubblica riesca a valutarne l'importanza e l'aberrante portata. Se questo accadesse, se il regolamento venisse, in questa occasione, ulteriormente forzato, lo difenderemo e ci difenderemmo con tutta la durezza, la ferocia non violenta necessaria. Questa volta dovrebbero espellerci fisicamente, con la violenza fisica. Per non violenza noi stiamo tollerando di essere impediti di votare da diciotto mesi, negli scrutini principali, quelli elettorali. Non ci siamo affatto assuefatti, contiamo sul tempo, sulla rifle
ssione. Non possiamo inchinarci ai diktat di nessuno...".
La "depressione"
A Pannella che è, certamente, uno dei deputati più assidui e più presenti a Montecitorio, chiediamo di fornirci una spiegazione dello stato di "depressione" che sembra affliggere una parte sempre più rilevante dei parlamentari: una "depressione" che porta molti all'assenteismo, alla non partecipazione. "La lottizzazione, che come è noto si chiama oggi pluralismo - replica il leader radicale - dovrebbe regnare sovrana. Così c'è la tendenza a conferire tutto quello che si salva dalla manomissione degli inamovibili vertici dei partiti alla gestione dei vertici dei gruppi parlamentari. Ogni dibattito generale di qualche momento vede i gruppi dei sei partiti di governo e maggioranza (nei diversi ruoli loro assegnati) farsi gloria del fatto che in aula parlamentare, per tutti, uno o due parlamentari a ciò delegati, quasi sempre gli stessi. Il fatto che i deputati radicali parlino in genere tutti viene tollerato come espressione di sottosviluppo esibizionistico".
Di questa situazione, a giudizio di Pannella, sono responsabili soprattutto i due grandi partiti: la Dc e il Pci. E quest'ultimo in particolare. "L'arroganza del potere - dice - nella Dc è spesso sostanziale, ma formalmente quasi timida o contraddittoria, e qualche volta troppo grossolana o come dettata dalla paura; nel Pci è spesso più scarna, più essenziale, più sbrigativa e intollerante, perché minore ancora è l'influenza (o l'oppressione della personalità) della massa dei suoi deputati, in maggioranza più democratica e meno centralista-burocratica dei" responsabili".
"Per Pannella un esempio tipico di cattivo funzionamento del Parlamento e di "arroganza del potere" è costituito dalla commissione di vigilanza sulla Rai Tv. "Questa commissione - afferma - ha l'obiettiva funzione di impedire la democratizzazione dell'informazione radio-televisiva pubblica (e privata di conseguenza). E' il cane da guardia contro il rischio che le forze di opposizione e le correnti minoritarie (con sussulti di indocilità) della maggioranza vengano conosciute e giudicate dall'opinione pubblica per quel che sono, fanno, pensano, propongono. Con questa commissione si ottiene, inoltre, di espropriare il Parlamento e i singoli parlamentari dei loro diritti-doveri".
Quali sono le origini remote di questa crisi del Parlamento? La requisitoria di Pannella contiene, a questo proposito, una diagnosi precisa. "Paghiamo il fatto - dice - che per trent'anni non v'è mai stata in Italia una vera opposizione parlamentare che presuppone, sempre, per esistere davvero, l'esistenza di volontà di alternativa e di alternanza. Le lotte parlamentari, nei Paesi di democrazia politica, costituiscono lo strumento privilegiato e centrale per la formazione della maggioranza, per l'alternarsi o il confermarsi delle maggioranze e minoranze. Per trent'anni, invece, Dc e Pci hanno imposto al Paese e al Parlamento un" modus vivendi "concordatario, fondato sul dogmatico e più piatto rispetto dei patti di Yalta; alla Dc il monopolio del potere governativo; al Pci il monopolio del potere di opposizione. In Parlamento, dietro la facciata di qualche scontro d'aula o un paio di drammatiche battaglie, si legiferava in comune, unanimi, spesso Msi compreso. Non si sono difese e non si difendono le regole
del gioco costituzionale (rispetto che coincide con lo Stato di diritto) ma i territori riservati degli uni e degli altri, le riserve di caccia. Un Parlamento non può che degenerare a Camere delle corporazioni quando in un Paese si viva una situazione storica di" monopartitismo imperfetto, "di compromesso quotidiano fra le sue forze maggiori e di comune guerra contro chiunque si affacci con pretese e speranze di alternativa democratica e costituzionalista.
Diritto alla bugia
Così il Parlamento è abituato a sfornare miriadi di leggine corporative, creatrici delle giungle retributive. Ed ha avuto nell'opposizione comunista una forza parlamentare che non ha mai usato e esaltato gli strumenti fondamentali dell'attività di controllo dell'esecutivo, così come ha accettato di lasciare nel nostro ordinamento caterve di leggi anticostituzionali. E' assolutamente normale per le forze della sinistra italiana, dopo trent'anni di opposizione o di confronti, che il governo menta al Parlamento, disattenda i suoi impegni senza rischiare nulla, spesso nemmeno richiami e polemiche. Sembrerebbe che il diritto alla menzogna sia esplicitamente ammesso: non vi sono nemmeno sospetti che costituiscano oltraggio al Parlamento e alla Costituzione".