di Mario SavelliSOMMARIO: Gli atti del convegno sullo statuto e sull'esperienza del Parito radicale che si è svolto a Roma all'Hotel Parco dei Principi nei giorni 5, 6 e 7 aprile 1978.
("L'ANTAGONISTA RADICALE" - La teoria e la prassi del partito nuovo, socialista e libertario; e lo statuto e l'esperienza del PR nella società e nelle istituzioni - Convegno del consiglio federativo del Partito Radicale - Roma, aprile 1978)
Mario Savelli
LA POLITICA DEL QUOTIDIANO *
Ogni azione politica si propone di rivolgersi alla vita della gente cui fa riferimento, di cui pretende di mediare aspettative, interessi e via dicendo. Ma mi sembra che se c'è una particolarità nel Partito Radicale sia di rivolgersi non genericamente alla vita delle persone cui si rivolge, ma alla vita "quotidiana" di esse. Ciascuno di noi, rispetto al passato e al futuro, rispetto a ieri e a domani, può essere diverso; può leggere il passato in maniera diversa, avere o non avere supposizioni per il futuro; quello che ci unisce, quello rispetto al quale ci si ritrova nel Partito Radicale, magari per un solo anno, per una sola iniziativa, è relativo all'oggi, a quello che c'è da fare oggi.
Questa posizione, secondo la formulazione originaria della concezione del Partito Radicale così come s'è venuto sviluppando una dozzina di anni fa, è la sola che possa garantire tutte quelle cose che sono state ampiamente messe in evidenza nelle relazioni, nelle comunicazioni che si sono avute ieri; vale a dire che l'attenzione al momento quotidiano, quindi reale, pratico, non mitico o supposto, della vita, è la sola che possa garantire che la militanza e la non-delega siano effettive; perché è la sola che fa dei militanti delle persone perennemente presenti, perennemente attive, con obiettivi di fronte ai quali costantemente riconoscersi; che impedisce la politica come professionalità; che appunto consente che rispetto ad azioni precise non si stabiliscano due piani diversi di militanza; con un'apertura totale, senza preclusioni ideologiche. Rispetto all'ideologia possiamo essere completamente diversi, ma rispetto alla azione pratica ci si riconosce, perché appunto è soltanto l'azione pratica il motivo per
ritrovarsi nel Partito Radicale.
Gli obiettivi di questa azione quindi, ovviamente, sono precisi e formulati secondo le forze di chi li formula, non obiettivi irrealizzabili, ma raggiungibili (abbiamo sempre detto che l'utopia è il non realizzato, non il non-realizzabile), in una azione che si compone di un tempo che è un tempo reale, un tempo fatto di momento dopo momento, non del tempo globale. Ciascuno di noi ha dei momenti successivi di tempo. Solo una certa teologia cristiana attribuisce essere una delle caratteristiche della divinità l'avere in sé tutto il tempo.
Bisogna anche riconoscere che esiste un pericolo continuo di dimenticare tutto questo. Il pericolo esiste e spesso lo si è corso, talvolta ci si è spostati su posizioni diametralmente opposte, di muoversi su tutt'altro piano, di tendere a vedere la globalità dei problemi, di imbarcare l'intero partito per battaglie che tutt'al più possono essere battaglie di comitati di esperti, di gente che può essere di aiuto in certi momenti all'azione del partito ma che non può essere certo l'azione di tutto il partito. Questo non per una colpa propria del Partito Radicale, ma perché tutto, intorno a noi, ci porta continuamente a vivere non il quotidiano ma un qualcosa che non si sa poi bene esattamente cosa sia. In fondo siamo un paese che è culturalmente cattolico.
Il cristianesimo dei primi tempi era un po' il cristianesimo del quotidiano; poi vennero fuori tutta una serie di cose diverse, l'"amare coelestia", che portava a non riferirsi più al quotidiano ma a un qualcosa che in fondo poteva esserci e poteva non esserci ma che sicuramente ai primi cristiani non gliene fregava assolutamente niente se ci fosse: il regno cui facevano riferimento imprimi cristiani era una cosa totalmente diversa da quella cui faceva riferimento San Paolo.
Il tipo di spinta che ci viene dall'essere un partito culturalmente cattolico, è di seguire questa logica paolina e di chi vuol essere più paolino di Paolo; l'"amare coelestia"; siccome le cose di tutti i giorni non sono celesti, si può peccare tutti i giorni, perché tanto poi la cosa importante è la vita futura, che chissà se ci sarà, comunque è la cosa veramente importante. Anche l'organizzazione sociale nella quale siamo inseriti ci spinge sempre a non vedere l'oggi; se noi consideriamo anche l'organizzazione di lavoro nella quale siamo inseriti, viviamo il ruolo nel lavoro secondo un succedersi di speranze: nel corso della settimana accettiamo tante costrizioni perché in fondo c'è il fine settimana che è una sorta di liberazione rispetto alle frustrazioni intervenute nella settimana; nel corso dell'attività lavorativa si sopporta di tutto perché poi ci sarà la catarsi finale, con la liquidazione e la pensione, e potremo fare tutto quello che non siamo riusciti a fare nel corso della nostra vita: il tempo
libero sarà un "poi" di quelli che riusciranno a godersi una pensione; così ecco, detto banalmente, tutta l'organizzazione sociale nella quale siamo inseriti è portata a questo tipo di spinte.
Ci sono poi i ruoli; ci si batte sempre contro i ruoli, legati all'età, al sesso alla professione, ma ce li ritroviamo sempre costantemente appiccicati addosso. E la professione: tutti noi siamo portati a identificare, all'interno dell'azione politica, l'importanza dei compagni in rapporto alla loro professione, per cui riguardo, non so, al problema dei referendum, piuttosto che il parere di chi come me, per esempio, non si intende assolutamente di ``giurisdizione'' né di ``costituzionalità'' o di cose del genere è sempre molto più valido il parere di chi è cristituzionalista, docente di materie giuridiche eccetera; tutta questa serie di pericoli, banalmente enunciati, che forse richiederebbero maggior tempo per essere approfonditi, rafforza l'altro pericolo, continuo, di dimenticare l'azione politica alla quale fare riferimento, che è il solo denominatore comune rispetto al quale ci si ritrova all'interno del Partito Radicale, si ha motivo di ritrovarsi all'interno del Partito Radicale: l'azione politica sp
ecifica riferita al quotidiano.
Rispetto a questa serie di pericoli c'è, ulteriormente, il problema che continuamente ci ritroviamo dinanzi, quello della informazione: una informazione che dà l'idea che ci debba anche scivolare addosso. Si parla di libertà rispetto all'informazione ma io non la vedo, anzi credo che quello dell'informazione sia uno dei principali e fondamentali diritti civili, rispetto al quale battersi. Se consideriamo gli strumenti attraverso i quali nella vita quotidiana l'informazione entra nelle case di ciascuno di noi, la radio, la televisione, i giornali, ecc., sono tutti costruiti apposta perché l'informazione ci scivoli sopra, ci faccia sentire a seconda dei casi delle persone o dei vermi: perché non abbiamo fatto niente rispetto a certi problemi pur gravi; l'obbligo morale di enunciare qualcosa rispetto a questi gravi problemi ce lo ritroviamo continuamente, ad esempio, nei congressi l'informazione ci parla dell'Africa australe, uno scandalo per il nostro tipo di società capitalistico-borghese, e quindi spesso e v
olentieri ecco che a qualcuno viene l'idea al congresso di una mozione in cui si parli anche dell'Africa australe (tanto per citare un esempio). Ma in realtà, il tipo di informazione che ci viene data a tutto serve meno che a quello rispetto al quale parlare di Africa australe a un congresso radicale sarebbe importante: il "che fare" oggi, qui, nella mia vita, adesso, rispetto al l'Africa australe.
Perché nessun tipo di informazione, o almeno di quella che entra quotidianamente nelle case, ci elenca come in realtà anche il nostro paese, ad es., collabori allo sfruttamento della Namibia; basterebbero i flash di alcune agenzie, di due agenzie abbastanza specializzate, come l'Aipe e l'OP, legate ai servizi segreti, le quali puntualmente riportano i dati relativi al commercio di armi del nostro Paese. Questi brevi flash, messi assieme, ci possono poi dire con quali armi i sudafricani combattono lo Swabo, con quali armi il regime di Ian Smith combatta i guerriglieri rodesiani e darci nome e cognome di quelli che sono i complici qui da noi, i vari Fiat, Oto Melara; cioè lo Stato imprenditore come ci veniva ricordato ieri.
Però l'informazione, appunto, è fatta in modo tale che deve scivolarci sopra; non deve rimanere, perché, se rimane, alla fine viene la necessità di fare qualcosa, di dire a questi signori che sono complici, che non ci sta bene, ad esempio, il commercio che c'è tra noi e questi paesi.
Tanto per citare, concludendo, un altro esempio: qualche mese fa, una delle notizie, una delle informazioni che ci dovevano scivolare sopra era quella relativa alla pericolosità dei coloranti, particolarmente del rosso amaranto: il rosso amaranto da una parte veniva considerato pericoloso, dall'altra veniva considerato innocuo; sicché nel dubbio noi si continuasse ad ingerire questo rosso amaranto con tranquillità. E' intervenuto un fatto nuovo, diverso rispetto a questo modo di fare l'informazione ed è che dei cittadini, autonomamente, hanno cominciato a far circolare un fogliettino in cui c'era un elenco degli additivi, coloranti e additivi chimici, con delle crocette che ne indicavano la pericolosità. Non so altrove, ma qui a Roma, di questo fogliettino ne sono circolare centinaia di migliaia di copie con una mobilitazione nel riprodurlo che veramente era al di là della ideologia di chi lo riproduceva; si sono utilizzate le fotocopie, i ciclostili di ogni ente e ufficio, della FAO, della Camera dei deputa
ti ed era distribuito dall'edicolante, dal fruttivendolo; la gente ha cominciato, per esempio, a non prendere più l'aperitivo rosso e questo penso che molto più di ogni informazione destinata a scivolare sia servito a far cambiare idea ai produttori e a togliere il rosso dagli aperitivi: oggi gli aperitivi, i medicinali non ce li abbiamo più con il rosso amaranto; perfino le compresse da sciogliere per il mal di gola adesso non sono più rosse, ma sono diventate bianche.
Dicevo, rispetto a questo tipo di problemi mi sembra che sia fondamentale aver sempre presente che l'azione alla quale occorre fare riferimento è un'azione che tenga conto della quotidianità, perché è la sola azione che può fare di un partito come il Partito Radicale un partito di non-professionisti, un partito di militanti, un partito di militanti che si muovono nella loro vita di tutti i giorni per quella determinata azione politica rispetto alla quale si è deciso di muoverci tutti quanti insieme.