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Pannella Marco - 17 gennaio 1978
Pannella ci scrive sui reati di stampa
di Marco Pannella

SOMMARIO: Polemica circa un articolo di Luigi Preti apparso sul giornale, circa il quale Pannella aveva espresso considerazioni sul reato di diffamazione a mezzo stampa.

(IL RESTO DEL CARLINO, 17 gennaio 1978)

Sostenere - ci scrive l'on. Marco Pannella - o lasciar sostenere in proprio nome o per proprio conto, la responsabilità penale di chi si limiti a »passare un articolo in tipografia ritenuto diffamatorio, sarebbe posizione aberrante, fascista. Che lo sostenga, o lo lasci sostenere, chi lotta da vent'anni, come giornalista professionista, cittadino e militante democratico, contro le norme fasciste e democristiane che limitano la libertà di stampa oltre che del giornalista, sarebbe nei fatti smentire questa posizione e passare tout court nel campo avverso.

E' quanto mi si attribuisce dal vostro giornale, con una cronaca tanto tendenziosa quanto pregevole e puntuale, per il resto.

Sicché il falso risulta ancora più attendibile e più grave l'obiettivo (spero involontario) attacco che mi si porta.

La rettifica quindi è d'obbligo e necessariamente si precisa.

Noi non sosteniamo affatto quel che ci viene attribuito; ci muoviamo esattamente nel quadro giuridico più ovvio e tradizionale. Non si sostiene, cioè, che »ipso facto »esiste una corresponsabilità del collaboratore che ha ``passato'' il pezzo nel reato di diffamazione. Con la differenza che mentre la responsabilità è appunto ``colposa'', quella del collaboratore diverrebbe ``dolosa'' in concorso con l'autore dell'articolo . Si sostiene invece che se il direttore, o chi per lui, invece di trovarsi a non esercitare quel controllo cui la legge vuole meccanicamente inchiodarlo, lo esercita e, esercitandolo, approva, condivide quanto scritto dal collaboratore e lo fa stampare, è evidente che ci si trova dinanzi non già ad una mera »omissione di controllo, ma ad una precisa azione di "concorso" nell'ipotesi di reato. In tal caso "lo scritto" diviene una "stampa" solamente in virtù (se così possiamo dire) della specifica e consapevole "azione" e "volontà" del direttore o chi per lui. Senza questa azione e corresp

onsabilità quello scritto resterebbe un fatto privato e inespresso, e non prenderebbe corpo nemmeno per il collaboratore il reato di »diffamazione a mezzo stampa .

Di conseguenza, avendo ufficialmente appreso dal direttore Modesti che il giorno in cui apparve il così rappresentativo articolo del ministro Preti egli non era in sede, che quando ne prese visione ne fu, egli per primo scandalizzato e indignato, e che un giovane giornalista si era fatto carico di sottoporlo a rinnovato vaglio da parte del redattore-capo, la via dell'accertamento della verità e delle responsabilità non poteva non passare (per quanto riguarda la giustizia che ne ha carico) attraverso nuovi atti istruttori volti a verificare l'accaduto.

Ogni libertà è per noi sacra, caro Direttore. Quella di stampa e quella, di tutti i cittadini, di non esser linciati da quel tremendo e magnifico mezzo della civiltà moderna che sono i mass media, a cominciare dalla stampa.

Come lei può ben vedere, la nostra posizione è stata esattamente opposta a quella che ci viene attribuita.

 
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